Storia della previdenza e assistenza forense

di Giuseppe Antonio Madeo

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La legge istitutiva prevedeva che all’ente fossero iscritti d’ufficio tutti gli Avvocati e Procuratori iscritti negli albi (ordinario, tenuto dai Consigli degli Ordini territoriali, speciale per i patrocinanti avanti alla Corte di Cassazione e altre giurisdizioni superiori, tenuto dal Consiglio Nazionale Forense) e che il finanziamento avvenisse prevalentemente mediante la corresponsione di un contributo annuale e di un contributo per ciascun giudizio e per ogni grado di giurisdizione (c.d. “marche Cicerone”, eliminate negli anni ’80 del secolo scorso). Quest’ultimo contributo, proprio per la caratterizzazione di ente previdenziale, non era ripetibile dalle parti. Con il successivo Regio Decreto 02.05.1935 n. 642 (“Organizzazione e funzionamento dell’ente di previdenza a favore degli Avvocati e dei Procuratori”) veniva fissata la sede legale in Roma e venivano disciplinati l’organizzazione e il funzionamento dell’ente, cui veniva espressamente riconosciuta personalità giuridica, con l’assoggettamento alla vigilanza del Ministro di Grazia e Giustizia di concerto con quello delle Finanze e quello delle Corporazioni.
Le prestazioni, a favore degli Avvocati e Procuratori che esercitavano effettivamente la professione o che avevano “abbandonato l’esercizio professionale per invalidità derivante da malattia, da vecchiaia o da qualsiasi altra causa”, venivano erogate in base al sistema contributivo (cioè la pensione è calcolata in base ai versamenti contributivi accantonati e capitalizzati mediante un tasso, unico o variabile, annualmente; il risultato di tale capitalizzazione - c.d. “montante finanziario dei contributi” - viene trasformato in Rendita Vitalizia, in base alle aspettative di vita media residuale) e consistevano in elargizioni di carattere temporaneo (in caso di necessità contingenti) e continuative (in caso di necessità permanenti per invalidità assoluta da malattia, da vecchiaia o da altra causa). Le famiglie degli Avvocati e dei Procuratori (coniuge superstite; figli; ascendenti; fratelli e sorelle, se viventi a carico) potevano ricevere solo delle elargizioni temporanee e nei casi di assoluta necessità e “nessuna erogazione” poteva essere disposta a favore delle famiglie trascorsi dieci anni dalla morte dell’iscritto” ad eccezione del caso in cui si trattava “del coniuge e dei figli minori”.


Nelle disposizioni transitorie e finali del suddetto decreto regio veniva stabilito, poi, che nel primo quinquennio di funzionamento l’ente poteva disporre erogazioni solo temporanee, con un limite di importo complessivo non superiore ad un terzo delle entrate accertate nell’anno precedente.
Il finanziamento dell’ente, oltre che –come sopra ricordato- con il contributo personale annuale (pagabile in tre rate: 10 aprile, 10 agosto e 10 dicembre) e il contributo per ciascun giudizio e per ogni grado di giurisdizione (c.d. “marche Cicerone”), derivava dalla corresponsione di una percentuale sulle retribuzioni percepite dagli iscritti per incarichi ricevuti dall’autorità giudiziaria, dai lasciti, dalle donazioni e dai redditi del patrimonio.
L’appena nato ente previdenziale era amministrato da un Consiglio, nominato con decreto dal Ministro di Grazia e Giustizia di concerto con i Ministri per le Finanze e per le Corporazioni, i cui tratti essenziali consistevano:
● durava in carica cinque anni e alla scadenza i componenti potevano essere rinnovati;
● era composto da un rappresentante per ciascun ministero vigilante (Grazia e Giustizia, Finanze e Corporazioni), dal Segretario del Sindacato Nazionale degli Avvocati e Procuratori (quest’ultimo organismo nel ventennio fascista aveva sostituito il Consiglio Nazionale Forense), da dieci Avvocati e Procuratori Legali (sei da scegliersi tra quelli proposti in numero doppio dal Sindacato degli Avvocati e Procuratori) e da un esperto;
● il Presidente (“ha la rappresentanza legale dell’ente”) e il Vice Presidente (“coadiuva il Presidente in tutte le attribuzioni a questo demandate e lo sostituisce in caso di assenza o di impedimento”) venivano nominati dal Ministro di Grazia e Giustizia e venivano scelti tra i dieci Avvocati o Procuratori Legali, componenti del Consiglio;
● Il Ministro di Grazia e Giustizia di concerto con i Ministri delle Finanze e delle Corporazioni poteva sciogliere il Consiglio di amministrazione quando non era in grado di funzionare regolarmente o per altri gravi motivi e contestualmente poteva nominare un Commissario Straordinario per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile sino ad un anno per gravi motivi, dopodiché il Consiglio doveva essere necessariamente ricostituito, con le modalità e composizione previste.


