ASSEGNO SOCIALE E STATO DI BISOGNO

di Corrado Spina

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La Corte di Cassazione con sentenza 13 marzo 2023 n. 7235,  fa luce su un argomento molto dibattuto in questa fase storica, quale l’Assegno Sociale.

L’istituto dell’Assegno Sociale venne previsto dall’art. 3 co.6 della  legge 8 agosto 1995 n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare),conosciuta come Riforma Dini, dal  nome del Presidente del Consiglio dei Ministri Lamberto Dini che ne fu il promotore.

Assegno sociale ha sostituito la pensione sociale

Essa sostituì la Pensione Sociale, altra prestazione assistenziale, che fino al 1995 veniva regolata dall’art. 26 della legge 30 aprile 1969 n. 153 del 1969.

Si ha diritto a ricevere  l’Assegno Sociale, pari a 503.27 Euro mensili, così come stabilito dalla Circolare Inps del 22 dicembre 2022 n. 135,quando si è in possesso dei  seguenti requisiti: a) 67 anni di età; b)stato di bisogno economico; c) cittadinanza italiana e situazioni equiparate (cittadini stranieri o apolidi titolari dello status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria); d) residenza effettiva in Italia; e) per i cittadini extracomunitari, dieci anni di soggiorno legale e continuativo in Italia. 

In ogni caso, oltre a tali requisiti, il richiedente per l’anno 2023 non deve percepire reddito superiori a 6.542,51 Euro  per  le persone sole e di 13.085,02Euro se coniugate.

Nella  fattispecie, di cui alla riferita sentenza della Corte di Cassazione, un signore in possesso dei requisiti previsti richiedeva all’Inps il riconoscimento del beneficio assistenziale, ma l’Inps negava il diritto.

A seguito di reiezione della domanda presentata in sede amministrativa, l’interessato adiva il Tribunale di Napoli, che rigettava il ricorso, reiezione confermata dalla Corte di Appello di Napoli.

La Corte di appello, in particolare, riteneva che il ricorrente, avendo in precedenza donato alla figlia i due immobili di cui era titolare, riservandosi su uno di essi il diritto di abitazione, avesse creato un nesso di causalità diretta e immediata rispetto alla sopravvenuta situazione di bisogno, di talché, oltre a non essere stato provato che la beneficiaria della donazione non fosse in grado di garantirgli alcun sussidio, la condizione di impossidenza doveva considerarsi frutto di una sua scelta volontaria, come tale preclusiva dell’accesso alla provvidenza.

Avverso tale pronuncia, l’interessato ricorreva in Cassazione e la Suprema Corte con la sentenza n. 7235/2023 riconoscevano il beneficio, in quanto il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale ex art. 3, co. 6, Legge n. 335/1995, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell'assenza di redditi o dell'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza che lo stato di bisogno debba essere anche incolpevole.

Inoltre la condizione di impossidenza può derivare anche  da una scelta volontaria avente ad oggetto la donazione di proprietà immobiliari che, astrattamente, avrebbero potuto essere fonte di reddito.

Infine, l’Inps nelle sue motivazioni non  indicava che la condotta del ricorrente poteva aver avuto quei connotati fraudolenti che da soli avrebbero potuto rilevare ai fini dell’esclusione del diritto all’assegno.

Pertanto, secondo il principio della Corte di Cassazione, ciò che rileva, ai fini del riconoscimento della prestazione, è la mera oggettività dello stato di bisogno, non rilevando né la colpevole causazione dello stesso né l’esistenza di ulteriori obbligati al mantenimento e/o agli alimenti.  

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