Cassazione: riconosciuto il diritto al buono pasto anche ai lavoratori turnisti del pubblico impiego per turni oltre le sei ore

di Gianluca Mariani

Stampa la pagina
foto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 25525/2025,  torna a pronunciarsi sul diritto al buono pasto nel pubblico impiego, con un’ordinanza che chiarisce definitivamente l’applicabilità del beneficio anche ai lavoratori turnisti. Il caso trae origine dal ricorso di quattordici infermieri dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina, esclusi dal servizio mensa durante i turni notturni per effetto di un regolamento interno che limitava l’erogazione dei buoni pasto al solo personale con rientro pomeridiano.

La Corte d’Appello di Messina aveva già riconosciuto il diritto dei ricorrenti a ricevere il buono pasto sostitutivo per ogni turno eccedente le sei ore, fondando la decisione sull’art. 29 del CCNL Sanità 2001 e sull’art. 8 del D.Lgs. 66/2003.

Tali norme prevedono che, superata la soglia delle sei ore lavorative, il dipendente pubblico abbia diritto a una pausa per la consumazione del pasto, indipendentemente dalla possibilità di accedere fisicamente alla mensa. Nel ricorso per cassazione, l’ASP di Messina ha contestato l’estensione del diritto ai turnisti, sostenendo che solo i lavoratori non turnisti, in grado di interrompere la prestazione, potessero beneficiare della pausa e quindi del buono pasto.

La Suprema Corte ha respinto tale impostazione, ribadendo un principio già consolidato nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 22478/2024, n. 32113/2022, n. 5547/2021): il buono pasto è un istituto di natura assistenziale, volto a tutelare il benessere psico-fisico del lavoratore, e non una voce retributiva o premiale.

La Corte ha chiarito che il diritto alla pausa pranzo, e quindi al buono pasto, sorge ogni qualvolta l’orario giornaliero superi le sei ore, senza che rilevi la natura turnista o meno del lavoro svolto.

Se la mensa non è fruibile per ragioni organizzative – come nel caso della continuità assistenziale – il lavoratore ha diritto al buono pasto sostitutivo.

I regolamenti aziendali non possono comprimere tale diritto, che trova fondamento non solo nella contrattazione collettiva, ma anche nella normativa nazionale. La decisione ha effetti rilevanti per tutto il comparto pubblico, estendendo il principio a contesti analoghi in cui la fruizione del servizio mensa è impedita da esigenze di servizio.

La Corte ha confermato la condanna dell’ASP al pagamento delle somme dovute ai lavoratori, riconoscendo il diritto al buono pasto per i turni eccedenti le sei ore, anche in assenza di accesso alla mensa.

Altri in DIRITTO

Potrebbe interessarti anche