SALVA CASA: NOVITÀ SU RIGENERAZIONE URBANA E IMMOBILI STORICI
06/09/2024
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Le misure previste dalla legge di conversione in materia di ambiente e variazioni essenziali su immobili sottoposti a vincolo storico e paesistico
Il Decreto legge 29 maggio 2024, n. 69 (cd. Decreto Salva Casa), recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica” è stato approvato il 24 luglio dal Senato con voto di fiducia - e quindi convertito in legge - dopo i numerosi interventi di modifica in Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici (commissione referente) della Camera dei Deputati confluiti nel testo approvato dalla stessa Camera e inviato al Senato.
La novella legislativa, nel complesso, modifica e riscrive in più parti le norme contenute nel d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Il provvedimento è articolato in cinque articoli, a fronte dei quattro del disegno di legge originario, e pone al centro il tema della tutela e sostenibilità ambientale se si considera che la modifica introdotta all’art. 1, comma 2, prevede che le entrate derivanti da talune disposizioni introdotte nel Testo Unico in materia edilizia (TUE) siano destinate ad interventi vari in materia ambientale.
Nel dettaglio, infatti, si contempla la fattispecie che le entrate derivanti dall’applicazione di alcune previsioni del TUE siano utilizzate, in misura pari ad un terzo, per la demolizione delle opere abusive presenti sul territorio comunale nonché per la realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana.
Tali interventi possono essere finalizzati sia all’incremento dell’offerta abitativa, sia alla riqualificazione di aree urbane degradate, sia al recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione ma anche per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale ovvero per il consolidamento di immobili per la prevenzione del rischio idrogeologico.
E’ centrale quindi il tema della rigenerazione da leggersi in uno scenario urbano complessivo, generale e non settoriale, che connette le città le quali devono divenire sempre più contenitori culturali ma anche sociali perché la riqualificazione passa anche dal contrasto delle diseguaglianze (sociali) e dai divari nell’accesso alle opportunità dei cittadini.
Sugli immobili la novella interviene per uniformare la disciplina in materia di difformità edilizie, rispetto alle quali vi sono competenze nazionali, regionali e comunali.
La ratio della legge di conversione è snellire alcune procedure amministrative e consentire la compravendita dei beni che presentano parziali difformità ma sono conformi agli standard urbanistici (a causa di irregolarità formali), e che in taluni casi ostacolano gli interventi di riqualificazione impedendo sia la valorizzazione del patrimonio immobiliare nazionale sia gli interventi di ristrutturazione.
E’ prevista, quindi, una procedura semplificata per le difformità cd. “formali” e lievi ossia quelle derivanti da incertezze interpretative della normativa vigente rispetto alla dimostrazione dello stato legittimo dell’immobile.
Rispetto agli immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali la novella prevede una procedura semplificata anche al fine di uniformare la disciplina in materia di parziali difformità edilizie preso atto che tale disciplina è regolamentata in maniera differente dalle Regioni.
La legge di conversione, infatti, interviene anche sulle “variazioni essenziali” al progetto approvato e stabilite dalle Regioni, ai sensi dell’articolo 32, comma 1, del TUE (DPR 380/01), tenuto conto che l’essenzialità ricorre esclusivamente al verificarsi di alcune tassative condizioni ([1]).
La lettera d-bis) dell’art.1 (del decreto legge convertito) sopprime l’articolo 32, comma 3 (parte seconda), del Testo Unico in materia edilizia per cui la procedura semplificata, per cui non è più necessaria la doppia conformità, trova applicazione anche per le anche alle "variazioni essenziali" per tali immobili su citati.
Il presupposto, tuttavia, è che si tratti di difformità lievi. Non si applicano le novità della procedura semplificata, invece, in caso di totale difformità; fattispecie in cui trova applicazione la vecchia norma.
La previsione, tuttavia, non è escluso che possa creare - nella fase attuativa - delle difficoltà applicative e di interpretazione tanto rispetto alle procedure di autorizzazioni paesaggistiche quanto rispetto agli interventi specifici per gli immobili con vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico stante le previsioni contenute nel Codice dei Beni Culturali e le competenze delle Soprintendenze.
Il nodo, infatti, a parere della scrivente, attiene proprio alla definizione di “variazioni essenziali” nonché alla operatività delle norme contenute in più testi di legge, che disciplinano tali fattispecie e che saranno da leggersi in combinato disposto, salvo la necessità di correttivi.
Tra le novità vi sono le previsioni per l’ottenimento del certificato di abitabilità o di agibilità per le unità immobiliari e gli edifici pubblici assistiti dai benefici previsti dalla legislazione nazionale a favore delle zone devastate dalla catastrofe del Vajont del 9 ottobre 1963.
([1]) Le condizioni sono indicate al comma 1 dell’art. 31, TUE «a) mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968; b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato; c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza; d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito; e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali. ».