Il controllo sull’amministrazione avveniva mediante un Collegio dei Revisori dei Conti che durava in carica due anni, composto da tre membri effettivi (uno designato dal Ministro delle Finanze e uno designato dal Ministro delle Corporazioni) due supplenti (uno designato dal Ministro delle Finanze e uno designato dal Ministro delle Corporazioni), scelti tutti tra persone estranea alla categoria degli Avvocati e dei Procuratori e nominati dal Ministro di Grazia e Giustizia.
I Consigli dell’Ordine Circondariale degli Avvocati e Procuratori (allora denominati Sindacati), che come è noto sono istituiti presso ogni Tribunale, per espressa previsione normativa (art. 27) funzionavano come organi (distaccati) dell’ente di previdenza, in quanto “ricevono le istanze per erogazioni che siano loro presentate, e le rimettono con parere motivato al comitato: adempiano ai compiti loro demandati a norma del presente decreto e ad ogni incarico che sia loro affidato dagli organi centrali dell’ente. Possono anche, in casi d’urgenza, concedere erogazioni nei limiti e con le modalità che saranno stabiliti annualmente dal consiglio d’amministrazione”.
Annualmente venivano predisposti e, poi, approvati nelle riunioni ordinarie dal Consiglio d’Amministrazione i bilanci: preventivo (Novembre) e consuntivo (Aprile). Con il bilancio preventivo doveva essere determinata specificatamente sia l’importo destinato ad erogazioni temporanee (con l’assoluto vincolo all’esercizio finanziario in corso) che quello destinato ad erogazioni continuative. Il bilancio consuntivo, invece, conteneva sia il conto d’esercizio che un conto patrimoniale.
Ai componenti del Consiglio di Amministrazione e del Comitato non spettava alcun compenso, ma solo il rimborso delle spese di viaggio e soggiorno nel caso che risedessero fuori Roma e fossero estranei all’amministrazione dello Stato (art. 28).


Oltre al Consiglio di Amministrazione dell’ente era previsto un Comitato (sostanzialmente una sorta dell’attuale Giunta Esecutiva), presieduto dal Presidente o dal Vice Presidente, composto da tre rappresentanti dei Ministeri di Grazia e Giustizia, delle Finanze e delle Corporazioni e da tre altri membri nominati dal Consiglio medesimo, preferibilmente tra i propri componenti residenti in Roma, che provvedeva all’istruzione e alla decisione delle domande per le erogazioni temporanee o continuative.
In seguito, il regime e stato fascista, probabilmente e verosimilmente in considerazione dei mutamenti sociali, culturali ed economici del paese e delle conseguenti trasformazioni verificatesi anche nel mondo professionale forense, con la Legge 11.12.1939 n. 1938 (“Riforma dell’Ente di Previdenza a favore degli Avvocati e dei Procuratori”), attribuisce all’ente previdenziale anche l’assistenza. Questa veniva attuata secondo il principio della mutualità. Nell’art. 1 della suddetta legge, infatti, viene espressamente affermato che “La previdenza e l’assistenza, attuate secondo il principio della mutualità, costituiscono un dovere di solidarietà professionale fra gli Avvocati ed i Procuratori e rientrano nella disciplina delle professioni forensi, stabilite dallo stato fascista per gli interessi superiori della giustizia. A tali finalità provvede l’Ente di Previdenza fra Avvocati e i Procuratori, assicurando agli iscritti trattamenti di previdenza e di assistenza”.(1)
Con il Regio Decreto del 25.04.1940 n. 540 (“Norme di attuazione e di integrazione della Legge 11.12.1939 n. 1938, riguardante l’Ente di Previdenza a favore degli Avvocati e Procuratori”) venivano disciplinate la struttura, il funzionamento e la gestione finanziaria dell’ente medesimo, nonché le modalità e l’entità delle corresponsioni dei trattamenti previdenziali e assistenziali; quest’ultimi –come sopra ricordato- di carattere mutualistico.
Tra il 1940 e il primo semestre del 1948, a causa dei tragici e dolorosi eventi della seconda guerra mondiale, intervengono dei provvedimenti legislativi meramente interlocutori e finalizzati solamente all’aumento e alla determinazione del valore delle c.d. “marche cicerone” da versare in ciascun giudizio e in ogni stato e grado della giurisdizione (Legge 29.04.1943 n. 433 e Decreto Legislativo Luogotenenziale 12.04.1946 n. 445 e Decreto Legislativo 09.04.1948 n. 627).


