IL DIES A QUO DELLA PRESCRIZIONE DEI CREDITI DA LAVORO NEL PUBBLICO IMPIEGO

di Daniela Carbone

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La Corte di Cassazione, con ordinanza 28.2.2023 n.6051, dopo aver dettagliatamente illustrato l’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n.63/1969, n.143 del 1969, n.86 del 1971, n.174 del 1972), della Corte di Cassazione (n.3530 del 1978, n. 575 del 2003, n. 10219 del 2020, n. 35676 del 2021), e della Corte di Giustizia europea del 11.2.2021, in materia di decorrenza della prescrizione dei crediti di lavoro, ha rimesso la questione al Primo Presidente della Corte di Cassazione, per la (eventuale)  rimessione alle sezioni unite della Suprema Corte.

E ciò preso atto della notevole evoluzione del contesto socio-economico, che ha reso il lavoro sempre più precario e meno garantito, persino nel settore del pubblico impiego, considerato che non è più giustificabile la differenza di regime della prescrizione dei crediti retributivi tra lavoro privato e lavoro pubblico propria dell’ordinamento italiano.

Non si può ignorare che il regime della prescrizione dei crediti retributivi è stato interessato nel settore del pubblico impiego da alcune modifiche di derivazione tanto giurisprudenziale quanto legislative.

In particolare, la Corte costituzionale, anche se con riferimento al settore privato, ha affermato che è preclusa la decorrenza della prescrizione durante il rapporto di lavoro atteso che il rapporto di lavoro privato non ha la resistenza tipica del pubblico impiego (Corte cost. 10.6.1966 n.63).

Con successiva sentenza n.143 del 20.11.1969 (e n.174 del 1972) la Corte costituzionale riafferma che la forza di resistenza del rapporto di impiego pubblico esclude il collegamento tra il timore del licenziamento e l’effetto abdicativo implicito nel decorso della prescrizione.

Anche la Cassazione, con sentenza 19.11.2021 n.35676, proprio con riferimento al pubblico impiego, afferma che in tema di pubblico impiego contrattualizzato, nell’ipotesi di contratto di lavoro formalmente autonomo, del quale sia successivamente accertata la natura subordinata, la prescrizione dei crediti retributivi decorre durante il rapporto, attesa la mancanza di ogni aspettativa del lavoratore alla stabilità dell’impiego e la conseguente inconfigurabilità di un metus in ordine alla mancata continuazione del rapporto suscettibile di tutela.

Il pubblico impiego è, però, cambiato: in linea di principio il rapporto di pubblico impiego contrattualizzato è regolato in maniera paritaria rispetto al lavoro privato per tutto quello che non è previsto nel d.lgs. n.165 del 2001, e le eccezioni a tale principio devono essere poste specificamente per legge e coerentemente vanno interpretate in senso formale.

E’ sempre più difficile giustificare un sistema che individua una differente decorrenza della prescrizione degli identici crediti retributivi di diversi lavoratori che svolgano le stesse mansioni ed il cui rapporto di lavoro sia egualmente costituito con la stipula di un contratto individuale e non attraverso un atto di nomina, a seconda semplicemente della loro dipendenza da un datore di lavoro privato piuttosto che pubblico, “tanto più alla luce di un sistema normativo che, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n.165 del 2001, stabilisce che il c.d. pubblico impiego privatizzato sia regolato dalla disciplina di diritto comune salve le eccezioni espresse”.

Aggiungasi che, a giustificare il decorso immediato della prescrizione dei crediti retributivi del lavoratore, è la c.d. stabilità reale del rapporto di lavoro, sia pubblico che privato. Una vera stabilità però non si assicura se “all’annullamento dell’avvenuto licenziamento non si faccia seguire la completa reintegrazione nella posizione giuridica preesistente fatta illegittimamente cessare” (Corte cost. n174 del 1972). Dopo la riforma del 2017 anche nel lavoro pubblico tale reintegrazione non ha più applicazione generale.

Con l’ordinanza 28.2.2023 n. 6051, la Suprema Corte prende atto dei rilevanti cambiamenti normativi e giurisprudenziali e della notevole modifica delle condizioni economico-sociali che hanno interessato il diritto del lavoro, sia privato che pubblico, e dispone la trasmissione del procedimento al Primo Presidente per la eventuale rimessione alle Sezioni unite, sui seguenti quesiti:

  1. se la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba ricorrere dalla fine del rapporto di lavoro, a termine o a tempo indeterminato, o, in caso di successione di rapporti, dalla cessazione dell’ultimo, come accade nel lavoro privato;
  2. se, nell’eventualità di abuso nella reiterazione di contratti a termine, seguita dalla stabilizzazione presso la stessa P.A. datrice di lavoro, la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba decorrere dal momento di tale stabilizzazione;
  3. se la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato, nell’ipotesi sub b), sia comunque preclusa, interrotta o sospesa ove la P.A. neghi il riconoscimento del servizio pregresso dei dipendenti.

Trattandosi di questione di particolare importanza, che interessa il mondo del lavoro del settore pubblico, è auspicabile che la questione venga risolta con celerità dalle sezioni unite.

 


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