IL COMPENSO DELL’ AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO

di Leonardo Carbone

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Lavvocato che svolge l’attività di amministratore di sostegno, per la quantificazione del suo compenso, può fare riferimento alla tariffa professionale (rectius tabelle parametriche), ed agire nei confronti  della sua assistita e di cui era stato amministratore di sostegno ?

La problematica è stata affrontata dalla Suprema Corte di Cassazione con ordinanza 5 marzo 2021 n. 6197, e decisa nel senso che l’amministratore di sostegno non può agire in giudizio nei confronti della sua assistita (ex),  chiedendo il pagamento del compenso professionale. Infatti, per la Suprema Corte deve rivolgersi al giudice tutelare per ottenere la liquidazione di un’equa indennità per l’opera prestata come amministratore di sostegno,

E ciò in quanto non sussiste nella specie alcun rapporto pattizio tra rappresentata e rappresentante,  avendo l’avvocato esercitato le funzioni di amministratore di sostegno e, non già, di patrono del cliente.

L’avvocato non poteva agire in giudizio chiedendo il pagamento del compenso professionale in assenza di un rapporto pattizio, in assenza di un contratto d’opera intellettuale tra rappresentata e rappresentante, avendo l’avvocato esercitato le funzioni di amministratore di sostegno e non di patrono del cliente.  

L’avvocato che, quale amministratore di sostegno, si costituisca in giudizio in rappresentanza del suo assistito, a tanto provvede non già in virtù di un contratto d’opera professionale, bensì esercitando le funzioni di amministratore di sostegno.  

Il compenso per l’opera prestata dall’amministratore di sostegno, quindi, non può trovare soddisfazione nell’ambito del rapporto contrattuale avvocato-cliente regolato dalle tariffe professionali, bensì nell’ambito dell’equa indennità ex art.379 cod.civ., in quanto richiamato ex art.411 cod.civ., che deve essere richiesta al giudice tutelare  a compenso dell’opera prestata quale amministratore di sostegno. 

Avv. Leonardo Carbone - Direttore Responsabile della Rivista


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