COVID 19: VACCINAZIONE E LICENZIAMENTI

di Livio Galla

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Quotidiani e social network stanno ospitando le opinioni di giuristi che, quantomeno nelle sintesi di stampa, sosterrebbero la legittimità del licenziamento di un dipendente che, sebbene messo nelle condizioni, rifiuti di vaccinarsi. 

Fermo restando che limitare in ogni modo il virus rientra nei doveri civici e che solo una massiccia campagna vaccinale porterà alla sperata immunità di gregge, l’onda emotiva che vorrebbe sacrificati i lavoratori recalcitranti al vaccino è destinata a infrangersi sugli accidentati scogli dei Tribunali del Lavoro italiani

Vediamo perché:

  1. L’art. 32 della Costituzione dispone che un trattamento medico non può essere imposto alla persona senza una specifica norma di legge. E qui la legge non c’è, con buona pace di chi vorrebbe ricavare il dato obbligatorio dall’art. 2087 codice civile, ossia la norma che impone al datore di lavoro di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. Seguendo questa interpretazione il datore del lavoro potrebbe svegliarsi al mattino e stabilire, a suo insindacabile giudizio, quali trattamenti medici imporre ai suoi dipendenti per garantirne la sicurezza, a guisa di sceriffo della sanità aziendale. Non ci siamo.
  2. Il datore di lavoro, proprio per garantire salute e sicurezza in azienda, sarà tenuto a evitare che i dipendenti non vaccinati siano veicolo di trasmissione del virus e quindi dovrà mutarne le mansioni o disporne il telelavoro o lo smartworking.
  3. Se in azienda il cambio mansioni o lo smartworking non siano praticabili, dovrà porre in aspettativa il dipendente non vaccinato per impossibilità temporanea di svolgere la mansione. L’aspettativa, in casi come questi, non sarà retribuita.
  4. Ove detta impossibilità si protraesse nel tempo e perdesse il carattere della temporaneità, potrà allora ipotizzarsi un licenziamento per sopravvenuta inidoneità alla mansione. Attenzione, però: questo tipo di licenziamento rientra tra le ipotesi di licenziamento attualmente vietate, e sarà quindi necessario attendere l’evoluzione della normativa emergenziale limitativa dei prossimi mesi, unitamente allo sviluppo della campagna vaccinale in corso.
  5. Resta ovviamente aperta un’altra ipotesi, ossia modalità di rifiuto ideologico del vaccino che trascendano la libera manifestazione del pensiero e assurgano a comportamenti turbativi dell’attività aziendale o addirittura sabotativi. 

In quel caso potranno attivarsi procedimenti disciplinari che, ove sfociassero in sanzioni espulsive, non sarebbero limitate dall’attuale divieto di licenziamento.

 

Avv. Livio Galla – Foro di Vicenza

 

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