CONCORDATO MINORE: SULLA PROSECUZIONE DEL MUTUO IPOTECARIO GRAVANTE SULL’ABITAZIONE DEL DEBITORE.
06/03/2025
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La pronuncia della Corte di Appello di Bari resa il 29/01/2025, che qui si annota, affronta, tra le varie questioni oggetto del caso concreto, quella più interessante relativa alla prosecuzione, in caso di concordato minore in continuità aziendale, del pagamento delle rate del mutuo ipotecario gravante sull’abitazione del debitore e non già sul bene strumentale all’impresa (art. 75, co. 3, CCII) e si allinea con l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo ma, allo stato, maggioritario, fondato su una interpretazione letterale della norma.
Nel caso di specie, la proposta di concordato minore prevedeva, in violazione del dato testuale dell’art. 75, comma 3, CCII, la prosecuzione del pagamento delle rate del mutuo a scadere, secondo il piano di ammortamento originario previsto nel contratto di mutuo con garanzia reale gravante sull’abitazione principale del debitore e non già sul bene strumentale alla sua attività commerciale. Nella proposta il debitore assumeva che, essendo il mutuo in bonis, la soddisfazione del ceto creditorio e del creditore titolare dell’ipoteca iscritta sulla casa di abitazione, tenuto fuori dal piano, sarebbero stati garantiti dai soli “flussi di liquidità” derivanti dal prosieguo dell’attività commerciale, senza apporto di risorse finanziarie esterne.
La Corte di Appello di Bari, al contrario, ha ritenuto inammissibile la proposta in ragione:
a) della inapplicabilità estensiva della norma eccezionale di cui all’art. 67, comma 5, CCII, dettata esclusivamente nella distinta e diversa ipotesi di ristrutturazione dei debiti del consumatore;
b) della inderogabilità del principio dell’universalità oggettiva proprio di tutte le procedure concorsuali con conseguente estensione della garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. a tutti i cespiti del debitore, senza possibili sottrazioni o esclusioni, ad eccezione dell’ipotesi prevista dall’art. 75, comma 3, CCII (“bene strumentale all’attività”);
c) della lesione della par condicio creditorum, in quanto andrebbe ad esclusivo vantaggio di questo creditore che, diversamente dagli altri non vedrebbe falcidiato il proprio credito.”
Si segnalano in senso conforme: Trib. Ravenna 13 ottobre e 18 novembre 2023, Trib. Trieste 19 maggio 2023, Trib. Ferrara 23 maggio 2023 e Trib. Bologna 22 maggio 2023; in senso contrario: Trib. La Spezia 21 settembre 2023: “È ammissibile la proposta di concordato minore prevedente la prosecuzione del mutuo ipotecario ex art. 75, c.3, CCII avente ad oggetto non già il bene strumentale per l’esercizio dell’impresa, ma l’abitazione principale del debitore, anche nel caso in cui l’immobile risultasse già assoggettato ad esecuzione forzata ad iniziativa di un creditore diverso dal titolare dell’ipoteca”.
Un orientamento intermedio è rappresentato dalle pronunzie del Tribunale Rimini 4/12/2023: “L’art. 75, c.3, CCII, a differenza di quanto previsto nella procedura del consumatore, non consente la prosecuzione del mutuo garantito da ipoteca sull’abitazione principale, in luogo del bene strumentale all’esercizio dell’impresa; tuttavia, è sempre possibile per il debitore, secondo le regole generali, ristrutturare il debito “lasciando fuori” dal negozio concordatario una posizione e stipulando con il creditore in questione un patto specifico ed esterno: purché ciò non sia lesivo dei diritti dei creditori trattati nel concordato, rispetto ai quali proposta e piano devono essere convenienti rispetto alla alternativa liquidatoria; questi, dunque, non devono vedersi privati della possibilità di trarre attivo utile dal bene che non viene messo a loro disposizione, né devono avere a loro disposizione una somma (nel caso di specie, la quota del reddito del debitore apprensibile dalla procedura) inferiore a quella che avrebbero nell’alternativa liquidatoria (in tal senso, cfr. Trib. Venezia 6.4.2023)“ ed anche Tribunale Pistoia 13 dicembre 2022 e 21 marzo 2023, “essendo la libertà di contenuto del concordato compatibile con la scelta di escludere alcune posizioni creditorie e non liquidare l’immobile destinato ad abitazione, malgrado la legge faccia riferimento al solo bene strumentale all’esercizio dell’impresa (art. 75 c.3 CCII), a condizione che detta scelta non leda i diritti dei creditori”.
Insomma la questione è tuttora aperta.