LA CERTIFICAZIONE VERDE NEGLI STUDI PROFESSIONALI: OBBLIGHI, PROBLEMI E POSSIBILI SOLUZIONI

di Rosario Salonia

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Il D.L.  127 / 2021, ha introdotto l’obbligo generalizzato di essere in possesso della certificazione verde, detta “Green pass”, dal 15 ottobre fino alla data del 31 dicembre 2021  per poter accedere a tutti i luoghi di lavoro.

La finalità del DL 127/2021 è quella di fronteggiare l’emergenza COVID-19 attraverso:

a) l’adeguamento del quadro delle vigenti misure di contenimento;

b) l’estensione dell’impiego delle certificazioni verdi COVID-19 all’accesso ai luoghi di lavoro pubblici e privati.

Partendo dal presupposto che si tratta di un obbligo generalizzato non può sussistere alcun dubbio sul fatto che, anche i liberi professionisti e, in particolare, per quanto qui interessa, gli avvocati, siano tenuti al relativo rispetto per quel che concerne  lo svolgimento, all’interno dello studio professionale, della propria attività sia di quella dei rispettivi dipendenti, praticanti, collaboratori, associati o soci.

Di contro, non sussiste analogo obbligo per l’accesso agli uffici giudiziari per gli avvocati e gli altri difensori, i consulenti, i periti e gli altri ausiliari del magistrato estranei alle amministrazioni della giustizia, i testimoni e le parti del processo (cfr. Art. 9-septies, comma 8, DL 52/2021).

Lo studio professionale è  il luogo ove, ai sensi del comma 1 dell’art. 9-septies del DL 52/2021, viene svolta l’attività lavorativa libero professionale e per farvi accesso è fatto obbligo a tutti, interni ed esterni, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2.

L’obbligo non dovrebbe ricorrere se lo studio professionale è organizzato all’interno della propria abitazione e se il professionista non ha dipendenti o praticanti e collaboratori che lo frequentano.

Diversamente, nei casi in cui l’attività è svolta altrove, anche senza dipendenti, praticanti, collaboratori, associati o soci, l’obbligo in esame sussiste.

Come per le altre categorie di datori di lavoro, anche il professionista è, quindi, tenuto a verificare, giornalmente, il possesso della certificazione verde da parte del personale interno ed esterno che accede allo studio.

Per ciò che riguarda l’accesso dei clienti agli studi professionali, recenti FAQ del governo - seppur in ambiti lavorativi differenti -  hanno affermato come non sia necessario il controllo del Green Pass.

Più sono grandi le relative dimensioni, maggiore è la necessità di strutturare un adeguato sistema di controlli giornalieri che, a seconda dei casi, deve formare oggetto di appositi incarichi agli addetti/e alla segreteria o alla reception, ove il servizio sia svolto anche da società terze.

La delega deve essere nominativa nonché completa di tutte le necessarie istruzioni sull'esercizio dell'attività di verifica.

Il processo di verifica delle certificazioni verdi, ai sensi di quanto previsto dal D.P.C.M. del 17 giugno 2021, dovrà avvenire attraverso l’utilizzo dell’App “VerificaC19” che consente unicamente di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione, nonché di conoscere le generalità dell’intestatario, senza rendere visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione non comportando, in alcun caso, la raccolta dei dati personali.

Il rispetto di tali disposizioni può apparire eccessivo laddove calato su realtà di ridotte dimensioni dove, in forza dei rapporti interpersonali esistenti, sono note le scelte e gli orientamenti individuali in materia di vaccinazione.

Tuttavia, tenuto conto dell’applicazione delle sanzioni amministrative previste nel caso in cui non vengano adottate le dovute misure organizzative entro il 15 ottobre 2021 o, ove adottate, vengano omessi i controlli, è opportuno che tutti gli obblighi in esame siano rispettati.

Come per i datori di lavoro pubblici e privati, anche i liberi professionisti sono, infatti, soggetti, in caso di accertamento, al pagamento di una sanzione amministrativa di importo da 400,00 a 1000,00 Euro che, in caso di reiterata violazione, è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima.

Occorre chiarire quali possano essere le conseguenze per i singoli professionisti degli studi, distinguendo tra collaboratori, associati o soci e personale amministrativo.

Non vi è alcun dubbio, che in relazione a questi ultimi, si dovranno applicare le disposizioni contenute nell’art. 9-septies del D.L. n. 52/2021.

Conseguentemente, il personale amministrativo dipendente, che risulti privo della certificazione verde al momento dell’accesso nel luogo di lavoro, sarà considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della suddetta certificazione, senza diritto alla retribuzione o qualsiasi altro emolumento ma con diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Diversamente, le suddette disposizioni non sono invece applicabili, in ragione della natura autonoma e non subordinata del loro rapporto di lavoro, nei confronti di coloro che rivestono il ruolo di collaboratori, associati o soci all’interno di uno studio professionale e che siano sprovvisti della certificazione verde.

Con specifico riferimento ai collaboratori o associate, counsel, partner, junior, senior, special ecc., si potrebbe ipotizzare  una sospensione del rapporto, senza corresponsione del compenso, fino alla presentazione della suddetta certificazione verde, sia il recesso dall’attività professionale ai sensi dell’art. 1464 c.c..

Il Tribunale sez. lav. – Modena, relativamente al personale sanitario, si è espresso sul punto con sentenza 23/07/2021, n. 2467”, in linea con quanto espresso dalla Corte di Cassazione nella Rel. N. 56, 8 luglio 2020.

Il tirocinio svolto dal praticante avvocato, che consiste in un addestramento teorico e pratico ai sensi dell’art. 41 della L. n. 247/2021, può essere ricondotto all’attività formativa richiamata dall’art. 9-septies del D.L. n. 52/2020 per la quale è previsto l’obbligo di essere in possesso della certificazione verde per accedere ai luoghi di lavoro.

Pertanto, nell’ipotesi di mancato possesso della certificazione verde, il titolare dello studio sarebbe legittimato a sospendere il tirocinio professionale in attesa di ricevere la predetta certificazione al pari di quanto già avvenuto durante il periodo emergenziale a causa delle restrizioni governative.

Il discorso si fa più complicato quando si tratta di professionisti legati da un vincolo associativo o societario, non costituendo, quanto meno sinora, causa di esclusione dalla compagine associativa o sociale la violazione del suddetto obbligo di possesso della certificazione verde.

In questi casi, tenuto conto che le sanzioni applicabili andrebbero a gravare sull’associazione professionale o sulla società tra professionisti è molto probabile che vengano raggiunti specifici accordi sia sulle modalità di svolgimento della prestazione professionale sia, in mancanza, sull’imputazione all’associato o al socio della sanzione applicata.

Il tema, tuttavia, in caso di contagio è molto delicato, anche sotto il profilo, della responsabilità ex art. 2087 c.c. che graverebbe sull’Ente che non ha impedito l’accesso dell’associato o del socio al luogo di lavoro.

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