L'udienza preliminare, quale riforma, quale funzione, quale struttura

di Antonio Mazzone

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L’inizio della nuova legislatura può essere l’occasione per riprendere a riflettere su quali debbano essere, al fine di razionalizzare il processo penale, la funzione e la struttura dell’udienza preliminare. Allo stato tale udienza non appare rispondere in modo soddisfacente all’esigenza di selezionare i processi che meritino davvero di essere sottoposti alla successiva verifica del dibattimento. Non appare essa neanche capace di svolgere alcun ruolo al fine di soddisfare l’esigenza di tendenziale composizione dei suoi esiti (rinvio a giudizio o proscioglimento) con quelli degli (eventuali) procedimenti incidentali attinenti alla situazione di libertà personale dell’imputato o di quella dei suoi beni.

La regola di giudizio dell’udienza preliminare è, oggi, quella che deve essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere “quando risulta che il fatto non sussista o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato” e “quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. La regola di valutazione per l’adozione di una misura cautelare personale è quella della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza. Regole di giudizio, quindi, diverse. Non è prevista, poi, nel sistema processuale penale vigente, alcuna incidenza nel processo degli esiti in ipotesi favorevoli per l’imputato dei procedimenti incidentali riguardanti la sua libertà personale o quella dei suoi beni. Con evidente lesione del principio di non contraddizione. Il legislatore, nel 2006, aveva operato un tentativo di comporre tale frattura attraverso l’introduzione di una norma che prevedeva che il P.M. dovesse formulare richiesta di archiviazione nell’ipotesi in cui la Cassazione si fosse pronunciata sulla libertà personale dell’indagato ritenendo l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e non fossero stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini. Ma tale norma, non condivisibile sul piano sistematico e su quello costituzionale e dai contorni indefiniti, è stata dichiarata illegittima costituzionalmente nel 2009. La soluzione va cercata su un piano diverso. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di modificare la regola di giudizio dell’udienza preliminare, al fine di renderla omogenea a quella prevista per l’emissione di una misura cautelare personale: e, cioè, prevedere che l’udienza preliminare possa concludersi con il rinvio a giudizio soltanto qualora vi siano a carico dell’imputato gravi indizi di colpevolezza. Qualora si acceda ad una tale soluzione, si potrebbe prevedere che il provvedimento di rigetto di una richiesta di misura cautelare personale o di annullamento della stessa in sede di impugnazione (riguardante l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza) o di rigetto o di annullamento di una misura cautelare reale, anche se non definitivo (purché non modificato da un successivo provvedimento emesso in sede di impugnazione cautelare), debba essere acquisito dal Giudice dell’udienza preliminare ai fini della prova di fatto in esso accertato e valutato insieme con gli altri elementi in atti. La pronuncia cautelare di rigetto non provocherebbe, così, alcun effetto preclusivo, né alcuna restrizione dell’autonomia decisionale del Gup. La definizione della regola della “sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza” non presenterebbe, poi, alcun problema, perché puntualmente già effettuata dalla giurisprudenza, anche per quanto attiene alla distinzione tra tale regola e quella dell’”oltre ogni ragionevole dubbio”, riguardante l’emissione di una sentenza di condanna. In tal modo il processo propriamente detto e i procedimenti incidentali riguardanti lo stato di libertà di una persona o dei suoi beni diverrebbero vasi comunicanti; con evidenti vantaggi in termini di economia processuale e di tutela del principio di non contraddizione.

Avv. Antonio Mazzone - Foro di Locri

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