La riduzione delle disposizioni testamentarie
08/11/2019
Stampa la paginaCon sentenza n. 16623 del 20.6.2019 la Corte di Cassazione ha mutato il suo precedente orientamento dichiarando ammissibile l’esercizio in via diretta dell’azione surrogatoria, prevista dall'art. 2900 c.c., nella proposizione della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima da parte dei creditori dei legittimari totalmente pretermessi che siano rimasti del tutto inerti.
Ha precisato la S.C. che l’esercizio dell’azione non comporta l’acquisto della qualità di erede in capo al legittimario, né tanto meno al terzo creditore, consentendo, però, a quest’ultimo di soddisfare le proprie ragioni mediante richiesta di declaratoria di inefficacia delle disposizioni lesive della quota di riserva, nei limiti del pregiudizio recato ad esso terzo.
La decisione ha tratto le mosse da un approfondito esame comparato del disposto degli art. 524, 557 e 2900 cod. civ., rinvenendo:
- nell'articolo 524 la conferma della legittimazione dei creditori del legittimari all'esperimento dell’azione di riduzione in caso di mancata accettazione dell’eredità di cui all’art. 527 cod.civ., laddove quest’ultima norma fa generico riferimento a “aventi causa” del legittimario;
- più in generale, nell’art. 2900 cod. civ. il riconoscimento al creditore della legittimazione ad esercitare i diritti e le azioni che spettano verso i terzial proprio debitore, a condizione, ovviamente, che tali diritti abbiano contenuto patrimoniale ( e non riguardino diritti personalissimi).
- nell’art. 557, 3° comma, ulteriore conferma della ammissibilità laddove prevede il divieto ai creditori del defunto all’esercizio dell’azione di riduzione in via surrogatoria solo nel caso in cui l’erede abbia accettato con beneficio d’inventario”.
La precedente giurisprudenza di legittimità riteneva che l’azione di riduzione da parte dei creditori dei legittimari pretermessi ed inerti poteva essere esperita previo il preliminare esperimento sia dell’actio interrogatoria (richiesta al legittimario in ordine alla sua volontà di accettare o non l’eredità), sia della conseguente domanda di autorizzazione (ad accettare al fine di vedere soddisfatte le proprie ragioni creditorie).
Dopo la riferita pronuncia l’azione è direttamente esperibile in via surrogatoria da parte del creditore del legittimario pretermesso, rimasto inerte senza motivazione alcuna.
L’azione di riduzione- precisa la Corte - deve essere proposta contro i beneficiari delle disposizioni lesive nonché contro lo stesso debitore inerte, ricorrendo tra essi ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che, in tema di azione surrogatoria, il creditore deve, a norma dell’articolo 2900, comma 2, c.c., citare anche il debitore al quale intende surrogarsi, di talché tale espressa volontà di legge è sufficiente a determinare il litisconsorzio necessario fra i tre soggetti e l’inscindibilità della causa cui essi devono partecipare.
La Suprema Corte con la citata sentenza ha “superato” la genericità della locuzione contenuta nell’art. 557 c.c. e la risalente incertezza relativa ai soggetti cui è riconosciuto il diritto all’esercizio dell’azione di riduzione in via surrogatoria.
Avv. Teresa Amoroso - Foro Santa Maria C .V.