MANDATO PROFESSIONALE, RECESSO DELL’AVVOCATO E DIRITTO AL COMPENSO

di Leonardo Carbone

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Nell’ambito di un mandato professionale, sia il professionista che il cliente possono recedere dal contratto, allorchè viene meno il rapporto di fiducia che costituisce la base del rapporto professionale.

La fattispecie del recesso del cliente e del professionista trova la sua disciplina nell’art. 2237 cod. civ.

In caso di recesso  dell’avvocato (o del cliente) spetta il compenso professionale?

Spetta il compenso  anche in caso di recesso dell’avvocato in assenza di una giusta causa? Ed in caso di risposta positiva come si determina il compenso?

La problematica  è conseguente alla formulazione del comma 2 dell’art.2237 cod. civ., che così  recita  “Il prestatore d’opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tale caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l’opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente”

Al riguardo si evidenzia come il recesso del cliente e dell’avvocato non incide sulla determinazione del compenso, se non nel senso che esso è dovuto non per tutta l’opera  commessa ma solo per l’opera svolta; il recesso operato ai sensi dell’art.2237 cod.civ. , quindi, non fa perdere al prestatore d’opera recedente il diritto al compenso per le prestazioni eseguite (Cass. 21 ottobre 1998 n. 10444).

In caso di recesso dell’avvocato  in assenza di una giusta causa spetta comunque il compenso nonostante l’ambigua formulazione del riportato 2 comma del’art.2237 cod.civ..

E ciò in quanto l’art.85 cpc e l’art.7 della l. n.794/1942 sono espressione di una disciplina derogatoria, per i professionisti intellettuali che svolgono la professione di avvocato, rispetto a quella generale dell’art.2237 cod.civ., per effetto della quale è permesso all’avvocato di recedere dal mandato professionale anche in assenza di una giusta causa, riconoscendo al difensore il diritto agli onorari relativi all’attività svolta fino al momento del recesso (in termini, Cass.25 luglio 2022 n.23077). L’esercizio del diritto di recesso da parte dell’avvocato in assenza di giusta causa non incide, quindi, sull’effetto risolutorio del vincolo sinallagmatico, né sul compenso.

L’avvocato che receda dal contratto anche  in assenza di giusta causa ha quindi diritto al compenso per le prestazioni già eseguite  In tale caso, però, l’avvocato deve esercitare il suo diritto al recesso in modo tale da non arrecare pregiudizio al cliente.

In caso di recesso dell’avvocato (o del cliente) spetta il diritto agli onorari per l’attività svolta fino al momento del recesso. 

Si va sempre più consolidando l’indirizzo giurisprudenziale nel senso che è permesso all’avvocato di recedere dal mandato professionale anche in assenza di una giusta causa, riconoscendo  al difensore il diritto agli onorari relativi all’attività svolta fino al momento del  recesso.(Cass. 9 dicembre 2022 n.36071; Cass. 29 dicembre 2020 n. 29745). In particolare quest’ultima sentenza  specifica che “nel caso in cui vi sia stata tra il  cliente e l’avvocato una valida ed efficace determinazione convenzionale del compenso, la stessa, salvo che le parti contraenti abbiano manifestato una volontà contraria, rimane pur sempre applicabile anche nel caso di recesso del cliente, sicchè il compenso pattuito per l’intera opera dovrà essere proporzionalmente ridotto in relazione all’opera prestata” (Cass. 6465 del 2022 e 29745/2020).


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