In quest’ultimo provvedimento (Decreto Legislativo 09.04.1948 n. 627), però, le c.d. “marche cicerone” diventano ripetibili e sono espressamente poste a carico delle parti (art. 3: “Le marche di cui al presente decreto sono a carico delle parti”).
Nel secondo semestre dell’anno 1948 con il Decreto Legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 17.09.1948 n. 331 viene maggiormente e meglio disciplinata la composizione del Consiglio di Amministrazione (art. 1 – cinque Avvocati eletti nel proprio seno dal Consiglio Nazionale Forense, il quale designa fra essi il Presidente e il Vice Presidente, nonché da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri di Grazia e Giustizia, del Tesoro e del Lavoro e della Previdenza Sociale) e del Collegio dei Revisori dei Conti (art. 4 – da tre Avvocati, iscritti nell’Albo degli Avvocati di Roma, designati dal Consiglio Nazionale Forense, nonché di un rappresentante per ciascuno dei Ministeri di Grazia e Giustizia, del Tesoro e del Lavoro e della Previdenza Sociale, nonché due componenti supplenti, uno designato dal Consiglio Nazionale Forense e l’altro dal Ministero del Tesoro).


Istituzione

Terminata la fase immediatamente post bellica, il parlamento repubblicano, nel contesto sociale, economico e culturale proteso alla ricostruzione del paese sia dal punto di vista strutturale che dal punto vista delle dinamiche legislative e organizzative dei principi e dei capisaldi di uno stato democratico, emanava la Legge 08.01.1952 n. 6, con la quale veniva istituita la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore degli Avvocati e dei Procuratori (diretta antesignana dell’odierna e attuale Fondazione), avente sede in Roma e personalità giuridica di diritto pubblico, allo scopo di provvedere ai trattamenti di previdenza e assistenza.(2)


