Intercettazioni: l’entrata in vigore del decreto legge di modifica della disciplina

di Emanuele Nagni

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Il 31 dicembre 2019 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 305, il D.L. 30 dicembre 2019, n. 161, in materia di “Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”, che ha riformato la disciplina delle previsioni del c.p.p. penale in ordine alle modalità di svolgimento delle intercettazioni e di conservazione della relativa documentazione. 

Giova ricordare che tale disciplina ha già subito modificazioni con il D. Lgs. n. 216/2017, operative solo dal 1° settembre 2020 per effetto di diversi provvedimenti di rinvio come il D.L. 30 aprile 2020, n. 28, che ne ha disposto l’applicazione alle iscrizioni delle notizie di reato successive al 31 agosto 2020.

Tra le principali novità, si segnala l'estensione della possibilità di fare ricorso ai captatori informatici (c.d. trojan horse) nelle attività di intercettazione per i delitti contro la Pubblica Amministrazione, anche se commessi dagli incaricati di un pubblico servizio. 

In concreto il ricorso al trojan avviene mediante l'inserimento di un captatore informatico su un dispositivo elettronico portatile, che si avvale esclusivamente dei software ritenuti conformi ai requisiti tecnici dettati con decreto del Ministero della giustizia. 

Infatti, il verbale delle operazioni deve indicare non solo quale sia il programma utilizzato ma, ove possibile, anche i luoghi in cui si sono tenute le comunicazioni intercettate.

Il Procuratore della Repubblica deve vigilare affinché nel verbale non siano riportate espressioni concernenti dati sensibili o lesivi della reputazione, salvi i casi in cui rilevino ai fini delle indagini. 

Al termine delle operazioni il captatore sarà disattivato in modo da non rendere possibile un successivo utilizzo e, entro cinque giorni, i verbali e le registrazioni sono depositati, unitamente ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, nell'archivio digitale, diretto e costantemente sorvegliato dal Pubblico Ministero, che garantisce l’integrità e l'esatta corrispondenza tra quanto intercettato, registrato e trasmesso. 

Le registrazioni restano nell'archivio sino al termine stabilito dal Procuratore, salva proroga del Giudice, che può autorizzarlo a posticipare il deposito non oltre la chiusura delle indagini preliminari, se vi sia il pericolo di un grave pregiudizio per le indagini.

Il Ministro della giustizia, sentito il Garante della Privacy, emetterà un decreto per stabilire i criteri cui il PM deve attenersi per regolare le modalità di accesso all'archivio, di consultazione e richiesta di copie, a tutela della riservatezza degli atti. All’archivio, infatti, possono accedere solo i difensori delle parti, il Giudice procedente e il PM con i rispettivi ausiliari.

Ogni accesso è annotato in un registro informatico che indichi data, ora iniziale e finale e gli atti specificamente consultati e di cui è rilasciata copia. 

Le registrazioni sono conservate fino al passaggio in giudicato della sentenza e, su richiesta, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, è possibile chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al Giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione.

Scaduto il termine fissato dal Pubblico Ministero, il Giudice procede anche d’ufficio allo stralcio di quelle inutilizzabili, disponendo l'acquisizione delle registrazioni indicate dalle parti e la relativa trascrizione o stampa di quelle che saranno inserite nel fascicolo per il dibattimento. 

Avv. Emanuele Nagni - Foro di Roma


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