IL CONDOMINIO PUÒ SEMPRE CAMBIARE IDEA
25/05/2020
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All'assemblea condominiale è concesso tornare sui propri passi revocando, modificando o integrando una precedente decisione, senza che a tal fine risulti necessaria la medesima maggioranza che si era espressa a favore dell’originaria
La vicenda. Il Tribunale di Bergamo è chiamato a decidere sull'impugnativa di una declaratoria che aveva revocato la precedente autorizzazione a installare un impianto autonomo di climatizzazione.
Alcuni condomini ne prospettano, infatti, la nullità poiché adottata con una maggioranza inferiore al quorum raggiunto in occasione della delibera abrogata. Il giudice orobico disattende, tuttavia, la tesi dei ricorrenti facendo leva su un risalente principio espresso dalla Suprema Corte, a mente del quale
«Le nuove deliberazioni, infatti, purché approvate nei modi e con le formalità di legge o di regolamento, sono perfettamente valide e sono obbligatorie per tutti i condomini, anche se, eventualmente, quelle anteriori, revocate o modificate, siano state prese all'unanimità e le seconde con la maggioranza minima prevista in ordine all'oggetto di ciascuna deliberazione ed al tipo di assemblea»
(Corte di Cassazione, sentenza 1281/1976). Se è dunque legittimo intervenire a maggioranza su provvedimenti adottati all'unanimità della compagine, è evidente che per revocare, emendare o integrare una delibera non è necessario il medesimo quorum, risultando invece sufficienti le maggioranze ex lege previste a seconda dell’argomento in esame (Tribunale di Bergamo, sentenza 409/2020).
In particolare, la declaratoria “sostitutiva” può fare espressa menzione della volontà di emendare una precedente decisione, oppure semplicemente risultare di contenuto incompatibile, così da caducarne gli effetti (Corte di Cassazione, sentenza 8515/2018).
In tal modo, il condominio è in grado di perseguire una migliore cura dei propri interessi così come di correggere eventuali vizi, tanto di diritto sostanziale (ad es., lesione di diritti individuali) che inerenti la formazione della volontà collegiale (ad es., avviso di convocazione, ordine del giorno, verbale ecc.). Cessata materia del contendere e soccombenza virtuale.
Le conseguenze, dal punto di vista processuale, ricalcano quanto previsto dall’art. 2377, comma 8 c.c. in tema di società per azioni. Venendo meno l’utilità a rimuovere in via giudiziale un atto già eliminato dall'organo che ne è l’autore, si perde l’interesse ad agire con conseguente dichiarazione di “cessata materia del contendere”. L’impugnativa, tuttavia, non s’interrompe poiché il giudicante è comunque tenuto a pervenire a sentenza in ottemperanza al principio della “soccombenza virtuale”, condannando parte soccombente al pagamento delle spese di lite.
L’intento del Legislatore è arginare eventuali abusi di potere da parte dell’assemblea, la quale deve essere consapevole che adottare delibere contrarie alla legge non è una condotta priva di conseguenze, poiché sconta il rischio di rifondere le spese al condomino ricorrente. Non è invece chiaro che accade nell’ipotesi in cui la nuova delibera intervenga in pendenza della mediazione obbligatoria ai sensi del D. Lgs. n. 28/2010.
Com'è noto, il mediatore non è legittimato ad alcuna valutazione nel merito, né ovviamente dotato del potere di condanna delle parti in contesa. Il condomino che intenda quindi ottenere il ristoro delle spese sostenute per impugnare una delibera sostituita medio tempore, dovrà presumibilmente incardinare un autonomo giudizio per farsi riconoscere le predette spese a titolo di risarcimento del danno.
Avv. Giuseppe Zangari – Foro di Padova