IMPUGNABILITÀ DEL PROVVEDIMENTO EMESSO AL TERMINE DEL PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE ONORARI

di Manuela Zanussi

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Con l’art. 3, co. 21 e 48, D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 il Legislatore, nell’ottica di implementare la semplificazione e l’accelerazione del giudizio di primo grado, ha ritenuto di sostituire il previgente rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss., introducendo il nuovo procedimento semplificato di cognizione, disciplinato nel Libro II, Capo III-quater, agli artt. 281-decies e ss. c.p.c., il secondo differenziandosi dal primo, in particolare, per l’assenza di qualsivoglia riferimento alla sommarietà, trattandosi di giudizio a cognizione piena e non sommaria.

La semplificazione, pertanto, opera come deformalizzazione dell’iter procedimentale rispetto al rito ordinario finalizzata a definire la lite con rapidità, in ragione della più o meno manifesta fondatezza o infondatezza della domanda e della dipendenza del relativo accertamento da poche e semplici acquisizioni probatorie.

L’espunzione dall’ordinamento del rito sommario di cognizione ha, per l’effetto, comportato la modifica anche del procedimento di cui all’art. 14 D. Lgs. n. 150/2011 e s.m.i. per la definizione delle controversie concernenti la liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato.

Si legge, infatti, al comma 1 dell’art. 14 che:

“[…] Le controversie previste dall'articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l'opposizione proposta a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito semplificato di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo […]”.

Interessante è, tuttavia, notare come la citata norma presenti dei caratteri di specialità rispetto agli artt. 281-undecies e ss. c.p.c., in particolare con riguardo ai rimedi impugnatori, espressamente escludendo l’art. 14, co. 4, D. Lgs. n. 150/2011 e s.m.i. la possibilità di proporre appello, contrariamente a quanto invece stabilito dall’art. 281-terdecies c.p.c. (e precedentemente dall’art. 702-quater c.p.c.), a mente del quale “la sentenza è impugnabile nei modi ordinari”.

Avverso il provvedimento conclusivo di tale procedimento, pertanto, rimane unicamente esperibile il rimedio del ricorso straordinario per Cassazione, sia che la controversia riguardi solamente il quantum debeatur, sia che la stessa sia estesa all'an della pretesa, come recentemente confermato dalla stessa Corte di Cassazione (Cass. civ., ordinanza 21 novembre 2022, n. 34229).

In proposito, tuttavia, dubbi potevano sorgere sull’ammissibilità del rimedio del reclamo nel previgente testo dell’art. 14, il quale prevedeva quale provvedimento conclusivo non la sentenza, bensì l’ordinanza: considerato, dunque, che il reclamo assurge a mezzo di impugnazione previsto dalla legge in via generale contro i provvedimenti giurisdizionali diversi dalla sentenza, ci si sarebbe potuto chiedere se, stante l’impossibilità di proporre appello, fosse esperibile il mezzo del reclamo.

Considerazione, quest’ultima, che potrebbe trovare conferma alla luce di due circostanze: da un lato, l’esclusione normativa e giurisprudenziale unicamente del rimedio dell’appello; dall’altro, l’utilizzo da parte della Corte di Cassazione di espressioni di possibilità e non di doverosità nelle sentenze a ciò relative (cfr., ex multis, Cass. civ., n. 3993 del 15.02.2017, secondo cui “[…] l’ordinanza che definisce il procedimento di cui al D. Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, non è appellabile, e può quindi essere impugnata con ricorso straordinario per cassazione […]”).

Di diverso avviso, tuttavia, la Corte d’Appello di Trieste che, con una recente pronuncia del 7 giugno 2023, ha confermato la non reclamabilità di tali provvedimenti e, per l’effetto, ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo proposto avverso a un’ordinanza emessa al termine di un procedimento ex art. 14 D. Lgs. n. 150/2011.

Rimane, dunque, percorribile unicamente la via del ricorso straordinario per Cassazione (con tutti gli inconvenienti che esso comporta), ancor più alla luce del mutato quadro normativo.


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