Nel corso degli anni sessanta e settanta con la Legge 05.07.1965 n. 798, viene istituita (art. 8) l’Assistenza Sanitaria a favore degli Avvocati e dei Procuratori Legali –e dei loro familiari a richiesta- da parte della Cassa, con gestione e contabilità separate rispetto alla gestione della Previdenza e dell’Assistenza e mediante la stipula di apposita convenzione con uno degli enti di diritto pubblico che provvedono all’assistenza contro le malattie. L’istituita Assistenza Sanitaria consisteva essenzialmente nell’assistenza ospedaliera, tanto medica che chirurgica, e negli accertamenti diagnostici di laboratorio e nelle cure fisiche. Con le successive Leggi 12.03.1968 n. 237, 12.03.1968 n. 410, 24.12.1969 n. 991, 19.05.1971 n. 395 e 22.07.1975 n. 319 (e suo Regolamento di Esecuzione emanato con D.M. 27.04.1976), intervengono tutta una serie di provvedimenti di riforma alla Legge 08.01.1952 n. 6, che, pur incidenti sia sui contributi che sui trattamenti erogati, non modificavano l’impianto generale dell’ente, eccezion fatta per la elezione, composizione e durata in carica del Comitato dei Delegati. Con tali ultimi provvedimenti (L. 22.07.1975 n. 319 e suo Regolamento di Esecuzione emanato con D.M. 27.04.1976), infatti, si passa dall’elezione indiretta al suffragio diretto dei Delegati sulla base di liste rigide concorrenti nell’ambito del collegio elettorale, comprendente uno o più distretti di Corte d’Appello, in ragione di uno ogni mille iscritti alla Cassa o frazione superiore a trecento e la durata in carica passa da due a quattro anni da computarsi dalla data di proclamazione.
Si arriva così [grazie anche al grande e paziente contributo scientifico-normativo dell’Avv. Dario Donella (già Presidente, seppure per un breve periodo, e più volte Consigliere d’Amministrazione e del Comitato dei Delegati del quale è attuale componente), in collaborazione con parlamentari (On. Raimondo Ricci) e altri Avvocati (Carlo Majno) appassionati e “specialisti” della materia previdenziale forense] alla grande riforma attuata con la Legge 20.09.1980 n. 576 (“Riforma del Sistema Previdenziale Forense”) che ancora oggi costituisce il perno fondamentale della Cassa Forense e al quale si sono ispirati anche gli altri enti previdenziali dei liberi professionisti.(3)


Privatizzazione ed autonomia

Negli anni novanta, iniziato il processo di privatizzazione (D.Lgs. 30.06.1994 n. 509, preceduto dalla Legge 24.12.1993 di accompagnamento alla finanziaria del 1994) degli enti previdenziali dei liberi professionisti, conseguenza dei mutamenti sociali e forse soprattutto della situazione economica italiana, grandemente condizionata dal debito pubblico, come altri enti previdenziali di categoria, la Cassa Forense, nell’intento di evitare di confluire nel sistema generale dell’INPS o di una costituenda Cassa Nazionale Unica di Previdenza per tutti i liberi professionisti e attratta dalla liberazione dei vincoli e controlli pubblici sulla gestione e nella prospettiva di recuperare efficienza e funzionalità, dopo lunga e approfondita discussione, con l’approvazione con Decreto Interministeriale (Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale e Ministro del Tesoro) 28.09.1995 dello Statuto e Regolamento Generale si è trasformata in Fondazione di diritto privato, rinunciando all’ombrello protettivo dello Stato che vi si è spogliato così delle responsabilità e obblighi che gli derivavano dall’art. 38 della Carta Costituzionale.
In capo al nuovo ente previdenziale privatizzato, però, permangono una serie di tratti pubblicistici e in buona sostanza non si è concretizzata ancora appieno l’autonomia normativa, atteso che in materia la legge guida è costituita dalla “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare” (L. 08.08.1995 n. 335).(4)
Successivamente nel corso degli anni duemila la Cassa Forense ha adottato una serie di modifiche regolamentari e ha proceduto alla riforma dello Statuto (approvato con Decreto Interministeriale del 23.12.2003) per rendere la struttura e l’organizzazione più snella e più moderna, al fine di garantire i compiti istituzionali cui è proposta [art. 2 dello Statuto: a) assicurare agli avvocati che hanno esercitato la professione con carattere di continuità ed ai loro superstiti un trattamento previdenziale in attuazione dell'art. 38 della Costituzione ed in conformità a quanto previsto dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti; b) erogare assistenza a favore degli iscritti indicati nell'art. 6 e dei loro congiunti, nonché di altri aventi titolo, secondo quanto previsto dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti; c) gestire forme di previdenza integrativa nell’ambito della normativa generale vigente] agli attuali e futuri Avvocati.


