ACCESSO ALLE CURE PER I CITTADINI STRANIERI: UN CASO DI DISCRIMINAZIONE

di Chiara Pigato

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A partire dal 2019 si è sviluppato un interessante contenzioso in materia di discriminazione nell’accesso alle cure di alcune particolari categorie di cittadini stranieri.

La questione riguarda, in particolare, gli stranieri regolarmente residenti nella regione Veneto.

La discriminazione è data dalla circostanza che a fronte di un principio di parità con i cittadini italiani nell’ambito dell’accesso al Servizio Sanitario Nazionale, principio affermato dal Testo Unico Immigrazione all’art. 34 con riguardo a determinate categorie di cittadini stranieri, per alcuni di essi, appartenenti a tali categorie, la Regione Veneto ha stabilito con delibera regionale condizioni diverse e maggiormente onerose, in pieno contrasto con i principi dettati dalla normativa nazionale.

Ripercorriamo brevemente il quadro normativo che ci interessa.

La tutela della salute è materia di legislazione concorrente ai sensi dell’art. 117 della Costituzione.

Le condizioni di accesso al Servizio Sanitario Nazionale per cittadini stranieri sono riconducibili alla competenza statale, in particolare agli articoli 34 e 35 del Testo Unico Immigrazione.

L’art. 34 si rivolge ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti e ne distingue le condizioni di accesso al S.S.N. tra obbligatoria (e quindi gratuita) e volontaria (e quindi a pagamento), a seconda del permesso di soggiorno posseduto.

Disciplina, inoltre, le condizioni di accesso dei familiari a carico dei cittadini stranieri.

L’art. 35 disciplina le garanzie riservate alla popolazione straniera non regolarmente residente.

L’organizzazione dei servizi sanitari sul territorio è invece competenza regionale.

Nel 2012 il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno adottato l’Accordo tra Stato e Regioni, con lo scopo di coordinare le rispettive competenze e armonizzare l’applicazione delle norme in materia sanitaria nei confronti della popolazione straniera.

La Regione Veneto ha approvato la delibera n.753 del 2019 contenente all’Allegato A “Linee guida in materia di assistenza sanitaria ai cittadini appartenenti all’Unione Europea e ai cittadini extracomunitari”.

I cittadini stranieri ultrasessantacinquenni, genitori a carico di un cittadino italiano, in epoca precedente alla delibera del 2019 avevano garantita l’iscrizione gratuita e obbligatoria al S.S.N. (si noti che al contrario gli ultrasessantacinquenni stranieri, ma familiari di cittadino straniero, già dal 2008, a causa di una modifica dell’art. 29 del Testo Unico Immigrazione, non hanno diritto all’iscrizione gratuita al S.S.N., ma devono iscriversi volontariamente ed a pagamento).

La citata delibera 753/2019 dispone il medesimo trattamento per i genitori ultrasessantacinquenni dei cittadini italiani e per familiari ultrasessantacinquenni dei cittadini stranieri, applicando loro l’art. 29, co. 3 lett. d del Testo Unico Immigrazione, tramite una operazione di applicazione per analogia in peius vietata dalla legge.

Sulla base di tale previsione ,i distretti sanitari locali, su indicazione della Regione, dal 2019 iniziavano a rifiutare l’iscrizione gratuita, chiedendo invece l’iscrizione volontaria a pagamento, dando origine ad un ampio contenzioso tra privati e singole Aziende U.L.S.S., con l’intervento della Regione Veneto in alcuni giudizi.

Nella quasi totalità dei casi, all’esito del primo grado di giudizio sono stati riaffermati i principi dell’art. 34 del Testo Unico Immigrazione e della normativa in materia di familiari dei cittadini comunitari, che per espressa previsione del legislatore italiano si applica anche ai familiari dei cittadini italiani se più favorevole rispetto alle disposizioni del Testo Unico Immigrazione.

Vi è espressamente previsto un principio di parità di trattamento dei cittadini comunitari e dei loro familiari extracomunitari ai cittadini italiani negli ambiti di applicazione del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

I Tribunali di primo grado (e recentemente anche la Corte d’Appello) hanno inoltre stabilito che la delibera regionale è discriminatoria nella parte in cui richiede l’iscrizione volontaria a pagamento anche per i genitori ultrasessantacinquenni dei cittadini italiani, ordinando di conseguenza la disapplicazione della norma oggetto dei giudizi e, ove fosse stata effettuata l’iscrizione a pagamento, la restituzione delle somme.

Nel frattempo, nel 2021 la Giunta ha emesso una seconda delibera sul punto, la n. 578/2021, la quale ristabilisce, in via temporanea, l’iscrizione gratuita e obbligatoria, limitando però tale previsione al periodo necessario a giungere a un provvedimento giudiziale definitivo sul punto (si può immaginare che la Giunta regionale stia pensando a una sentenza della Corte di Cassazione).

Tuttavia tale modifica non è idonea ad eliminare la condotta discriminatoria, tanto che anche dopo la sua pubblicazione i Giudici di primo grado specificano che essa non può essere considerata alla stregua di attività di rimozione della discriminazione, prevedendo la possibilità di iscrizione gratuita solamente per un periodo di tempo circoscritto e condizionato all’esito della vicenda giudiziale.

L’ottemperanza delle Aziende U.L.S.S. della regione al principio ristabilito in giudizio è in fase di monitoraggio.

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