E' illegittimo il contributo minimo?

di Giovanni Cerri - Alessandro Di Battista

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Tra le prime decisioni di particolare interesse viene all’attenzione l’ordinanza 4 aprile 2015 del Giudice del Lavoro del Tribunale di Udine che ha giudicato il ricorso [1] di un avvocato recentemente iscritto d’ufficio da CF che, con la tutela ex art. 700 c.p.c., reclamava la sospensione cautelare della delibera della G.E. 28.11.2014 relativa alla sua iscrizione d’ufficio all’ente previdenziale che gli imponeva, peraltro, un obbligo contributivo in misura fissa minima per gli anni 2014 e 2015. Nel caso di specie il ricorrente ha ben illustrato i profili di illegittimità della delibera di iscrizione che si fondavano sulla violazione di principi costituzionali [2] e sovranazionali [3]che, però, alla prova dei fatti, non hanno soddisfatto il giudicante che, non solo, ha rigettato il ricorso cautelare per mancanza dei requisiti del fumus e del periculum ma si è anche misurato, nemmeno troppo incidentalmente, sul merito della pretesa riconoscendo legittima la previsione della prestazione contributiva minima approvata da CF con il regolamento ex art. 21 L. n. 247/2012 [4].
La Carta Costituzionale è stata il faro che ha guidato il Giudice del lavoro nel decidere il ricorso. Il Magistrato, con apprezzabile sintesi argomentativa, ha sicuramente fatto buon governo dei principi costituzionali soppesando sapientemente pesi e contrappesi legati agli interessi in discussione, alla norma giuridica ed alla realtà sociale.
Il Magistrato afferma la riconducibilità del sistema previdenziale forense alla solidarietà di categoria che ancora alla piena rispondenza dei principi fondamentali di cui all’art. 2 Cost. (adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà, politica, economica e sociale) e di quello etico-sociale di cui all’art. 38 Cost. (obbligatorietà della previdenza di primo pilastro).


Non secondario ed anzi sintomatico il richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 132/1984 che ritenne ravvisare nell’esercizio professionale una (pur minima) manifestazione di capacità contributiva e dunque, venendo alla stretta attualità, il Giudice friulano ritiene non possa dubitarsi della violazione dell’art. 53 Cost. attesa la limitata entità della prestazione contributiva richiesta all’iscritto. Aggiunge il Giudice che l’obbligo previdenziale non può essere considerato dalla legge un presupposto condizionante la legittimità dell’esercizio della professione quanto piuttosto la conseguenza del presupposto dell’imposizione contributiva che discende dal detto esercizio.
Da ultimo, seppur al fine di non ritenere fondato il periculum, il Giudice afferma che il principio di irripetibilità dei contributi versati, paventato dal ricorrente, debba riferirsi soltanto a quelli legittimamente richiesti e versati sicché non opererebbe nell’ipotesi in cui la richiesta fosse di natura indebita.
Non si dimentichi infine che l’Ente previdenziale, sottoposto ai controlli statuali, non può e non deve perdere di vista la sostenibilità finanziaria che si regge con l’apporto necessario di tutti gli iscritti, anche con il versamento del contributo di solidarietà da parte di due categorie di avvocati che appunto da tali versamenti “supplementari” non ritraggono alcun sinallagma: quelli con redditi oltre il “massimale” e quelli pensionati in attività.
Il ricorrente, come accennato, ha poi invocato la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2010/C83/02 30.3.2010 Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea) reputando che gli art. 15 (libertà professionale e diritto al lavoro) e 21 (non discriminazione) fossero incompatibili con l’art. 21 commi 8 e 9 L. n. 247/2012, su cui il Giudice nemmeno ha ritenuto necessario misurarsi.
Orbene, a parere di chi scrive, ammesso e non concesso che semmai il diritto comunitario può prevedere una maggiore tutela, non si dimentichi dapprima l’art. 52 della Carta sull’ermeneutica interpretativa [5], ma soprattutto che proprio nella Carta dei diritti fondamentali trovano albergo, almeno con pari dignità, al titolo IV i principi solidaristici e nello specifico gli articoli 34 sulla sicurezza e assistenza sociale e 35 protezione della salute, principi tutti che CF pare aver preservato ed esaltato, a vantaggio di tutta la platea degli iscritti, con il regolamento delegato ex art. 21 L. n. 247/2012.


Non si deve appunto dimenticare che CF oltre ad assicurare a tutti gli iscritti l’assistenza, l’indennità di maternità ed altre prestazioni previdenziali di tipo solidaristico, ha previsto le ulteriori agevolazioni per gli iscritti percettori di redditi al di sotto dei parametri (art. 9 del regolamento), l’esonero temporaneo (art. 10), la norma transitoria e quella dell’area di applicazione (artt. 12 e 13) che davvero consentono di ritenere che CF abbia usato con prudenza la leva della contribuzione graduandola e rendendola davvero duttile e flessibile con riferimento alle specifiche condizioni reddituali degli iscritti consentendo di ritenere pienamente raggiunto l’obiettivo della “Cittadinanza previdenziale” con pari dignità per tutti gli iscritti dove i principi di solidarietà, anche intergenerazionale e di genere, prevalgono sul crudo sinallagma più proprio di sistemi di tipo contributivo.
La conoscenza della disciplina del sistema previdenziale forense, con la possibilità di aderire all’iscrizione, con la facoltà di ottenere la sospensione temporanea e con le altre forme di flessibilità è dunque il primo passo per costruire il proprio percorso previdenziale, nel rispetto del senso di appartenenza al ceto forense e lungi da gretti egoismi e ricerche del particolare.
Forse, dopo aver scomodato sì alti principi, potrebbe valer la pena concludere richiamando il mito perenne di Antigóne [6] dove il conflitto si ripropone ogni volta che l'applicazione della regola giuridica si misura con la realtà sociale e con una valutazione etica.

Avv.ti Giovanni Cerri e Alessandro Di Battista - Delegati di Cassa Forense



[1] Depositato in data 17.2.2015.

[2] Divieto di prestazioni personali o patrimoniali ex art. 23 Cost.; violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività di cui all'art. 53 Cost. - atteso che la prestazione contributiva minima era indipendente dal reddito professionale effettivamente prodotto ed era altresì irragionevole e retroattiva - nonché il precetto di cui all'art. 33 Cost., potendo il libero esercizio della professione forense essere collegato unicamente al superamento dell'esame di Stato.

[3] Artt. 15 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

[4] Definitivamente approvato con nota ministeriale del 7 agosto 2014 e pubblicato sulla G.U. 20 agosto 2014.

[5] Eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

[6]Sofocle ha rappresentata la tragedia di Antigóne nel 442 a.C.

 

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