Per rispondere a quest’ultima esigenza e necessità, soprattutto in conseguenza di quanto stabilito con l’art. 1, comma 763, della Legge 27.12.2006 n. 296 e con il Decreto Interministeriale del 29.11.2007, è stata varata la recente riforma strutturale del sistema previdenziale forense (con la modifica del “Regolamento per le prestazioni previdenziali” e del “Regolamento dei contributi”, approvati dal Comitato dei Delegati il 19.09.2008 e riapprovati con Delibera del medesimo Organo il 05.12.2009 a seguito delle recepite osservazioni, formulate il 25.11.2009 dal Ministero del Lavoro, il quale, poi, con Nota del 18.12.2009 l’ha approvata definitivamente, tanto è vero che la medesima è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31.12.2009 n. 303 e dal 01.01.2010 la riforma è in vigore).
Tale percorso riformatore, preceduto da alcune riforme parziali e “parametriche” degli anni 2006 e 2007,(5) ha consentito e consente il raggiungimento di due fondamentali e imprescindibili obiettivi che, poi, costituiscono l’humus della riforma medesima: a) l’equilibrio economico-finanziario dei bilanci tecnici per un lunghissimo periodo e, quindi, la sicurezza di potere corrispondere ed erogare anche alle future generazioni i trattamenti pensionistici e assistenziali; b) scongiurare il pericolo che i ministeri vigilanti, in mancanza dell’equilibrio economico-finanziario per un periodo inferiore a trenta anni, nominassero un commissario straordinario con l’eventuale successiva messa in liquidazione della Cassa Forense.(6)
Varata e ottenuta l’approvazione della suddetta riforma previdenziale forense, per certi versi “rivoluzionaria” e comunque anticipatoria di alcuni istituti (pensione modulare – pensione anticipata) non solo rispetto ad altri enti previdenziali privati ma anche rispetto a quelli pubblici (INPS – INPDAP) gli organi della Cassa, forse illusoriamente, pensavano, quantomeno per un certo periodo di tempo, di potersi dedicare con tranquillità ad altri aspetti del sistema che pure necessitavano e necessitano di cambiamenti e riorganizzazione: l’assistenza agli iscritti, la funzionalità e la struttura dell’ente, pur consapevoli, però, che il processo riformatore era ancora in atto e che bisognava rimanere attenti sui pericoli incombenti sulla Cassa Forense, al fine di fronteggiarli prontamente e scongiurare di perderla e finire nell’istituto previdenziale pubblico.


Pericoli che, purtroppo, sono divenuti stringenti e attuali a distanza di pochissimo tempo dall’entrata in vigore della riforma (01.01.2010) con l’art. 24, comma 24, del D.L. 06.12.2011 n. 201, convertito in L. 22.12.2011 n. 214 (7) e si è dovuto correre ai ripari e varare alcune modifiche alla riforma del 2008-2010 e, in particolare, al Regolamento dei contributi e al Regolamento delle prestazioni. Modifiche che consentiranno di raggiungere l’obiettivo di stabilità di cinquanta anni, imposto dalla normativa sopra richiamata, e garantire il futuro previdenziale degli iscritti, soprattutto di quelli più giovani. Le modifiche approvate, nel rispetto del pro-rata e pur conservando l’attuale sistema retributivo corretto, avvicinano questo vieppiù al sistema contributivo e consistono: a) nella fissazione, nel rispetto del pro rata, di un unico coefficienti di rendimento per il calcolo della pensione (1,40%) in luogo di due (1,50% - 1,20%); b) nell’adeguamento dell’aliquota del contributo soggettivo annuo a carico degli iscritti del reddito professionale Irpef entro il tetto massimo pensionabile, fissato al 14% dal 01.01.2013, al 14,50% dal 01.01.2017 e al 15% dal 01.01.2021; c) nella conferma del contributo di solidarietà a carico dei pensionati che proseguono nell’attività professionale, fissato precedentemente nella misura del 7% del reddito professionale Irpef entro il tetto massimo pensionabile; d) nella conferma del contributo integrativo, precedentemente fissato nella misura del 4% del volume d’affari dichiarato ai fini Iva; e) nella conferma della contribuzione modulare volontaria dall’1% al 10% del reddito professionale Irpef entro il tetto massimo pensionabile per la c.d. pensione modulare, cioè una quota di pensione aggiuntiva calcolata con il sistema contributivo.

Avv. Giuseppe A. Madeo – Delegato di Cassa Forense

 

 

 

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