Cassa Forense non è pubblica

di Marcello Adriano Mazzola

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Invero, come noto le Casse previdenziali sono divenute private ed autonome a far data dal 1994 con il D.lgs. 509/1994, con cui hanno assunto personalità giuridica di diritto privato (1).
Da ultimo abbiamo segnalato la svolta importante costituita dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, Decisione 12 settembre 2013, causa C-526/11 che offrirebbe solide argomentazioni per smentire le già irragionevoli motivazioni adottate dai giudici di Palazzo Spada, proni a tutelare la scelta dello Stato di aggredire surrettiziamente l’autonomia delle Casse al solo fine di fare “cassa”. A spese però dei contribuenti professionisti intellettuali (nella nostra fattispecie avvocati) che si disegnano e finanziano da soli il proprio futuro previdenziale e assistenziale.
Infatti, la diabolica volontà di considerare a giorni alterni le Casse previdenziali private come pubbliche (private nel non finanziarle in alcun modo salvo poi ritenerle pubbliche e assoggettarle a spending review e a tassazione abnorme sulle rendite finanziarie) è un vero e proprio obbrobrio. E certamente non solo giuridico.
Un obbrobrio verso il quale l’AdEPP prima e Cassa Forense poi non possono rimanere indifferenti, nella strenua difesa della salvaguardia della integrità dei contributi versati per alimentare la previdenza e l’assistenza, soprattutto alla luce di un periodo così drammaticamente grave per i professionisti intellettuali.
La lettura del Giudice Amministrativo (come sovente accade) fortunatamente non è confermata dal Giudice Ordinario. L’occasione sovrana è recente ed offerta da almeno due provvedimenti recenti.


Nel primo il tribunale capitolino (Trib. Roma, sez. II, G.U. Carpinella, 16 ottobre 2013, Equitalia Sud spa c. Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense) scrive chiaramente che “Il D.Lgs. 509/1994 vieta agli enti di previdenza privatizzati di usufruire di finanziamenti pubblici in via diretta e indiretta (art. 1, comma 3) e, in caso di disavanzo, non prevede un intervento pubblico di ristabilimento dell’equilibrio con immissione di risorse pubbliche, ma l’apertura della liquidazione gestita da un liquidatore di nomina governativa.”.
Nel secondo caso, sempre il tribunale capitolino (Trib. Roma, sez. VI, G.U. Imposimato, ord. 31 ottobre 2013, Bartoletti + altri c. Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Ragionieri e Periti commerciali) scrive altrettanto chiaramente che “parrebbe doversi negare la qualifica di “ente pubblico previdenziale” alla Cassa odierna resistente, con la conseguente inapplicabilità delle disposizioni legislative in tema di dismissione del patrimonio degli enti pubblici, previdenziali e non. (…) parrebbe doversi affermare che la CNPR abbia acquisito lo status di associazione privata che essendo peraltro finalizzata alla gestione di un “pubblico servizio” nonché di interessi di pubblico rilievo, è soggetta alle forme di vigilanza”. In tal percorso la brillante giudice capitolina richiama proprio la sentenza Cons. St., 28 novembre 2012, n. 6014, evidenziando i suoi passaggi contraddittori, nonché una illuminante pronuncia del giudice di legittimità (Cass. S.U., n. 10132/12) passata inosservata.
Principi che devono essere sottoscritti. Parole talmente lineari e limpide che appunto sono state disattese dai giudici di Palazzo Spada.

Avv. Marcello Adriano Mazzola - Delegato di Cassa Forense

 

 

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