ECCEZIONE DI MEDIAZIONE AI FINI DELL’IMPROCEDIBILITÀ: IN APPELLO NON PUÒ PIÙ ESSERE SOLLEVATA

di Manuela Zanussi

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In caso di controversie di natura ereditaria, casi di mediazione c.d. obbligatoria, l’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della mediazione può essere sollevata dalla parte solo in primo grado, non più in appello.

La recente pronuncia della Cassazione di cui all’ordinanza n. 5474/2025, Sez. 2, pubblicata il 1/03/2025, conferma che l’eccezione è tempestiva solo se proposta entro la prima udienza del giudizio di primo grado, diversamente la parte incorre in decadenza dal diritto di sollevarla.

Chiaro il testo di legge dell’art. 5 comma 2 D.lgs. 28/2010 novellato dopo la Riforma Cartabia: “l'improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza”.

Accade dunque nella fattispecie de quo che coinvolgeva una successione ereditaria, ma più in generale nelle controversie di cui all’art. 5 comma 1 D.lgs. (c.d. mediazione obbligatoria), che se viene promossa la causa  giudiziale senza che sia stata svolta la mediazione, la parte convenuta/resistente ha l’onere -a pena di decadenza- di sollevare l’eccezione nelle prime difese ma al più tardi entro la prima udienza. L’esperimento del procedimento di mediazione in tali casi “è condizione di procedibilità della domanda introduttiva del giudizio”.

Oltre che su eccezione sollevata da parte convenuta, il mancato esperimento della procedura di mediazione può essere rilevato d’ufficio dal giudice, in entrambi i casi però entro la prima udienza del procedimento di primo grado.

Va osservato che quella di cui si è appena detto viene denominata dalla più attenta dottrina “mediazione delegata impropria” ed è quella in cui il giudice invia in mediazione, d’ufficio o su eccezione di parte entro la prima udienza del procedimento di primo grado, in quanto le parti non hanno svolto la mediazione obbligatoria prima del giudizio. Si apre quindi una parentesi non giurisdizionale all’interno del processo civile.

Essa, però, non va confusa con la c.d. “mediazione delegata propria” che è invece quella disposta dal giudice in ogni stato e grado del giudizio (quindi anche in appello), quando sussistano secondo la sua valutazione discrezionale indici di mediabilità, con provvedimento che ha la forma di ordinanza motivata, a prescindere dall’elencazione per materia di quelle obbligatorie di cui all’art. 5 e anche qualora vi sia già stata una procedura di mediazione (ma non vi sia stata effettiva negoziazione ovvero per assenza di alcune parti).

Dispone il nuovo art. 5-quater, norma di nuovo conio con la Riforma Cartabia che disciplina la mediazione delegata: “Il giudice, anche in sede di giudizio di appello, fino al momento in cui fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione, valutata la natura della causa, lo stato dell'istruzione, il comportamento delle parti e ogni altra circostanza, può disporre, con ordinanza motivata, l'esperimento di un procedimento di mediazione”.

Afferma la Suprema Corte nella pronuncia che la deducente qui annota: “in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza [n.d.r. c.d. “mediazione delegata impropria”]; ove ciò non avvenga, il giudice d'appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d'appello l'esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell'art. 5, comma 2 [n.d.r. ora art. 5 quater c.d. “mediazione delegata propria”], (Sez. 3, n. 4843 del 19 febbraio 2019)”.

Nel caso in esame, poiché l’improcedibilità non era stata eccepita nè rilevata in primo grado entro la prima udienza, la Corte di Cassazione ha condivisibilmente ritenuto che il giudice d’appello non avesse alcun obbligo di disporre la mediazione pur trattandosi di una materia di mediazione obbligatoria. Se del caso il Giudice d’appello avrebbe potuto ritenere opportuno disporre d’ufficio una delega propria in mediazione ex art. 5 quater D.Lgs. 28/2010 in base a una sua valutazione discrezionale.

Va dato atto come nei territori stiano aumentando sempre più gli invii in mediazione da parte dei giudici italiani anche per la diffusione a macchia d’olio di protocolli di intesa tra ordini, tribunali e università per la valorizzazione della mediazione delegata ex art. 5 quater. Nessuno più considera infatti quest’ultima uno strumento di degiurisdizionalizzazione, ma un vero e proprio metodo di gestione consensuale del conflitto che attribuisce alle parti la responsabilità e l’autodeterminazione della soluzione del contenzioso secondo criteri diversi, più efficaci e più sostenibili di quelli della giustizia aggiudicativa eteronoma.

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