Limiti all’applicabilità delle norme sulla riscossione contenute nell’ultima legge di stabilità

di Marcello Bella

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In particolare, il giudicante ha affermato che, anche la sopravvenuta vigenza degli artt. 528, 529 e 530 della legge di stabilità n. 228/2012 esula dal campo di applicazione normativa della fattispecie concreta in quanto trattasi di controversia avente ad oggetto rapporti obbligatori già esauriti, connessi alla mancata presentazione di tempestiva comunicazione di esigibilità da parte del concessionario per la riscossione prima della disciplina normativa di riferimento disponente la proroga dei termini ancora decorrenti così come stabiliti nell’art. 19 del D.lgs n. 112/1999.
Difatti, l’applicazione della speciale procedura di definizione per i crediti diversi da quelli di cui al comma 527, iscritti in ruoli esecutivi fino al 31.12.1999, mediante iniziativa dell’agente della riscossione consistente nell’assolvimento dell’obbligo di dare notizia all’ente creditore dell’elenco delle quote non riscosse ai fini del conseguente discarico ed eliminazione delle scritture patrimoniali dello stesso interessato, si deve riconnettere alla prevista inapplicabilità degli artt. 19 e 20 del decreto n. 112/1999, inscindibile dalle proroghe dei termini susseguitesi con decorrenza dal primo D.L. n. 203/2005, la cui delimitazione temporale di efficacia giuridica deve riferirsi esclusivamente ai termini in corso in pendenza di procedure di riscossione per le quali non era ancora decorso il termine triennale prescritto dall’art. 19 per la presentazione della comunicazione di inesigibilità all’ente creditore quale adempimento amministrativo essenziale ascritto alle società concessionarie per non incorrere nella decadenza contemplata dalla lettera c) del comma 2 dello stesso articolo 19.
Difatti, la proroga dei termini reiteratamente disposta con successivi provvedimenti legislativi in materia di disciplina di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità (ad oggi fino al 31 dicembre 2014), si deve inserire nell’avvio e completamento dell’articolato e complesso procedimento di riforma legislativa e regolamentare destinato a realizzare la integrazione e unificazione dei sistemi informativi e gestionali dei singoli agenti della riscossione promosso da Equitalia, comprendente anche la sanatoria degli illeciti amministrativi addebitabili al comportamento operativo delle concessionarie.


Tale procedimento di riforma, peraltro, determina un ampliamento temporale per le società subentrate nelle precedenti concessionarie o nei rami di azienda delle stesse società e collegate con Equitalia, per pervenire alla completa individuazione - in una massa enorme e indistinta di procedure avviate per la riscossione di crediti - delle partite per le quali, mediante una analitica verificazione e valutazione di fattibilità e utilità di promozione, procedere a nuove azioni esecutive, nella prospettiva di apportare anche un beneficio agli enti impositori nella ipotesi realizzabile di migliorare la entità monetaria del riscosso e diminuire l’ammontare della inesigibilità.
Secondo l’interpretazione del Tribunale di Roma, tale soluzione legislativa si deve reputare ragionevole e funzionale anche agli interessi economici e finanziari degli enti interessati nella posizione di creditori, ma in difetto assoluto di riscontri testuali concreti rinvenibili nel testo legislativo con riguardo alle posizioni amministrative concernenti il decorso già verificatosi del termine perentorio stabilito per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, corrispondenti alle risultanze documentali dei ruoli formati nelle annualità 1998 e 1999, trasmessi dalla Cassa alle concessionarie, si deve intendere ristretta nella sua efficacia ai rapporti in corso tra concessionarie ed enti impositori contraddistinti dalla pendenza dei termini triennali prescritti dall’art. 19, comma 2, lettera c) del sopra menzionato D.lgs n. 112/1999 per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità, altrimenti si sarebbe determinato, in assenza di un dato testuale imprescindibile, afferente alla riapertura dei termini già decorsi, un effetto pregiudizievole senza una apposita disposizione legislativa atta a introdurre una espressa riapertura dei termini scaduti a favore delle società concessionarie. Ciò, peraltro, anche in quanto, la giurisprudenza costituzionale esclude, in ossequio al principio del legittimo affidamento dei cittadini al principio generale della tutela costituzionale della ragionevolezza delle leggi e della sicurezza e nella certezza dei rapporti giuridici - costituente elemento fondamentale dello stato di diritto -, la ammissibilità di precetti legislativi atti a costituire, modificare o estinguere, con efficacia retroattiva, rapporti giuridici e diritti soggettivi maturati in base alla disciplina legislativa previdente (in tal senso, Corte Cost., sentenze nn. 810/71, 36/85, 349/85).

 Avv. Marcello Bella - Dirigente dell’Ufficio legale di Cassa Forense

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