LOTTA CONTRO LE FRODI E LE FALSIFICAZIONI DI MEZZI DI PAGAMENTO DIVERSI DAI CONTANTI

di Caterina Furfari

Stampa la pagina
foto

Con il D. Lgs. n. 184/2021, il Legislatore italiano ha recepito nell’ordinamento nazionale la Direttiva europea n. 2019/713, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti.

La Direttiva nasce dall’esigenza di contrastare taluni fenomeni criminosi realizzati con l’ausilio di metodi di pagamento elettronico e con il ricorso alla c. d. valuta digitale

L’intervento normativo si è reso opportuno

a seguito dell’aumento dei casi di frode e falsificazioni, a cui spesso ricorre la criminalità organizzata per ricavare fonti di entrate rilevanti da reimpiegare in altre attività criminali come il terrorismo, il traffico di droga e la tratta di esseri umani”.

La normativa di recepimento ha introdotto nel Codice Penale la nuova fattispecie di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 493-ter c.p.) e quella di detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti (art. 493-quater c.p.).

Oltre al Codice Penale, le modifiche hanno interessato anche il D. Lgs. 231/2001 in materia di responsabilità amministrativa dell’ente, con l’introduzione dell’art. 25-octies.1.

Al primo comma, il Legislatore ha esteso l’elenco dei reati presupposto agli artt. 493-bis, 493-quater e 640-ter, nell’ipotesi di frode informatica aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale.

È, invero, il secondo comma quello che ha dato adito ai maggiori dubbi interpretativi.

Esso sancisce la responsabilità amministrativa dell’ente

in relazione alla commissione di ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal Codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti”, sempre salvo che il fatto non integri altro illecito amministrativo sanzionato più gravemente.

Tale disposizione sembra costituire un vulnus rispetto al principio di tassatività, cui deve essere informata tutte la materia della responsabilità amministrativa dell’ente.

Infatti, il tenore letterale della disposizione non permette l’esatta identificazione dei reati presupposto, rinviando genericamente a quelli appartenenti alla categoria dei delitti contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offendono il patrimonio.

Com’è noto, “il sistema normativo introdotto dal D. Lgs. n. 231 del 2001, coniugando i tratti dell'ordinamento penale e di quello amministrativo, configura un "tertium genus" di responsabilità” (Cass. Pen. n. 38343/2014)

La natura anche penale della responsabilità amministrativa dell’ente impone la rigida osservanza dei principi di determinatezza e tassatività, non dissimile a quello applicabile in forza del codice penale.

Se così non fosse, la redazione del modello organizzativo di cui all’art. 6 del D. Lgs. 231/2001, dovrebbe tener conto di un numero indeterminato di reati, facendo perdere ogni efficacia allo strumento, ostacolando le attività d’impresa con misure di prevenzione ingiustificatamente rigide e complesse, e rendendo eccessivamente gravosa l’esecuzione dell’incarico da parte dell’interprete (ad impossibilia nemo tenetur).

Tali considerazioni ci portano all’inevitabile conclusione che l’elenco dei reati-presupposto, cui rinvia l’art. 25-octies.1, c. 2, non può essere indeterminato né il frutto di una tanto complessa quanto aleatoria operazione esegetica ma deve essere necessariamente ancorato allo stretto dato normativo.

A ben vedere, ciò è possibile ricorrendo alle disposizioni contenute nella direttiva europea trasposta.

La direttiva europea n. 2019/713, diversamente dalla soluzione adottata dal Legislatore italiano, non contiene una norma di chiusura indeterminata ma richiama espressamente, agli articoli da 3 a 8, i reati per i quali deve essere prevista la responsabilità dell’ente.

Si richiamano di seguito i reati-presupposto indicati nella direttiva:

Art. 3 - a) l'utilizzazione fraudolenta di uno strumento di pagamento diverso dai contanti rubato o altrimenti illecitamente ottenuto ovvero oggetto di illecita appropriazione; b) l'utilizzazione fraudolenta di uno strumento di pagamento diverso dai contanti contraffatto o falsificato.

Art. 4 - a) il furto o altra illecita appropriazione di uno strumento di pagamento materiale diverso dai contanti; b) la contraffazione o falsificazione fraudolenta di uno strumento di pagamento materiale diverso dai contanti; c) il possesso di uno strumento di pagamento materiale diverso dai contanti rubato o altrimenti ottenuto mediante illecita appropriazione, o contraffatto o falsificato a fini di utilizzazione fraudolenta; d) l'atto di procurare per sé o per altri, compresi la ricezione, l'appropriazione, l'acquisto, il trasferimento, l'importazione, l'esportazione, la vendita, il trasporto e la distribuzione, di uno strumento di pagamento materiale diverso dai contanti rubato, contraffatto o falsificato, a fini di utilizzazione fraudolenta.

Art. 5 - a) l'ottenimento illecito di uno strumento di pagamento immateriale diverso dai contanti, almeno se tale ottenimento ha comportato la commissione di uno dei reati di cui agli articoli da 3 a 6 della direttiva 2013/40/UE, o appropriazione indebita di uno strumento di pagamento immateriale diverso dai contanti; b) la contraffazione o la falsificazione fraudolente di uno strumento di pagamento immateriale diverso dai contanti; c) la detenzione di uno strumento di pagamento immateriale diverso dai contanti ottenuto illecitamente, contraffatto o falsificato a fini di utilizzazione fraudolenta, almeno laddove l'origine illecita sia nota al momento della detenzione dello strumento; d) l'atto di procurare per sé o per altri, compresi la vendita, il trasferimento e la distribuzione, o la messa a disposizione, uno strumento di pagamento immateriale diverso dai contanti ottenuto illecitamente, contraffatto o falsificato a fini di utilizzazione fraudolenta.

L’interprete, chiamato a formulare un’ipotesi esegetica dell’art. 25-octies.1, c. 2 conforme ai principi costituzionali di tassatività e determinatezza, dovrà estrapolare dalla direttiva i reati-presupposto che integrano un delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio e che non ricadono già nella previsione contenuta al precedente comma 1 e, successivamente, dovrà individuare l’equivalente fattispecie prevista nel Codice penale italiano.

Peraltro, al fine di identificare la tipologia di misure di prevenzione da adottare nel caso di specie, appare utile applicare un’interpretazione sistematica dell’art. 25-octies.1, c. 2.

A ben vedere, l’art. 25-octies.1, c. 2 estende la portata dei reati-presupposto (contro la fede pubblica, contro il patrimonio, plurioffensivi), già contemplati agli artt. 24 s. s. del D. Lgs. n.231/2001, ai casi in cui detti reati abbiano ad oggetto strumenti di scambio di valore monetario consistenti in moneta elettronica e criptovalute, adeguando così le norme incriminatrici allo sviluppo tecnologico.

Non è un caso che la fattispecie in esame sia stata collocata funzionalmente dal Legislatore subito dopo l’art. 25-octies, relativo a delitti-presupposto, quali ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita nonché autoriciclaggio, inerenti alla sfera della prevenzione e controllo dei flussi patrimoniali e finanziari.

La norma in esame è, infatti, funzionale all’area della gestione, controllo e monitoraggio, dei flussi patrimoniali e finanziari e, proprio per questo, allo scopo della revisione del modello 231, dovranno essere definiti gli opportuni presidi preventivi (protocolli, procedure, istruzioni operative e azioni analoghe) che afferiscono alla gestione, diretta o indiretta, degli strumenti di pagamento (in entrata o in uscita) e dei movimenti monetari.


Altri in DIRITTO