DERIVE CAUSIDICHE E GIUSTIZIALISTE DELL’EMERGENZA SANITARIA

di Domenico Zaffina

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Frange dell’opinione pubblica chiedono “Giustizia” e Uffici Giudiziari indagano sulla diffusione del virus in danno di malati ed anziani in strutture sanitarie o assistenziali.

L’Avvocatura stronca sul nascere degeneri pulsioni causidiche inneggianti all’azione contro Sanitari per responsabilità nella cura dei casi di c.d. Covid 19, ma subentra il tentativo di innescare un nuovo “filone” alzando l’asticella e spingendo Sanitari e Familiari di persone attinte dal contagio ad agire contro lo Stato per le falle della prestazione sanitaria e della sicurezza della stessa; tentativo che si auspica non attecchisca per via delle finalità speculative.

In ambito giudiziario penale, sin qui esclusa l’ipotesi della dolosa diffusione dell’epidemia, il dibattito verte sull'inquadramento di talune condotte nel paradigma del reato di “epidemia colposa”, di cui al combinato disposto degli artt. 438 e 452 c.p.

L’Art. 438 c.p. punisce severamente chi volontariamente diffonde un’epidemia, mentre l’art. 452 c.p. estende punizione penale a chi colposamente diffonde un’epidemia; si tratta di ipotesi di reato di ridotta applicazione.

Analizzando la configurabilità di una ipotesi di epidemia colposa all'interno di una struttura sanitaria e/o di assistenza ci si scontra sin da subito con contrari orientamenti giurisprudenziali, di merito e di legittimità, che, ancorché non numerosi, sono però invalsi già da fine anni ’70 e risultano costanti ed omogenei.

Caratteri costitutivi del reato di epidemia sono, tra altri, il numero elevato ed indeterminato delle persone colpite e l’estensione del territorio colpito: epidemia si ha solo a fronte di un quantitativo di individui colpiti talmente numeroso da essere qualificabile come “popolazione” e/o a fronte di un contagio diffuso in un ambito territoriale di una ampiezza non inferiore all'estensione di una Regione.

Altre pronunce hanno escluso la configurabilità del contagio colposo, anche laddove verificatosi all'interno di una struttura, mancando i caratteri dell’indeterminatezza del numero dei soggetti colpiti e rimanendo il contagio riferito e riferibile, perciò circoscrivibile, alla sola struttura interessata.

Altro limite normativo, riaffermato in sede di legittimità e dovuto alla lettera dell’art. 438 c.p., risiede nella necessità che il reato sia perpetrato mediante una precisa condotta commissiva, non essendo perciò sufficiente ai fini della sua configurabilità la mera omissione del soggetto agente né potendosi recuperare il nesso eziologico tra l’evento ed il soggetto agente tramite il meccanismo di cui all’art. 40, comma 2, c.p.

Su tali presupposti l’operatore del diritto si persuade della pretestuosità di siffatti procedimenti mentre il buon padre di famiglia chioserebbe che -piuttosto che avventarsi contro strutture e personale privati di risorse- quanto accaduto deve convincere che non è possibile risparmiare sulla Sanità e su altri settori primari quali la Giustizia, l’Istruzione, la Sicurezza e la Ricerca.

Avv. Domenico Zaffina - Pres.sez. Aiga di Lamezia Terme


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