L’ANNO CHE VERRÀ
17/04/2021
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La Corte costituzionale concede un anno di tempo al Parlamento per intervenire sull’ergastolo ostativo
La Corte costituzionale si è riunita il 15 aprile per esaminare la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione in relazione alla vigente disciplina sul cosiddetto ergastolo ostativo nella parte in cui preclude l’accesso alla liberazione condizionale ai condannati, per reati commessi nell’ambito della criminalità organizzata di tipo mafioso, che non abbiano collaborato con la giustizia.
Dal comunicato stampa si apprende che la Corte costituzionale ha giudicato l’attuale disciplina ostativa «in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo». Tuttavia, posto che «l’accoglimento immediato delle questioni rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata», la Corte ha stabilito di rinviare la trattazione della questione a maggio 2022 per consentire al legislatore di intervenire nel frattempo.
In attesa del deposito dell’ordinanza che consentirà una più approfondita valutazione della pronuncia, si può intanto osservare quanto segue.
Con questa decisione la Corte costituzionale ha affermato espressamente l’illegittimità costituzionale del regime penitenziario laddove impedisce agli ergastolani di accedere alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione.
Già la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, con sentenza del 7 ottobre 2019 aveva ritenuto contraria al principio della dignità umana di cui all’art. 3 la previsione di un rigido automatismo che impedisce all’ergastolano non collaborante di ottenere la liberazione condizionale.
Pochi giorni dopo, con pronuncia del 23 ottobre 2019, la Corte costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario sotto un diverso profilo. E precisamente, nella parte in cui impedisce che siano concessi i permessi premio ai condannati che con collaborino con la giustizia anche se abbiano fornito prova di partecipazione al percorso rieducativo e siano stati acquisiti elementi tali da escludere l’attualità della partecipazione all’associazione criminosa.
È pacifico, dunque, che l’attuale disciplina dell’ergastolo ostativo è incompatibile sia con le norme convenzionali sovranazionali sia con la Carta costituzionale. E ciò perché, la mancanza di collaborazione non coincide necessariamente con un legame ancora attuale con la criminalità, posto che il silenzio può essere dovuto al timore di ritorsioni su familiari o alla scelta morale di non coinvolgere terze persone.
Per converso, il solo fatto di collaborare, potendo costituire una mera scelta opportunistica, non prova automaticamente il ravvedimento dell’ergastolano. Pertanto, devono essere i magistrati di sorveglianza a valutare caso per caso se la mancata collaborazione sia indice di una vicinanza ancora attuale alla sfera criminale o se invece sia dovuta a ragioni che non inficiano il giudizio positivo sul percorso penitenziario compiuto.
Di conseguenza, il rigido automatismo normativo, che impedisce all’ergastolano non collaborante di ottenere i benefici premiali o la riduzione della pena perpetua attraverso la liberazione condizionale, confligge con i principi costituzionali. È innegabile infatti che la carcerazione tombale, privando il detenuto della possibilità di reinserirsi nel contesto sociale, è in contrasto con la finalità rieducativa della pena.
In definitiva, l’affermazione in ordine alla illegittimità costituzionale della disciplina ostativa con riferimento alla liberazione condizionale è coerente con i principi già in precedenza sottolineati dalla Corte stessa.
Tuttavia, mentre in relazione alla negazione dei permessi premio agli ergastolani non collaboranti, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, con la recente pronuncia riguardante la liberazione condizionale la Corte non ha emesso alcuna declaratoria di illegittimità, limitandosi a posticipare di un anno la decisione. Anche nel noto caso giudiziario Cappato la Corte costituzionale aveva rinviato l’udienza di trattazione relativa alla illegittimità dell’art. 580 c.p. sollecitando il Parlamento ad intervenire nella materia. Trascorso un anno nell’inerzia del legislatore, la Corte Costituzionale ha poi dichiarato l’illegittimità dell’art. 580 c.p. con una sentenza additiva attraverso la quale sono state dettate le condizioni di non punibilità dell’aiuto al suicidio.
Peraltro, mentre nel caso Cappato la Corte aveva escluso in linea generale l’incompatibilità dell’incriminazione dell’aiuto al suicidio con la Costituzione, in questo caso ha invece affermato esplicitamente che la disciplina ostativa è incostituzionale.
In pratica, il nostro ordinamento attualmente contiene una norma che pur essendo incostituzionale è destinata ad essere applicata sino a quando il Parlamento non provvederà a riformare l’ordinamento penitenziario. Come traspare dallo stesso comunicato stampa, la Corte ha evitato la declaratoria di illegittimità incostituzionale per evitare di creare un vuoto normativo nel sistema del contrasto alla criminalità organizzata. Si tratta dunque di ragioni dettate dal delicato equilibrio tra i diritti dei detenuti e la necessità di non compromettere la lotta alla mafia.
Tuttavia, per gli ergastolani che da decenni seguono un percorso di riabilitazione con la speranza di uscire dal carcere attraverso la liberazione condizionale non dev’essere facile comprendere tali ragioni e accettare che la detenzione si protragga sulla base di una norma incostituzionale. Inoltre, qualora sopraggiunga la morte, il trascorrere di un altro anno impedirà di uscire dal carcere ai detenuti che avrebbero potuto beneficiare della liberazione condizionale.
In conclusione, accogliendo il monito della Corte, il Parlamento deve modificare l’ordinamento penitenziario in modo conforme a quelli che sono principi costituzionali e di civiltà giuridica. Ed è necessario che intervenga quanto prima perché per tutti, ma soprattutto per gli ergastolani, tempus fugit irreparabile.
Avv. Lorena Puccetti - Foro di Vicenza