COVID E LOCAZIONE: IL PUNTO DELLA GIURISPRUDENZA

di Giuseppe Zangari

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E’ tuttora discusso se l’art. 3, comma 6 bis del D.L. n. 6/2020, che esonera il debitore dalla responsabilità ex art. 1218 c.c. per le conseguenze derivanti dal rispetto delle misure di contenimento sociale tese a fronteggiare l’epidemia da Covid-19, sia suscettibile di applicazione anche nell’ipotesi di omesso e/o ritardato pagamento dei canoni di locazione maturati durante l’emergenza Covid

La vicenda

Incardinando un’opposizione allo sfratto per morosità promosso nell’ambito di una locazione abitativa, la conduttrice sostiene di non aver potuto assolvere al pagamento dei canoni a causa del lockdown imposto per far fronte all’emergenza pandemica; le restrizioni, in particolare, avevano causato il fallimento dell’impresa di cui era titolare, e per tale motivo era venuta meno la liquidità utile ad adempiere alle proprie obbligazioni con il locatore.

A sostegno della tesi dell’inadempimento incolpevole viene quindi invocato l’art. 3, comma 6 bis del D.L. n. 6/2020, introdotto dall’art. 91 del D.L. 18/2020 (cosiddetto “Cura Italia”), a mente del quale 

«Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato di fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».

In subordine, allo scopo di avversare la pretesa rispetto all’intero canone pattuito, si fa leva sugli articoli 1374 e 1375 del Codice Civile in tema di buona fede nell’esecuzione del contratto, confidando di poter beneficiare di una congrua riduzione dell’importo mensile.

 

La cornice giurisprudenziale

L’emergenza sanitaria che ha investito il Paese nell’ultimo anno e mezzo ha posto gli operatori del diritto di fronte a problematiche non dissimili da quelle emerse dopo la Seconda Guerra Mondiale, in cui l’intera rete dei debitori morosi poté beneficiare della liberazione dall’obbligo inquadrando le conseguenze del conflitto alla stregua di una causa di forza maggiore.

Attualmente invece, stante l’assenza di interventi nell’ambito della legislazione emergenziale, i Tribunali italiani paiono muoversi in ordine sparso.

 

La prima pronuncia in argomento risale al noto provvedimento d’urgenza, emesso durante la prima ondata, con cui il Tribunale di Venezia aveva ordinato a un Istituto di Credito di non pagare la fideiussione a garanzia dei canoni di locazione non corrisposti, «ritenendo opportuno attendere, prima di disporre per il prosieguo, lo stato della normativa (…) visto che essa è in continua evoluzione e segue l’andamento della pandemia» (Tribunale di Venezia, decreto del 14.4.2020).

 

Nel medesimo senso di inibire il pagamento delle fideiussioni, ovvero di ordinare al locatore di astenersi dal presentare all’incasso gli effetti cambiari rilasciati dal conduttore a garanzia delle proprie obbligazioni, si sono espressi, tra l’altro, i Tribunali di Bologna (Tribunale di Bologna, decreti dell’11.5.2020, 12.5.2020 e 4.6.2020), Rimini (Tribunale di Rimini, decreto del 25.5.2020), e Genova (Tribunale di Genova, decreto dell’1.6.2020).

In altri casi la giurisprudenza ha inteso valorizzare gli articoli 1256 e 1464 del Codice Civile, così da riconoscere, in favore del conduttore, la riduzione del canone limitatamente ai periodi di lockdown, che viene ritenuto causa dell’impossibilità parziale della prestazione (Tribunale di Bari, sentenza del 9.6.2020; Tribunale di Roma, ordinanze del 29.5.2020 e 27.8.2020; Tribunale di Venezia, ordinanza n. 5480/2020 e sentenza del 30.9.2020).

Non mancano al contempo pronunce di segno opposto, che ritengono essere dovuti i canoni di locazione nell’intero ammontare in ragione del fatto che, in realtà, non vi è alcuna norma che legittimi la sospensione dei pagamenti (Tribunale di Pordenone, ordinanza dell’8.7.2020; Tribunale di Torino, sentenza del 2.7.2020; Tribunale di Pisa, ordinanza del 30.6.2020).

 

La sentenza

Il Tribunale di Palermo s’inserisce in quest’ultimo filone, rigettando di conseguenza l’opposizione (Tribunale di Palermo, sentenza 1773/2021).

Preliminarmente, il Giudice ritiene che l’intervenuta dichiarazione di fallimento dell’impresa di cui era titolare conduttrice sia del tutto ininfluente rispetto alla vicenda in esame, vertente su una locazione di tipo abitativo.

Nel merito, osserva che l’articolo 3, comma 6bis del D.L. n. 6/2020, che secondo alcuni commentatori assimila il lockdown a un’ipotesi di impossibilità oggettiva sopravvenuta della prestazione ex articolo 1256 del Codice Civile, non può riguardare le obbligazioni a carattere pecuniario.

In tal caso, sostiene il Giudice palermitano,

«L’esecuzione di tale prestazione non implica una fase preparatoria o strumentale e non può ritenersi ostacolata o resa più difficoltosa a causa del rispetto delle misure di contenimento. La difficoltà e persino l’impossibilità di essa è sempre un rischio del debitore. Allocarle in capo al creditore si porrebbe in contrasto con la serietà del vincolo giuridico. E ciò vale anche quando l’incapacità finanziaria del debitore sia sopravvenuta a causa di ragioni esogene di tipo economico, non potendosi, salvo accordo contrario, imporre al creditore di partecipare alla sfera economica del debitore».

Per giunta, la locazione in esame soddisfa un’esigenza di tipo abitativo e non commerciale, dal che -a ben vedere- la situazione cogente finisce addirittura per amplificare il beneficio che il conduttore trae dalla prestazione offerta dal locatore, consistente nel godimento e messa a disposizione di un immobile: «Non vi è uno svilimento dell’utilizzazione della prestazione da parte della conduttrice e non è quindi praticabile una indiretta eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione cui ella è tenuta».

Ne consegue, dunque, che l’art. 3, comma 6bis del D.L. n. 6/2020 non giustifica l’esonero dall’obbligo di pagamento del canone, né il ritardato adempimento della prestazione.

 

Avv. Giuseppe Zangari – Foro di Padova


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