CONTO COINTESTATO TRA CONIUGI: LA CASSAZIONE CHIARISCE I LIMITI DELLA CONTITOLARITÀ PATRIMONIALE

di Gianluca Mariani

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L'ordinanza 1643/2025 e la presunzione di contitolarità delle somme

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1643 del 23 gennaio 2025, è tornata a pronunciarsi sulla titolarità delle somme depositate su un conto corrente cointestato tra coniugi, chiarendo i criteri probatori per superare la presunzione di comproprietà delle giacenze. Il principio ribadito dagli Ermellini incide direttamente sulla gestione patrimoniale della famiglia, specie in fase di separazione o divorzio, e si innesta nel solco di una giurisprudenza consolidata in materia.

L’art. 1298, comma 2, c.c., stabilisce che nei rapporti interni tra condebitori o cocreditori solidali, salvo patto contrario, si presume l’uguaglianza delle quote. Applicando tale disposizione ai conti correnti cointestati, si ritiene generalmente che le somme giacenti siano di proprietà comune dei titolari in parti uguali. Tuttavia, la Cassazione ha precisato che tale presunzione non ha carattere assoluto e può essere superata mediante prova contraria, anche fondata su presunzioni semplici purché gravi, precise e concordanti.

La prova contraria e l'origine cartolare della provvista

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha accolto la censura sollevata dalla difesa, evidenziando che il giudice di merito aveva erroneamente applicato la presunzione di comproprietà delle somme senza considerare adeguatamente l’origine cartolare della provvista. Le somme versate sul conto provenivano, infatti, da assegni circolari emessi in favore esclusivo di uno dei coniugi e riconducibili al suo patrimonio personale.

La decisione è di particolare rilievo perché chiarisce che l'origine delle risorse confluite su un conto cointestato può costituire un elemento determinante per superare la presunzione di contitolarità. Il principio, peraltro, si pone in linea con precedenti pronunce (Cass. civ., sez. I, 13 ottobre 2023, n. 28994; Cass. civ., sez. VI, 17 maggio 2019, n. 13465), che avevano già affermato la necessità di una valutazione concreta dell’apporto economico dei singoli cointestatari, specie in presenza di elementi documentali certi.

Come dimostrare l’alimentazione esclusiva del conto

Affinché la presunzione di comproprietà possa essere superata, è necessario dimostrare che le somme depositate provengano esclusivamente da uno dei cointestatari. La prova può essere fornita attraverso diversi strumenti, tra cui:

  • estratti conto bancari, che evidenzino i flussi finanziari e i soggetti che hanno alimentato il deposito;
  • documentazione attestante la provenienza del denaro, come buste paga, bonifici, fatture o assegni intestati a uno solo degli intestatari;
  • testimonianze, che possano confermare, in via indiziaria, la titolarità effettiva delle risorse versate.

La valutazione del materiale probatorio spetta al giudice di merito, che deve accertare la fondatezza delle deduzioni della parte che contesta la contitolarità del denaro. In questo contesto, la recente pronuncia della Cassazione rafforza la tutela del coniuge che, pur figurando come cointestatario del conto, non ha materialmente contribuito alla formazione delle giacenze.

Implicazioni pratiche e riflessi giuridici

L’ordinanza offre spunti di riflessione significativi per gli operatori del diritto, soprattutto in ambito successorio e familiare. La presunzione di comproprietà delle somme su conto cointestato, infatti, viene frequentemente invocata nei procedimenti di separazione e divorzio per determinare la ripartizione delle risorse finanziarie tra i coniugi. La decisione della Cassazione rafforza la tutela del coniuge che, pur risultando cointestatario del conto, non ha materialmente contribuito all’accumulo delle giacenze.

Per i professionisti del settore, l’ordinanza n. 1643/2025 conferma l’importanza di un’accurata ricostruzione della provenienza delle somme depositate nei conti comuni, anche attraverso documentazione bancaria e titoli di credito. Ne deriva un chiaro orientamento volto a evitare indebiti arricchimenti e a garantire una più equa distribuzione del patrimonio familiare.

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