Le udienze nel processo amministrativo ai tempi del Covid-19
28/04/2020
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Da tre mesi l’Italia è in stato di emergenza. Il Governo per limitare il contagio dal Covid-19 ha adottato una serie di provvedimenti anche sulla amministrazione della Giustizia, che hanno profondamente inciso sui diritti dei cittadini garantiti dalla Costituzione (tra i quali il diritto alla difesa e il diritto al giusto processo).
Con appositi decreti legge, limitatamente al periodo 9 marzo 2020 – 11 maggio 2020 ha tra l’altro introdotta la modalità telematica o “da remoto” delle udienze dall’11 maggio 2020 al 30 giugno 2020.
L’art. 3, comma 5, del D.L. 8 marzo 2020 n. 11 aveva inizialmente introdotto l’udienza telematica anche nel processo amministrativo concedendo ai Presidenti di Tribunali la facoltà, «in ragione motivata della situazione concreta di emergenza sanitaria e in deroga a quanto previsto dal codice del processo amministrativo», di consentire mediante collegamenti da remoto lo svolgimento delle udienze (sia pubbliche che camerali) non implicanti la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, con l’intento salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione dei difensori alla trattazione dell’udienza, in conformità al principio costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.) come richiamato dal codice del processo amministrativo (art. 2 c.p.a.).
Il nuovo art. 84, comma 11, del D.L. 17 marzo 2020 n. 18, cosiddetto «Cura Italia» ha abrogato l’intero art. 3 del D.L. n. 11/2020 e, inaspettatamente, non ha reintrodotto l’udienza telematica o da remoto riproposta, invece, per tutti gli altri processi (civile, penale e contabile); ne deriva che fino al 30 giugno 2020 non si terranno più udienze e le decisioni saranno prese sulla base degli atti e delle memorie depositate dalle parti.
Stigmatizzate le criticità in termini di legittimità costituzionale della disciplina con riferimento ai principi costituzionali del giusto processo (art. 111 Cost.) e della effettività della tutela dei diritti e degli interessi legittimi avanti al giudice amministrativo (artt. 24, 103 e 113 Cost.), non si può non rilevare la ingiustificata estromissione dell’avvocato da ogni forma di confronto verbale con i giudici in forza della incomprensibile differenza di disciplina che non prevede l’udienza telematica solo per il processo amministrativo.
Non sfugge a chi scrive che il processo amministrativo è per tradizione, un processo prevalentemente documentale, in quanto destinato alla verifica di legittimità dei provvedimenti delle PA; nel nuovo contesto processuale introdotto dal codice del 2010 il contributo degli avvocati di chiarimento alle difese scritte assume un valore imprescindibile.
La decisione non appare comprensibile e merita di essere rivalutata dal legislatore. Come plasticamente spiegato dal Prof. Stefano Tarullo, nel linguaggio processuale, l’«udienza» è l’attività relazionale tipica del magistrato e da questi svolta nell'esercizio delle sue funzioni, talora in forma solenne (si pensi all’uso della toga).
Tale attività si concreta nell'incontrare, in luogo e tempo predeterminati, le parti processuali. Non per nulla la dottrina classica definisce l’«udienza» come «il periodo di tempo durante il quale il giudice siede per rendere giustizia in una sala della sede dell’ufficio giudiziario a ciò destinata», prendendo contatto con le parti processuali e/o con i loro rappresentanti (V. Caianiello).
La radice etimologica dell’udienza è da ricercare nell’«audire», ossia nell’«ascoltare» le parti. Se ciò non accade, se cioè non è ammessa la discussione orale dei difensori avanti al giudice, non c’è alcuna udienza. Per dirla altrimenti, i giudici che si riuniscono senza incontrare i difensori non «tengono udienza», ma si confrontano al loro interno allo scopo di esaminare e discutere le cause onde deliberare i conseguenti provvedimenti .
La decisione risulta ancora più incomprensibile posto che il processo amministrativo, a differenza delle altre giurisdizioni, è l’unico nel panorama nazionale ad essere integralmente telematico dall’inizio alla fine .
Gli avvocati amministrativisti hanno rilevato l’incongruenza e l’irragionevolezza rispetto alla imposizione delle udienze telematiche a processi, come quelli penali, caratterizzati da element i incompatibili con dei collegamenti da remoto e le precludono, invece, a dei processi, come quello amministrativo, già integralmente telematici e le cui udienze, siano esse cautelari o di merito, non presentano tutte le problematicità dei primi, stante l’assenza di testimoni ed imputati.
L’Avvocatura tutta auspica pertanto un ripensamento del Governo, affinché diritti costituzionalmente garantiti – tra i quali anche il diritto di difesa - non siano ingiustamente e soprattutto inutilmente compressi.
Avv. Sabrina Tosti - Foro Ascoli Piceno