NON SI RISPONDE DEL REATO DI DICHIARAZIONE OMESSA SE L’ENTITA’ DELL’IMPOSTA EVASA RIMANE INCERTA

di Domenico Zaffina

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La Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza n. 242/2021 del 23 aprile 2021, divenuta definitiva, porta un ulteriore interessante contributo alla vexata quaestio del superamento delle soglie di punibilità, in relazione al reato di cui all’art. 5 del D.lgs. 74/2000 (omessa dichiarazione).

Un contribuente ricorreva in appello avverso la sentenza di condanna del Tribunale di Campobasso, lamentando l’erronea applicazione della disposizione su menzionata, per non avere il Giudice di primo grado proceduto alla ricostruzione dell’imposta “effettivamente dovuta”, mediante la decurtazione dei costi di produzione sostenuti, ancorché non registrati in contabilità, e per non avere adeguatamente scrutinato l’elemento soggettivo del dolo specifico.

Per la difesa dell’appellante, al fine di rispettare la nozione di imposta evasa definita dall’art. 1, lett. f), del D.lgs. 74/2000, al Tribunale spettava di determinare il tributo dovuto tenendo conto del risultato economico conseguito, in una prevalenza del dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che connotano l’ordinamento tributario.

Secondo stratificati indirizzi di legittimità, infatti, il giudice penale ha l’esclusivo compito di procedere all’accertamento ed alla determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi ed anche ad entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Cass. n. 20678/2012; Cass. n. 24811/2011; Cass. n. 21213/2008; Cass. n. 4516/2016; Cass. n. 15899/2016; Cass. n. 53907/2016; Cass. n. 19191/2019).

Facendo buon governo di detti principi, la Corte di Appello di Campobasso, accogliendo il gravame dell’imputato, ha ritenuto di assolverlo “quantomeno ai sensi del capoverso dell’art. 530 c.p.p.”, per difetto dell’elemento soggettivo, in quanto l’appellante ha dimostrato non soltanto che rimaneva incerto il superamento della soglia – elemento costitutivo del reato, secondo giurisprudenza ormai pacifica (Cass. pen. sez. III, 20 settembre 2018, n. 2342; Cass. pen. sez. III, 23 novembre 2017, n. 7000) – ma anche che l’irregolare tenuta delle scritture contabili, ed in particolare la mancata registrazione di fatture passive, erano dipese dalle gravi, documentate condizioni di profonda depressione e di incoscienza delle proprie inadempienze, in cui versava l’imputato.

Nelle motivazioni della sentenza della Corte di Appello, tale conclamato stato psicologico del prevenuto e la circostanza che l’imposta evasa sia rimasta “ignota e comunque incerta”, sono risultati dirimenti ai fini della non ricorrenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico del delitto di che trattasi, dal momento che “esso poteva e doveva essere desunto soprattutto dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente”

In questi termini, la pronuncia della Corte di Appello di Campobasso si pone nel solco delle correnti interpretative che ritengono che la prova del dolo specifico di evasione (come tale identificato già nella sentenza Sez. Un. pen. Cassazione, n. 35, del 13 dicembre 2000), nel delitto di omessa dichiarazione, possa essere “desunta dall’entità del superamento della soglia…unitamente alla piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta” (Cass. n. 18936 del 2016) e che debbano ricorrere elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato abbia consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasioneper quantità superiori alla soglia di rilevanza penale” (Cass. n. 37856 del 2015; Cass. sez. III, n. 31343, del 17.7.2019).

Ma anche nella prospettiva, caldeggiata da parte della dottrina (L. Salvini e F. Cagnola, in Manuale di diritto penale tributario, ed. Giappichelli, Torino, 2021, pag. 668), e da talune pronunce di legittimità (Cass. pen. sez. III, n. 7000/2017), che il dolo richiesto si integri con la rappresentazione e volizione, anche a titolo di dolo eventuale, da parte dell’agente, del superamento della soglia costituita dall’ammontare dell’imposta evasa, occorre l’intenzione di evadere per importi significativi (espressione dei principi di proporzionalità e sussidiarietà del diritto penale), con accettazione del rischio di superamento della soglia di punibilità. 

Nella fattispecie esaminata, la Corte di Appello, alla luce dell’insieme delle argomentazioni difensive, ha concluso che le omissioni contestate vadano ascritte, “semmai, a titolo di semplice colpa”, così pervenendo all’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.

Avv. Domenico Zaffina, Foro di Lamezia Terme


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