Procedimento disciplinare - sanzioni
22/01/2013
Stampa la paginaTale normativa, desiderata e aspettata da tutta l’Avvocatura da tantissimo tempo, volta che la precedente disciplina risaliva agli anni 1933-1934 (R.D.L. 27.11.1933 n. 1578 “Ordinamento delle professioni di Avvocato e di Procuratore” e R.D. 22.01.1933 n. 37 “Norme integrative e di attuazione del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578 sull’Ordinamento delle professioni di Avvocato e di Procuratore”) tra le molteplici novità (concernenti l’accesso, la pratica, l’esame di abilitazione, la formazione, le specializzazioni, i compensi professionali, la pubblicità, l’assicurazione per la responsabilità civile obbligatoria, le forme associative e societarie di esercizio professionale, gli Ordini territoriali e il Consiglio Nazionale Forense) ha profondamente e radicalmente modificato, sia le norme sul procedimento disciplinare, sia il regime sanzionatorio, ispirandosi per il primo al fondamentale principio costituzionale (art. 111) della terzietà e imparzialitàdel Giudice (oltre che al principio del contraddittorio), con l’introduzione e l’istituzione di un originale organismo (Consigli Distrettuali di Disciplina) e per il secondo a una maggiore tipizzazione. Ma al di là degli aspetti tecnici-normativi, va senza dubbio posto in evidenza e sottolineato, in modo chiaro e reciso, che questa legge ha cancellato da un lato l’ideologica accusa di una giustizia domestica e dall’altro quella ignominiosa diffidenza e sfiducia nei confronti dei professionisti forensi che promanava dal D.P.R. 07.08.2012 n. 137 (“Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148”) e, in particolare e nello specifico, dall’art. 8 (“Disposizioni sul procedimento disciplinare delle professioni regolamentate diverse da quelle sanitarie”) che prevedeva l’istituzione, presso i Consigli degli Ordini territoriali, di Consigli di Disciplina, con compiti di istruzione e decisioni delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti, i cui componenti dovevano essere “nominati dal presidente del tribunale nel cui circondario hanno sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti consigli dell'ordine”.
Sfiducia e diffidenza del tutto ingiustificata e immeritata, perché quantomeno da molti anni a questa parte quasi tutti gli Ordini territoriali, a seguito dell’emanazione del Codice di Deontologia 17.04.1997, si sono dati, anche su base distrettuale o regionale, dei regolamenti che assicuravano la terzietà e l’imparzialità dei procedimenti disciplinari. Ma tornando al presente tema e prima di passare all’esame e a un primo sommario e veloce commento delle disposizioni del procedimento disciplinare (e delle sanzioni), va necessariamente premesso che il regolamento di attuazione per l’istituzione dei Consigli Distrettuali di Disciplina Forense deve essere approvato dal Consiglio Nazionale Forense, sentiti gli Ordini Circondariali, fermo restando i principi fondamentali stabiliti nell’art. 59 della Legge 31.12.2012 n. 247 che richiama pure espressamente, per quanto non specificatamente previsto, le norme del codice di procedura penale, se compatibili.
POTERE DISCIPLINARE
Mentre la disciplina previgente (atteso che quella stabilita dal D.P.R. 07.08.2012 n. 137 non è stata attuata mai, stante la mancata emanazione dell’apposito regolamento) prevedeva che la potestà disciplinare, nei confronti degli Avvocati (e dei Praticanti) “che si rendono colpevoli di abusi o mancanze nell’esercizio della loro professione o comunque di fatti conformi e al decoro professionale” (art. 38 RDL 1578/1933) apparteneva ai Consigli dell’Ordine, la Legge 31.12.2012 n. 247, all’art. 50, stabilisce, invece, che “il potere disciplinare appartiene ai CONSIGLI DISTRETTUALI DI DISCIPLINA FORENSE”. Tale nuovo e terzo e imparziale organismo (posto che è stabilita all’art. 29, comma 10, della L. 247/2012, l’incompatibilità tra la carica di Consigliere dell’Ordine e componente del Consigliere Distrettuale di Disciplina e, all’art. 50, comma 3, della medesima legge, è previsto che “non possono fare parte delle sezioni giudicanti membri appartenenti all’Ordine a cui è iscritto il professionista nei confronti del quale si deve procedere”) è composto da “membri eletti su base capitaria e democratica, con il rispetto della rappresentanza di genere” (art. 51 Cost.) e il numero complessivo “è pari a un terzo della somma dei componenti dei Consigli dell’Ordine del distretto”.
