MINIMI TARIFFARI INDEROGABILI PER L’AVVOCATO

di Leonardo Carbone

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Dopo l’abrogazione dei minimi tariffari  ad opera del d.l. n.223/2006 (c.d. decreto Bersani) – abrogato dall’art.12 della l. 21.4.2023 n.49 -  e la conseguente “brutta” esperienza delle c.d. liberalizzazioni, il legislatore - e la giurisprudenza della Suprema Corte -, hanno, sia pure gradualmente, ripristinato il diritto dell’avvocato – ma anche di tutti i professionisti -  ad un compenso non inferiore alle tabelle parametriche  approvate dal Ministero (l’ultimo decreto per gli avvocati è il dm n.147/2022), a tutela sia della dignità e decoro del professionista, ma anche a  garanzia  del cliente per una migliore qualità delle prestazioni professionali.

Infatti, la Suprema Corte ha affermato (Cass. 5 maggio 2023 n.11788) che ai fini della liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all’avvocato nel rapporto col proprio cliente, in caso di mancata determinazione consensuale, come ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, nella vigenza dell’art.4, comma 1, del d.m. n.55 del 2014, come modificato dal d.m. n.37 del 2018, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate ai decreti parametrici.

Occorre infatti ricordare che in caso di apposita convenzione avvocato/cliente sul compenso, tale pattuizione  prevale sulle tabelle parametriche in quanto i parametri si applicano quando il compenso non è stato determinato in forma scritta.

Tale decisione non fa che confermare le precedenti decisioni della Suprema Corte, in cui si afferma che in assenza di diversa convenzione tra le parti, ove la liquidazione dei compensi professionali e delle spese di lite avvenga in base ai parametri di cui al dm n.55/2014, a seguito delle modifiche apportate allo stesso dal dm n.37/2018, non è dato al giudice scendere al di sotto dei valori minimi, in quanto aventi carattere inderogabile (Cass. 13 aprile 2023 n. 9815;Cass. 22 gennaio 2021, n. 1421; Cass. 13 aprile 2021 n.9690).

Occorre evidenziare, altresì, che il dm n.147/2022 ha “privato” il giudice della eccessiva discrezionalità nella liquidazione del compenso all’avvocato prevedendo un’unica percentuale volta a regolare gli aumenti e le diminuzioni dei valori medi base dei parametri, ma anche eliminando l’espressione “di regola” ove prevista nel decreto araetrico.

Aggiungasi che la legge 21.4.2023 n.49 (legge sull’equo compenso)  con l’art.12  abroga l’art.2, comma 1, del d.l. n.223/2006, conv. in l. n.248/2006 (“A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge,…..la lettera a) del comma 1 dell’articolo 2 del decreto legge 4 luglio 2006, n.223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n.248, sono abrogati”), che aveva abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l’obbligatorietà di tariffe fisse e minime.

   Le riferite disposizioni legislative e regolamentari (l.n.49/2023; d.m. n.37/2018) e la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, con il ripristino di tariffe minime inderogabili per i professionisti, hanno restituito dignità all’Avvocatura e garantito una maggiore qualità delle prestazioni professionali.


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