PROCEDURA D.LGS. 150/2011 E S.M.I. PANORAMICA DOPO LA RIFORMA CARTABIA E LEGGE SULL'EQUO COMPENSO

di Manuela Zanussi

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BREVE PANORAMICA DEL PROCEDIMENTO DI CUI ALL’ART. 14 D.LGS. N. 150/2011 E S.M.I. A SEGUITO DELLE MODIFICHE INTRODOTTE DALLA RIFORMA CARTABIA E DELLA LEGGE SULL’EQUO COMPENSO

Come noto, in attuazione della delega contenuta nell’art. 54 della L. n. 69/2009, il Governo, con D. Lgs. 1° settembre 2011 n. 150, ha ricondotto gli originali trentatré riti speciali disciplinati dal codice civile a soli tre riti civili: il rito ordinario di cognizione, il rito del lavoro e il procedimento sommario di cognizione (ora rito semplificato di cognizione a seguito della sostituzione operata dalla Riforma Cartabia).

Ed è proprio tra le controversie disciplinate con rito semplificato che figurano anche quelle aventi a oggetto la liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, come da espressa previsione dell’art. 14 del citato D. Lgs. e s.m.i.

Nello specifico, il testo dell’art. 14 originariamente prevedeva, infatti, che “1. Le controversie previste dall'articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l'opposizione proposta a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

  1. È competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale.
  2. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.
  3. L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile”.

La Riforma Cartabia, nell’introdurre il procedimento semplificato di cognizione (Libro II, capo III-quater, artt. 281-decies-281-terdecies c.p.c.), sostituendolo al rito sommario, ha -per l’effetto- modificato anche l’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 e s.m.i. stabilendo: al comma 1, la rettifica del termine “sommario” con l’espressione “semplificato”; al comma 2, il mutamento della competenza del tribunale da collegiale a monocratica; al comma 4, in linea con l’art. 281-terdecies, co. 2, c.p.c., la sentenza quale forma del provvedimento conclusivo del procedimento.

Come chiarito anche da Cass. SS.UU. n. 4485/2018, oggetto del procedimento di cui all’art. 14 D.Lgs. n. 150/2011 e s.m.i., dunque, sono tutte le questioni concernenti il diritto al compenso, le quali andranno pertanto proposte avanti all’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera (essendo anche possibile, nel caso di più gradi, un’azione unitaria avanti all’ufficio di merito che ha definito il processo), tuttavia, con la precisazione che la relativa azione potrà essere proposta unicamente con il rito di cui all’art. 14.

Evidente, infatti, come il Legislatore, in tale materia, abbia voluto espressamente prevedere un rito “speciale” disciplinato dal combinato disposto dell’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 e s.m.i. e degli artt. 702-bis e ss. c.p.c. (pre-Cartabia) e 281-decies e ss. c.p.c. (post Cartabia), restando, pertanto, esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinaria, sia con quello del procedimento sommario codicistico ex artt. 702-bis e ss. c.p.c. (come chiarito di recente da  Cass. 23259/2019), sia, conseguentemente, con il nuovo rito semplificato di cui al neo-introdotto Capo III-quater c.p.c.

Del resto, che il procedimento di cui all’art. 14 debba essere considerato lex specialis anche rispetto al rito semplificato emerge con evidenza dal contrasto rilevabile ictu oculi dal confronto dell’art. 281-terdecies c.p.c. con il comma 4 dell’art. 14: mentre il primo stabilisce che “[...] la sentenza è impugnabile nei modi ordinari […]”, il secondo espressamente esclude l’appellabilità del provvedimento conclusivo del giudizio, a tal proposito residuando unicamente il ricorso per Cassazione.

In conclusione, giova rappresentare che, recentemente, l’art. 14 d.lgs. n. 150/2011 e s.m.i. ha trovato un nuovo ambito di applicazione nella L. 21 aprile 2023, n. 49 (c.d. “legge sull’equo compenso”), il cui art. 7 ha introdotto la possibilità di esigere i compensi avvalendosi del parere di congruità emesso dall’Ordine o dal Collegio professionale di appartenenza sui compensi o sugli onorari richiesti, al quale viene riconosciuto valore di titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, purché rilasciato nel rispetto delle norme sul procedimento amministrativo e a condizione che il debitore non presenti opposizione all'Autorità Giudiziaria: è proprio a tale ultimo proposito che l’art. 7, co. 2, L. n. 49/2023 stabilisce che l’eventuale giudizio di opposizione “[…] si svolge davanti al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere di cui al comma 1 del presente articolo e, in quanto compatibile, nelle forme di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 […]”.

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