PROCEDIBILITÀ
Il procedimento disciplinare ieri poteva e oggi può essere instaurato d’ufficio ad iniziativa del Consiglio dell’Ordine Circondariale o su richiesta dell’autorità giudiziaria o a seguito della presentazione al Consiglio dell’Ordine di un esposto o una denuncia. L’iniziativa officiosa del Consiglio dell’Ordine Circondariale, attualmente, pare discendere dall’art. 50, comma 4, della L. 247/2012, laddove recita “o vi è comunque una notizia di illecito disciplinare” e dall’art. 51, comma 3, della medesima legge che prevede che “l’autorità giudiziaria è tenuta a dare immediata notizia al Consiglio dell’Ordine competente quando nei confronti di un iscritto: a) è esercitata l’azione penale; b) è disposta l’applicazione di misure cautelari o di sicurezza; c) sono effettuati perquisizioni o sequestri; sono emesse sentenze che definiscono il grado di giudizio”.
Consiglio dell’Ordine che deve invitare l’iscritto a presentare deduzioni difensive nel termine di venti giorni e trasmettere gli atti al Consiglio Distrettuale di Disciplina (competente esclusivo per ogni ulteriore atto procedimentale) che espleta la propria attività mediante sezioni, composte da cinque titolari e da tre supplenti.
COMPETENZA TERRITORIALE
La competenza per territorio, come per il passato, nella nuova legge ordinamentale, fermo restando il principio della prevenzione (determinata dall’iscrizione a cura del Presidente del Consiglio Distrettuale di Disciplina della notizia di illecito disciplinare nell’apposito registro riservato, ai sensi dell’art. 58 della L. 247/2012), è concorrente o duplice, nel senso che “è competente il Consiglio Distrettuale di Disciplina del distretto cui è iscritto l’Avvocato o il Praticante oppure del distretto nel cui territorio è stato compiuto il fatto oggetto di indagine o di giudizio disciplinare”.
La competenza, invece, per l’esecuzione della sanzione e anche per la sospensione cautelare, così come nel sistema previgente, è quella del Consiglio dell’Ordine al cui albo o registro è iscritto l’incolpato (art. 62, comma 3, della L. 247/2012), con la previsione che il Presidente del Consiglio dell’Ordine ne cura i relativi adempimenti, per quanto concerne la comunicazione all’incolpato, ai capi degli Uffici Giudiziari del Distretto, ai Presidenti dell’Ordine del Distretto e a tutti gli iscritti all’Ordine dello stesso iscritto, oltre che fare affiggere la medesima negli uffici del Consiglio dell’Ordine.
FASE ISTRUTTORIA PRE-PROCEDIMENTALE
La fase dell’istruttoria pre-procedimentale con la nuova legge professionale, è stata specificatamente normata, dando così attuazione uniforme alla prassi seguita da quasi tutti i Consigli dell’Ordine. L’art. 58 della Legge 31.12.2012 n. 247 stabilisce, infatti, che il Presidente del Consiglio Distrettuale di Disciplina, ricevuta la notizia di illecito disciplinare e provveduto alla relativa iscrizione nell’apposito registro riservato, qualora ravvisi la manifesta infondatezza richiede al Consiglio l’archiviazione. Nel caso non sia disposta l’archiviazione e in tutti gli altri casi, il Presidente designa la commissione giudicante e nomina il Consigliere Istruttore (figura comparabile e sovrapponibile a quella del P.M. in sede penale) che, quale responsabile per la fase pre-procedimentale, deve comunicare all’iscritto, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’avvio di tale fase, con l’indicazione di ogni elemento utile e l’invito a fornire per iscritto, entro trenta giorni, osservazioni, evidentemente di carattere difensivo. Il Consigliere Istruttore (che, è bene rilevare e sottolineare ulteriormente, non può fare parte del collegio giudicante), inoltre, provvede nel termine di sei mesi dall’iscrizione della notizia di illecito discipline ad ogni accertamento di natura istruttoria (anche tale termine di natura processualpenalistico, sostanzialmente insisteva come prassi e come autoregolamentazione di molti Consigli dell’Ordine) e, all’esito, deposita il fascicolo e propone al Consiglio Distrettuale di Disciplina “motivata richiesta di archiviazione o di approvazione del capo di incolpazione” che delibera in sua assenza. Dell’avvenuta archiviazione viene notiziato il Consiglio dell’Ordine, l’iscritto e il soggetto che ha dato luogo alla notizia di illecito disciplinare.
PROCEDIMENTO
Quando, invece, il Consiglio Distrettuale di Disciplina approvi il capo di incolpazione lo comunica, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, all’incolpato e al Procuratore della Repubblica, ove ha sede lo stesso Consiglio Distrettuale di Disciplina.
La comunicazione all’incolpato deve contenere, oltre alla data della delibera del capo di incolpazione, il capo di incolpazione con le generalità dell’incolpato e il numero cronologico del procedimento, l’addebito e l’indicazione delle norme violate, con l’avviso che, nel termine di venti giorni dal ricevimento, può compiere tutta una serie di attività defensionali (accedere ai documenti contenuti nel fascicolo per prenderne visione ed estrarne copia integrale; depositare memorie e documenti e di essere interrogato dal Consigliere Istruttore, con l’assistenza del difensore, eventualmente nominato). Trascorso il termine di venti giorni o espletato l’interrogatorio richiesto dall’incolpato, il Consigliere Istruttore, nel caso in cui, anche all’esito delle difese proposte, non ritenga di proporre l’archiviazione, chiede al Consiglio Distrettuale di Disciplina la citazione a giudizio. Questa deve essere notificata, a mezzo Ufficiale Giudiziario, all’incolpato e al Procuratore della Repubblica (che ha facoltà di presenziare all’udienza), ove ha sede lo stesso Consiglio Distrettuale di Disciplina, almeno trenta giorni liberi prima della data di comparazione, e deve contenere, oltre alle generalità dell’incolpato e l’enunciazione in forma chiara e precisa degli addebiti, con l’indicazione delle norme violate, l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora di comparizione per il dibattimento, con l’avvertimento della possibilità di essere assistito da un difensore e che in caso di mancata comparizione non dovuta a legittimo impedimento si procederà in assenza dell’incolpato stesso. Nella citazione a giudizio deve essere, altresì, formulato l’avviso all’incolpato del diritto di produrre documenti e indicare testimoni entro il termine di sette giorni prima della data del dibattimento (sostanzialmente una riproduzione dell’art. 468 c.p.p.) e deve contenere l’elenco dei testimoni che il Consiglio di Disciplina intende ascoltare. Per lo svolgimento della fase processuale vera e propria, l’art. 59 della L. 247/2012 riproduce sostanzialmente le norme del codice di procedura penale, con la precisazione che, conclusa la discussione, il dispositivo del provvedimento (deliberato a maggioranza con prevalenza del voto del Presidente in caso di parità) viene immediatamente letto alle parti e contiene anche l’indicazione del termine per l’impugnazione.
La motivazione, invece, deve essere depositata entro il termine di trenta giorni dalla lettura del dispositivo che, in caso di motivazioni complesse, può essere aumentato fino al doppio. La copia integrale della decisione del Consiglio di Disciplina deve essere notificata all’incolpato, al Consiglio dell’Ordine presso cui lo stesso è iscritto, al Procuratore della Repubblica e dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, ove ha sede il Consiglio Distrettuale di Disciplina.
DECISIONE
Il procedimento disciplinare, come sopra descritto, si conclude con una decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina che può essere del seguente tenore: a) proscioglimento, con la formula “non esservi luogo a provvedimento disciplinare”; b) richiamo verbale, non avente carattere disciplinare, nei casi di infrazioni lievi e scusabili; c) irrogazione di una sanzione disciplinare (avvertimento – censura – sospensione dall’esercizio della professione da due mesi a cinque anni – radiazione).
IMPUGNAZIONI
L’art. 61 della nuova legge professionale prevede che le decisioni del Consiglio Distrettuale di Disciplina sono impugnabili, entro trenta giorni dal deposito, avanti all’apposita sezione disciplinare del Consiglio Nazionale Forense: a) dall’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità; b) per ogni decisione, dal Consiglio dell’Ordine presso cui è iscritto l’incolpato, dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore Generale ove ha sede il Consiglio Distrettuale di Disciplina. Il Procuratore della Repubblica e il Procuratore Generale ove ha sede il Consiglio Distrettuale di Disciplina, possono proporre impugnazione incidentale entro venti giorni dalla notifica del ricorso proposto dall’incolpato che, in ogni caso, sospende l’esecuzione del provvedimento. Anche per la sospensione cautelare è prevista la possibilità di impugnazione, avanti alla sezione disciplinare del Consiglio Nazionale Forense,, da parte del solo interessato nel termine di venti giorni.
