LE S.U. DELLA CASSAZIONE DEFINISCONO I LIMITI DEL CONSENSO DEL MINORE IN RELAZIONE ALLA SUA SFERA SESSUALE

di Caterina Furfari

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La condotta di produzione di materiale pornografico realizzata con il consenso del minore ultraquattordicenne, nel contesto di una relazione con persona maggiorenne, configura il reato di cui all'art. 600 ter c.p., comma 1, n. 1?

E’ il quesito sul quale si sono pronunciate le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 4616 del 9.2.2022.

La vicenda: un imputato maggiorenne, utilizzando una minore, con la quale aveva instaurato una relazione intima, produceva materiale pornografico, realizzando immagini della stessa che la ritraevano nel compimento di atti sessuali; successivamente, diffondeva il materiale via Facebook e lo inviava ad un ragazzo, con il quale la minore aveva nel frattempo intrecciato una relazione sentimentale, peraltro con il consenso di lei.

La Suprema Corte, sul solco di precedente giurisprudenza, osserva che l’autoproduzione di materiale pornografico da parte di minore è penalmente irrilevante ai sensi dell’art. 600 ter, c.1, c. p.: l’espressione “produce materiale pornografico” in esso contenuta, presuppone la diversità dell'autore della condotta dal soggetto ripreso, difettando diversamente l'elemento costitutivo dell'utilizzo del minore da parte di un soggetto terzo, quale presupposto del reato.

Quanto all’espressione “utilizzando minori di anni diciotto”, la Corte evidenzia che il verbo “utilizzare” ha sostituito il termine "sfruttare", presente nell'originaria stesura della norma, per chiarire che l'assoggettamento del minore non deve essere necessariamente determinato da finalità di lucro.

Piuttosto viene richiesta la verifica della condizione di asservimento del minore per un vantaggio altrui. 

L’ "utilizzazione” evoca la strumentalizzazione del minore e la sua riduzione a res per il soddisfacimento di desideri sessuali di altri soggetti o per conseguire un’utilità.

Se ricorre "l'utilizzazione" del minore, nessuna valenza -esimente o scriminante- potrà essere riconosciuta al suo consenso, che si presume condizionato proprio dall'abusività della condotta dell'adulto. 

La sentenza n. 51815 del 2018 aveva già indicato una serie di elementi dai quali è possibile ricavare la condizione di "utilizzazione" del minore:

1) l’abusività della condotta connessa alla posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore;

2) le modalità con le quali il materiale pornografico viene prodotto (ad esempio: minaccia, violenza, inganno);

3) il fine commerciale;

4) l'età dei minori coinvolti, se inferiore a quella prevista per la valida formulazione del consenso sessuale. 

Il concetto di utilizzazione "presuppone la ricorrenza di un differenziale di potere tra il soggetto che realizza le immagini e il minore rappresentato, tale da generare una strumentalizzazione della sfera sessuale di quest'ultimo", mentre a nulla rileva la familiarità alla divulgazione delle proprie immagini erotiche in quanto la stessa è, spesso, solo il sintomo della particolare fragilità del minore.

Pertanto, assumono rilevanza penale quelle condotte finalizzate alla coercizione della volontà del minore determinate da costringimento, inteso come abuso o approfittamento delle sue condizioni, o da induzione, realizzata attraverso il condizionamento delle scelte.

L'induzione è qui da intendersi come "quell'attività, coscientemente finalizzata, di persuasione, di convincimento, di determinazione, di eccitamento, di rafforzamento della decisione", che può consistere anche in doni, lusinghe, promesse, preghiere, dazioni o promesse di denaro, in cambio dell'attività di ripresa o di registrazione delle immagini e deve avere avuto una efficacia causale e rafforzativa della valutazione del minore.

Inoltre, l’età costituisce un fattore rilevante per valutare la libertà di determinazione del minore:

1) se il minore è infra-quattordicenne, si presume che il consenso non sia mai libero;

2) oltre i sedici anni, l’età è associata ad un grado maggiore di maturità e, pertanto, la valutazione circa la sua libera determinazione dovrà tener conto dello sviluppo psicofisico;

3) l’accertamento sulla “utilizzazione” del minore deve, invece, essere particolarmente rigoroso, se di età compresa tra quattordici e sedici anni, in quanto maggiore è il rischio di “condizionamento della sua volontà nell’assentire le richieste dell’adulto”.

Per i minori in tale fascia d’età, dovrà essere svolta un'attenta valutazione in ordine all'abuso del rapporto di fiducia da parte dell'adulto e alle modalità di convincimento cui lo stesso ha fatto ricorso, parametrando le pressioni e l'insidiosità degli artifici necessari a vincere la resistenza psicologica del minore alla sua limitata capacità di cogliere le situazioni per sé svantaggiose e ciò anche in presenza di una relazione affettiva intercorrente tra l’adulto ed il minore e, pertanto, anche in casi di produzione e cessione della cd. “pedopornografia domestica”, ovverosia relativa ad immagini del minore destinate ad un uso strettamente privato.

Occorre verificare che l'adulto non abbia vinto le resistenze del minore, inducendolo a superare le proprie riluttanze con tecniche di manipolazione psicologica e di seduzione affettiva, sfruttando la superiorità in termini di età, esperienza, posizione sociale o la condizione di inferiorità del minore.

Quest'ultimo, nell'ambito della relazione, può essere esposto a varie forme di condizionamento che includono il "ricatto affettivo", potendo l'adulto fare leva sulla paura dell'abbandono, sul "senso del dovere", sulla colpevolizzazione del rifiuto o su paragoni impropri, per raggiungere il proprio obiettivo. Occorre anche verificare che il minore non sia rimasto vittima, nell'assentire le richieste dell'adulto, di minacce velate o di altre pressioni subdole o insidiose.

Pertanto, si ha "utilizzazione" del minore quando, all'esito di un accertamento complessivo che tenga conto del contesto di riferimento, dell'età, maturità, esperienza, stato di dipendenza del minore, si appalesino forme di coercizione o di condizionamento della volontà, restando escluse dalla rilevanza penale solo condotte realmente prive di offensività rispetto all'integrità psico-fisica del minore stesso.

Da ultimo, va precisato che il consenso del minore all'atto sessuale non include di per sé anche quello alla registrazione dell'attività o alle riprese di carattere intimo di natura pornografica: fino a quando non si sia proceduto alle riprese, il minore rimane libero di revocare l'iniziale consenso.

Se l'adulto prosegue nell'attività di ripresa o di registrazione, nonostante la revoca dell'iniziale consenso, ricorre senz'altro la condizione di "utilizzazione" del minore.

Inoltre, il disaccordo del minore sulla conservazione dei dati, inficia anche l'iniziale consenso alle riprese, in quanto concordate sulla base di premesse diverse in ordine ad un aspetto importante, essendo insito nella conservazione delle immagini il rischio di una loro successiva diffusione. 

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