Equo compenso. Nulle le clausole che creano squilibrio contrattuale tra avvocati e clienti “forti”

di Laura Iannotta

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Il disegno di legge mira a tutelare , ex art. 1 , “l’equità del compenso degli avvocati iscritti all’albo nei rapporti contrattuali con soggetti diversi dai consumatori o dagli utenti di cui all’art.3, comma 1, lett.a), del decreto legislativo n.206 del 2005”.
La legge definisce l’equo compenso quale “corresponsione di un compenso proporzionale alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto, alle caratteristiche della prestazione legale , anche tenuto conto dei compensi previsti dal decreto del Ministro della Giustizia , adottato ai sensi dell’art.13-comma 6-della legge 31 dicembre 2012 n. 247.
Ad essere indicate all’art.2 del disegno di legge sono le clausole che, all’interno della convenzione stipulata tra un avvocato e uno dei clienti forti, come definiti dall’art. 1, “ determinano un successivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente prevedendo un compenso non equo”.


Vengono così individuate le clausole che si presumono vessatorie e che consistono:
a-    Nella riserva al committente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto
b-    Nell’attribuzione al committente della facoltà di recedere dal contratto senza congruo preavviso
c-    Nell’attribuzione al committente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto
d-    Nell’attribuzione al committente della facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l’avvocato deve prestare a titolo esclusivamente gratuito
e-    Nell’anticipazione delle spese della controversia a carico dell’avvocato
f-    Nella pattuizione di clausole che impongano all’avvocato la rinuncia al rimborso delle spese
g-    Nella pattuizione di termini di pagamento superiori ai sessanta giorni dalla data di ricevimento da parte del committente della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente
h-    Nella pattuizione che, in ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del committente, preveda che al legale sia riconosciuto solo il minor importo previsto in convenzione, anche nel caso che le spese liquidate siano state in tutto o in parte corrisposte o recuperate dalla parte
i-    Nella pattuizione che, in ipotesi di nuova convenzione sostitutiva di altra precedentemente stipulata col medesimo committente, preveda che la nuova disciplina sui compensi si applichi , se inferiore a quella prevista nella precedente convenzione, anche agli incarichi pendenti o, comunque , non ancora definiti e/o fatturati.
Qualsiasi clausola vessatoria stipulata in violazione di quanto indicato è nulla, nullità che può essere rilevata d’ufficio dal giudice ; per il resto il contratto con il committente rimane valido.
La proposta di legge si propone la tutela del lavoratore autonomo e del professionista affinchè ottengano un giusto compenso nel rispetto del principio sancito dall’art.2233 del codice civile, secondo il quale “ la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.


La modifica mira a dare attuazione ai principi costituzionali in materia lavoristica, con riferimento alla categoria dei lavoratori autonomi e dei professionisti , poiché la Carta Costituzionale nel riferirsi al lavoro e all’uguaglianza dei cittadini , non ha certo inteso estromettere la tutela di tale categoria. Senza un’equa retribuzione non c’è dignità per il lavoratore.
Condivisione alle dichiarazioni del Ministro della Giustizia “tuteliamo gli avvocati o resteremo indifesi” rilasciate nel corso di un’intervista su La 7, inerente la sua proposta di legge per l’equo compenso “ per evitare che le grandi assicurazioni o le grandi banche strozzino dei ragazzi che si sono messi sul mercato e cercano di fare la professione”; naturalmente sono solo due esempi citati dei c.d. ”poteri forti”, non individuando la proposta di legge tali “poteri” e lasciando così aperta l’individuazione di detta categoria, senza volerne, correttamente, limitare il campo e l’applicazione.
Nel pieno rispetto dell’art.35 della Carta Costituzionale che attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, e dell’art.36 che attribuisce al lavoratore il diritto ad una retribuzione proporzionata al lavoro svolto ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.


Avv. Laura Iannotta - Presidente Unione Nazionale Camere Civili

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