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Nel corpo delle norme relative al procedimento disciplinare e, precipuamente, agli artt. 54, 55, 56 e 57 della Legge 31.12.2012 n. 247 sono disciplinati in modo specifico: a) il rapporto con il processo penale, con la previsione della possibile sospensione a tempo determinato (non superiore a due anni), pur stabilendo e ribadendo chiaramente sia l’autonomia del procedimento disciplinare che l’obbligo legale per il Consiglio Distrettuale di Disciplina di informare l’autorità giudiziaria qualora dai fatti posti alla sua attenzione emergano estremi di reato; b) la computazione della pena accessoria penale interdittiva dell’esercizio professionale in quella della corrispondente sanzione disciplinare della sospensione dell’esercizio della professione; c) la riapertura del procedimento disciplinare, a richiesta dell’interessato o d’ufficio, con relativa pronuncia o di proscioglimento o di valutazione disciplinare, allorquando concluso il procedimento disciplinare, con l’irrogazione di una sanzione disciplinare e per gli stessi fatti l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di assoluzione (perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto), con la pronuncia di proscioglimento e l’autorità giudiziaria ha emesso sentenza di condanna per un reato non colposo fondata su fatti rilevanti per l’accertamento della responsabilità disciplinare; d) la prescrizione dell’azione disciplinare, prevista nel termine massimo di sei anni (nel sistema previgente era di cinque anni) salvo il caso di riapertura del procedimento a seguito di condanna per un reato non colposo per il quale il termine massimo è di due anni dalla data di passaggio in giudicato della sentenza; e) l’interruzione del termine di prescrizione e i relativi anni atti, con la previsione che dall’interruzione ricomincia a decorrere un nuovo termine della durata di cinque anni; f) il divieto di cancellazione, sin dal momento in cui gli atti disciplinari sono inviati al Consiglio Distrettuale di Disciplina. L’art. 63 della nuova disciplina, invece, ribadisce i poteri ispettivi da parte del Consiglio Nazionale Forense, sia nei confronti dei Consigli dell’Ordine territoriali per i procedimenti in corso, sia nei confronti dei Consigli Distrettuali di Disciplina, con la possibilità di nominare appositi Ispettori che redigono una relazione di quanto riscontrato, formulando osservazioni e proposte.
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SANZIONI
La nuova legge dell’ordinamento professionale forense, come anticipato sopra, ha maggiormente tipizzato disciplinando, sia le sanzioni disciplinari (art. 53), eliminando una volta per tutte quella sanzione ibrida della Cancellazione dall’Albo per il periodo di cinque anni, sia la sospensione cautelare (art. 60) che può essere irrogata per un periodo non superiore ad un anno (modificabile d’ufficio o a richiesta dell’interessato, qualora anche per circostanze sopravvenute non risulti essere adeguata ai fatti commessi) e perde comunque efficacia, qualora nel termine di sei mesi dall’irrogazione, il Consiglio Distrettuale di Disciplina non pronunci il provvedimento sanzionatorio oppure automaticamente nel caso in cui il Consiglio Distrettuale di Disciplina pronunci “non esservi luogo a provvedimento disciplinare” o irroghi la sanzione dell’avvertimento o della censura.
Le sanzioni disciplinari, ora previste, sono quindi: l’Avvertimento, la Censura, la Sospensione e la Radiazione.
AVVERTIMENTO: consiste nell’informazione all’iscritto che la sua condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e con l’invito ad astenersi in futuro dal compiere altre infrazioni; esso può essere comminato se il fatto contestato non è grave e il giudizio prognostico è positivo.
CENSURA: consiste nel biasimo formale circa il comportamento dell’iscritto, quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti e il comportamento successivo inducono a una valutazione prognostica tale da far ritenere che non incorrerà in altre infrazioni.
SOSPENSIONE: la legge 247/2012, nell’abolire la sanzione della cancellazione per cinque anni, ha riformulato, inglobando sostanzialmente questa nella sospensione che consiste nell’esclusione dall’esercizio della professione o del praticantato per un periodo temporale che va da un minimo di due mesi a un massimo di cinque anni; essa si applica per i comportamenti e le responsabilità gravi, allorché non sia possibile irrogare la censura in quanto non vengono ritenute sussistenti le relative condizioni (grado di responsabilità, i precedenti e il comportamento successivo inducono a una valutazione prognostica tale da far ritenere che non incorrerà in altre infrazioni).
RADIAZIONE: consiste nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco o registro ed è impeditiva dell’iscrizione a qualsiasi altro albo, elenco o registro (salvo la possibilità, prevista all’art. 62, comma 10, di nuova iscrizione decorsi cinque anni dall’esecutività del provvedimento sanzionatorio, purché non sia trascorso un anno successivo alla scadenza dei cinque anni); essa è irrogata per violazioni considerate molto gravi e tali da rendere incompatibile la permanenza dell’iscrizione.
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Si auspica che il Consiglio Nazionale provveda in tempi ristretti all’emanazione del relativo regolamento e che faccia chiarezza in alcune zone d’ombra e farraginosità del procedimento disciplinare, delle sanzioni e dell’istituzione dei Consigli Distrettuali di Disciplina.
Avv. Giuseppe Antonio Madeo - Delegato di Cassa Forense