ILLEGITTIMO L’OBBLIGO DI RIVERSARE AL BILANCIO DELLO STATO I RISPARMI DERIVANTI DALLE REGOLE DI CONTENIMENTO DELLA SPESA
03/11/2022
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La Corte Costituzionale con la sentenza del 14.10.2022 n.210 “ritorna” – con riferimento alle Camere di Commercio - sull’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle regole di contenimento della spesa, confermando quanto già deciso con sentenza 11.1.2017 n.7 – con riferimento alla Cassa di previdenza del dottori commercialisti – ritenendo irragionevole l’applicazione alle Camere di Commercio delle disposizioni sull’obbligo di riversare al bilancio dello Stato i risparmi derivanti dalle regole di contenimento della spesa, a fronte della loro particolare autonomia finanziaria che preclude la possibilità di ottenere finanziamenti adeguati da parte dello Stato e interventi di ripianamento di eventuali deficit generali dalla gestione amministrativa dei medesimi.
E’ stata così ritenuta l’illegittimità costituzionale della normativa specifica per le Camere di Commercio nella parte in cui prevede che le somme derivanti dalla riduzioni di spesa siano versate annualmente ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.
In particolare la Corte costituzionale con la riferita sentenza n.210 del 2022 dopo avere precisato la natura “anfibia” delle Camere di commercio, le quali sono, per un verso, “organi di rappresentanza delle categorie mercantili” e, per un altro verso, “strumenti per il perseguimento di politiche pubbliche”, e quindi di “enti di diritto pubblico, dotati di personalità giuridica”, afferma che “la normativa censurata, riducendo le risorse disponibili (ormai principalmente garantite da quelle versate dalle imprese) finisce per frustare le aspettative che le imprese nutrono a seguito del versamento del diritto annuale alle camere di Commercio”.
Per la Corte costituzionale, seppure l’imposizione di regole di contenimento della spesa può ritenersi appropriata alle finalità degli interventi legislativi operati in contesti di grave crisi economica,
“non appare altrettanto congruente con le finalità dell’intervento l’obbligo di riversamento di tali risparmi al bilancio dello Stato, vanificando lo sforzo sostenuto dalle Camere di commercio nel conseguire detti risparmi e lasciando invariato il saldo complessivo della spesa consolidata”.
L’equilibrio della finanza pubblica allargata non può essere realizzato attraverso lo “sbilanciamento” dei conti delle Camere di Commercio. Per la Corte non è ragionevole, non solo perché incide negativamente sulla piena realizzazione degli interessi tutelati da tali enti e facenti capo ai rispettivi iscritti, ma anche perché penalizza la corretta ed efficace gestione dei compiti amministrativi spettanti alla Camere di commercio, con pregiudizio del principi di correttezza e buon andamento dell’Amministrazione.
Viene violato, per la Corte, anche il principio di equilibrio del bilancio e di buon andamento dell’amministrazione, in quanto “sottrae ai naturali destinatari gli eventuali miglioramenti in termini di efficienza della gestione, senza neppure il previo accertamento dell’esistenza di tale miglioramento”.
Con la sentenza n.210 del 2022 sono stati riportati equità ed equilibrio nel sistema dei conti delle Camere di Commercio, entri per legge dotati di autonomia finanziaria le cui risorse non derivano da contributi statali. Occorre ricordare che le sentenze della Corte costituzionale hanno efficacia erga omnes, ovvero nei confronti di tutti dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale.