CHIAMATA DI TERZO IN CAUSA E MEDIAZIONE

di Pier Giorgio Avvisati

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Una recente pronuncia del Tribunale di Bari (sentenza n. 1472/2025) affronta il tema del rapporto tra mediazione obbligatoria e chiamata in causa di terzi.

Il Tribunale pugliese, in una vicenda di responsabilità sanitaria, a fronte di una eccezione di improcedibilità della domanda per omessa mediazione, proposta dai sanitari, terzi chiamati in regresso dalla struttura convenuta, ha ribadito il principio accolto dalla giurisprudenza consolidata chiarendo che “l’obbligo del tentativo di mediazione non si estende alla chiamata in causa del terzo; di conseguenza, le domande rivolte nei confronti di questi soggetti non sono sottoposte ad alcuna condizione di procedibilità

Quest’ultima, infatti, costituisce una deroga all’esercizio di azione in giudizio previsto dall’art. 24 Cost., dovendo conseguentemente essere interpretata in senso restrittivo; per di più la eccezione di improcedibilità (art. 5 n. 2 D.Lgs 28/2010) è eccepita “dal convenuto, qualificazione che il codice di rito riferisce al destinatario della vocatio in ius da parte attrice” e che nella fattispecie, osserva il Tribunale, non aveva neppure esteso la domanda nei confronti dei sanitari terzi chiamati.

Oltretutto, prosegue la motivazione della decisione, risulterebbe incompatibile con il principio di ragionevole durata del processo il possibile esperimento “in tempi diversi e nell’ambito di uno stesso giudizio” di più procedimenti di mediazione per la inevitabile dilatazione dei tempi definitori della lite contraria alla esigenza di celerità e di efficiente amministrazione della giustizia che è, non va dimenticato, risorsa limitata.

Sul punto, conclude il Tribunale richiamando alcune pronunce (Trib. Mantova ord. 14/6/2016; Trib. Palermo ord. 27/2/2026 e Trib. Napoli sentenza n. 81/2023), va ricordato che la mediazione obbligatoria deve essere esperita “unicamente in relazione alle domande proposte dall’attore nei confronti del convenuto ma non con riguardo alle domande proposte da quest’ultimo nei confronti di terzi chiamati”

Si ritiene che la motivazione svolta sia sicuramente condivisibile stante la fattispecie concreta rimessa al vaglio diagnostico del Tribunale barese, nella quale la domanda verso il terzo è da ritenersi meramente dipendente / accessoria rispetto alla domanda principale rappresentandone una mera estensione quantitativa.

Altra ipotesi sussisterebbe qualora la domanda verso il terzo introducesse una nuova lite con oggetto e causa petendi autonomi rispetto alla domanda principale, nel qual caso la procedura di mediazione obbligatoria deve applicarsi anche alla nuova domanda, ovviamente se rientra nelle materie soggette previste nel D.Lgs. 28/2010.

Stesso discorso va svolto nel caso di litisconsorzio necessario, in cui tutti i litisconsorti debbono essere coinvolti ab origine nella mediazione, pena la necessità di  rinnovo della procedura.

Possono essere indicate altre pronunce, quale Trib. Verona 26/4/2021, secondo cui “se una parte, dopo aver esperito la mediazione obbligatoria, si limita ad ampliare il quantum della domanda, già oggetto di mediazione senza modificare gli elementi di diritto e nemmeno il nucleo dei fatti storici posti a fondamento di essa, la controversia non è soggetta a una nuova mediazione” e Trib. Roma 13/6/2023 n. 9450, che ribadisce la necessità di una simmetria tra i fatti narrati in sede di mediazione e quelli esposti in giudizio, pena la improcedibilità della domanda.

Può essere conclusivamente ricordata per la sua inerenza anche la pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. 7/2/2024 n. 3452) che ha sancito come la condizione di procedibilità della mediazione obbligatoria riguarda esclusivamente l’atto introduttivo del giudizio tra le parti originarie e non le domande riconvenzionali, “fermo restando che spetta al mediatore valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti e al giudice esperire il tentativo di conciliazione per l’intero corso del processo e laddove possibile”.

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