IL PARERE DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE SULLA PARCELLA E LA C.D. TASSA DI OPINAMENTO

di Leonardo Carbone

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Il parere del Consiglio dell’Ordine sulla parcella e la c.d. tassa di opinamento: soggetto obbligato al pagamento

Il professionista di norma si rivolge al Consiglio dell’Ordine per ottenere il visto di congruità sulla parcella, sia perché il cliente contesta la parcella (o il cliente stesso chiede il visto del Consiglio dell’Ordine sulla parcella), sia perché richiede compensi eccedenti il massimo previsto nel parametro, sia per chiedere decreto ingiuntivo per il recupero delle competenze.

Il parere del Consiglio dell’Ordine sulla parcella corrisponde a una funzione istituzionale dell’Ordine in vista degli interessi degli iscritti e della dignità della professione, nonché dei diritti dei clienti, ed è volto a impedire richieste di onorari sproporzionati e inadeguati all’obiettiva importanza dell’opera professionale.

Occorre evidenziare che il cliente non può chiedere al Consiglio dell’Ordine un parere di congruità sulla nota redatta dal suo difensore, in quanto la richiesta, a norma della Legge n. 247/2012 può essere inoltrata solo dall’iscritto all’albo, a nulla valendo il carattere pubblico del richiedente l’opinamento della parcella diverso dal professionista, né il Consiglio dell’Ordine è tenuto a comunicare al cliente  che è in corso procedimento sulla congruità della parcella promosso dall’avvocato.

Il cliente non ha un interesse attuale e concreto all’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo del parere del Consiglio dell’Ordine di liquidazione del compenso per prestazioni professionali, parere richiesto dall’avvocato per una procedura monitoria, atteso che tale parere ha la sola funzione di precostituire la prova scritta necessaria per la proposizione di tale procedura e non è vincolante per il giudice.

Dopo l’abrogazione delle tariffe si è posto il problema se l’abrogazione delle tariffe ha determinato il venir meno del potere del Consiglio dell’Ordine sulla congruità della parcella, problema risolto dalle  sezioni unite della Suprema Corte, che con sentenza 8 luglio 2021 n. 19247, ha affermato  che

l’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, il quale sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla l. n. 247/2012 e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi”.

In caso di contestazione della parcella, è l’avvocato che deve dare la prova del suo diritto, e quindi, delle prestazioni professionali effettuate. Infatti, incombono sul professionista i relativi oneri probatori ex art. 2697 cod. civ., ove vi sia contestazione da parte del cliente in ordine alla effettività ed alla consistenza delle prestazioni eseguite: il professionista ha, quindi, l’onere probatorio in ordine tanto all’attività svolta quanto alla corretta applicazione della pertinente tariffa (Cass. 22 marzo 2016 n. 5612).

Il giudice non è vincolato dal parere di congruità espresso dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati (Cass. 22 ottobre 2019 n. 26860); il parere del Consiglio dell’Ordine, che solo attesta la conformità in astratto della parcella ai parametri, non vincola, quindi, il giudice circa l’effettività della prestazione (Cass. 29 maggio 2008, n. 14443). Ne consegue, quindi, che nell’ordinario processo di cognizione spetta al professionista fornire la prova dell’effettività delle prestazioni prestate e al giudice il potere – dovere di verificarne la fondatezza di fronte alla contestazione anche generica da parte del cliente (Cass.18 giugno 2018 n.15930).

L’avvocato che richiede al Consiglio dell’Ordine il parere su una parcella è obbligato a pagare (al Consiglio stesso) la tassa parere (o c.d. tassa di opinamento), che il Consiglio stabilisce ai sensi dell’art. 7, comma 2, Legge 23 novembre 1944, n. 382, per il rilascio dei pareri.

In ordine al soggetto cui fa carico la c.d. tassa di opinamento, le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere da porre a base della richiesta di decreto ingiuntivo nei confronti del cliente, seguono il criterio della soccombenza, con la conseguenza che restano a carico del professionista stesso, ove il parere sia dedotto a sostegno di una pretesa giudicata infondata.

Le spese sostenute dal professionista per ottenere il parere del Consiglio dell’ordine devono restare a carico dello stesso ove tale parere sia dedotto a sostegno di pretesa giudicata infondata; tale principio deve essere applicato in tutti i casi in cui il decreto ingiuntivo adottato sulla base del parere sia revocato e la controversia venga decisa all’esito del giudizio di opposizione con il parziale accoglimento della pretesa del difensore (Cass. 9 agosto 2022 n. 24481); la spesa in questione, quindi, resta a carico del professionista ove la relativa pretesa sia in tutto, ovvero in parte, infondata.

 


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