CINA E AI: SENTENZA APRE AL COPYRIGHT SULLE OPERE DELL'IA
28/02/2025
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Il 27 novembre 2023 il Tribunale di Internet di Pechino (Beijing Internet Court o BIC) ha emesso una sentenza di fondamentale importanza in materia di diritto d'autore sulle opere generate dall'intelligenza artificiale (IA). Si tratta della prima pronuncia in Cina a riconoscere la tutela del copyright a un'immagine creata con l'ausilio di un software di IA, nell'ambito del caso Li vs. Liu.
La decisione affronta tre questioni cruciali:
1. se l'immagine generata dall'IA possa essere qualificata come opera d'arte protetta dal diritto d'autore cinese;
2. se la titolarità del copyright spetti all'utente che ha utilizzato il modello di IA o al progettista del modello stesso;
3. se la condotta contestata, consistente nella pubblicazione non autorizzata dell'immagine da parte del convenuto, integri una violazione del diritto d'autore.
Qualificazione dell'immagine generata dall'IA come opera d'arte
Il primo nodo ermeneutico che la corte è chiamata a sciogliere attiene alla possibilità di sussumere l'immagine oggetto di causa nella nozione di opera tutelabile ai sensi della legge cinese sul diritto d'autore.
A tal fine, il tribunale fa applicazione dell'art. 3 della predetta legge, il quale subordina la qualifica di opera alla sussistenza dei seguenti requisiti:
1. appartenenza ai campi della letteratura, dell'arte o della scienza;
2. possesso di originalità;
3. idoneità ad essere estrinsecata in una determinata forma espressiva;
4. costituire il risultato di un'attività intellettuale.
Mentre i primi due presupposti vengono ritenuti pacificamente integrati, stante l'assimilabilità dell'immagine, sul piano della forma espressiva e dell'appartenenza al campo artistico, a una foto o un dipinto tradizionale, il tribunale dedica una più approfondita disamina agli elementi del "risultato intellettuale" e dell'"originalità".
La nozione di "risultato intellettuale" viene identificata nel prodotto di un'attività mentale umana. Nel caso di specie, la corte ravvisa tale attività in tutte le fasi che hanno condotto dall'ideazione alla realizzazione finale dell'immagine. L'attore ha infatti selezionato oltre 150 parole chiave (prompt), organizzandone la sequenza e impostando specifici parametri, per poi continuare a perfezionare e modificare prompt e parametri fino a quando l'output generato non è risultato corrispondente alle sue aspettative. Questi passaggi dimostrano, ad avviso del tribunale, che l'immagine è stata creata in virtù degli input intellettuali forniti dall'attore.
Quanto all'"originalità", essa postula che l'opera rifletta l'espressione personalizzata dell'autore. Anche sotto questo profilo, la corte ritiene che le scelte compiute dall'attore in ordine a prompt, parametri e selezione dell'output finale trascendano una mera elaborazione meccanica, esprimendo il suo personale giudizio estetico.
Sulla base di tali considerazioni, il tribunale perviene alla conclusione che l'immagine generata dall'IA integri i requisiti per essere qualificata come opera d'arte tutelata dal diritto d'autore, in quanto estrinsecazione del lavoro intellettuale originale dell'attore.
Titolarità del diritto d'autore
Acclarata la natura di opera dell'immagine, occorre individuare il soggetto cui spetta, in qualità di autore, la titolarità dei relativi diritti.
La corte esclude in radice che tale veste possa essere assunta dal modello di IA in sé considerato, atteso che l'art. 11 della legge sul copyright riserva la qualifica di autore alle sole persone fisiche o giuridiche. L'intelligenza artificiale non rientra tra i soggetti cui l'ordinamento riconosce la capacità di essere titolari di situazioni giuridiche soggettive.
Parimenti, nemmeno il progettista del modello di IA può essere ritenuto autore dell'immagine. Il suo apporto intellettuale, infatti, attiene alla creazione dello strumento, non dell'opera realizzata per il suo tramite. Come il produttore di pennelli non acquisisce il copyright sui quadri dipinti utilizzandoli, così l'ideatore di un software di IA non diviene titolare dei diritti sulle opere generate dagli utenti mediante di esso.
Resta dunque l'attore, che attraverso la selezione di prompt e parametri ha fornito al modello gli input necessari a generare l'immagine finale. È lui ad aver compiuto, nel corso del processo creativo, quell'investimento intellettuale che la legge richiede per attribuire lo status di autore.
Il tribunale ha cura di precisare, tuttavia, che nel rivendicare il copyright l'attore dovrebbe segnalare in modo inequivoco l'utilizzo dell'IA, come in effetti ha fatto etichettando l'immagine come "Illustrazione AI". Tale accorgimento è necessario, osserva la corte, al fine di rispettare il diritto del pubblico a essere informato sulle modalità di creazione dell'opera.
Accertamento della violazione del diritto d'autore
Individuato nell'attore il titolare dei diritti sull'immagine, resta da vagliare se il convenuto li abbia violati.
A tal fine, il tribunale fa applicazione di due norme della legge sul copyright:
- L'art. 10 sul diritto di comunicazione in rete, che conferisce all'autore la facoltà esclusiva di rendere l'opera accessibile al pubblico online.
- L'art. 10 sul diritto di paternità, che garantisce all'autore la prerogativa di essere indicato come tale in relazione all'opera.
Sotto il primo profilo, il convenuto ha pubblicato l'immagine sul proprio account senza autorizzazione, così violando il diritto esclusivo dell'attore di comunicarla al pubblico attraverso la rete.
Quanto al diritto di paternità, il tribunale rileva come dalle prove emerga che il convenuto abbia rimosso la filigrana con il nome utente dell'attore, apposta dalla piattaforma Xiaohongshu. Tale nome, pur assegnato dalla piattaforma, era stato scelto dall'attore per firmare l'opera, sicché la sua eliminazione integra una lesione del diritto ad essere riconosciuto come autore.
Accertata la duplice violazione, il tribunale condanna il convenuto a:
1. pubblicare scuse pubbliche sull'account in cui ha condiviso illecitamente la foto.
2. risarcire all'attore, a titolo di danni, la somma equitativamente determinata di 500 yuan, non essendo possibile accertare con precisione né le perdite subite dall'attore né i profitti illecitamente realizzati dal convenuto.
Conclusioni
La sentenza del Tribunale di Pechino segna una pietra miliare nel riconoscimento della tutela autoriale alle opere generate dall'intelligenza artificiale.
Ancorché realizzate con strumenti di nuovo conio, tali opere possono soddisfare i requisiti tradizionalmente previsti dalla legge sul copyright - appartenenza al campo artistico, esteriorizzazione in forma espressiva, risultato di attività intellettuale, originalità - laddove riflettano il lavoro creativo dell'utente che fornisce al modello input quali prompt e parametri.
La titolarità dei relativi diritti spetta pertanto all'utente, non al software o al suo programmatore. Ciò a condizione che l'utente dia atto in modo trasparente dell'impiego dell'IA, in ossequio al diritto del pubblico di essere informato.
Nel fissare questi principi, la decisione promuove un'interpretazione evolutiva della disciplina autoriale, capace di tenere il passo del progresso tecnologico senza abdicare alla sua funzione di incentivo alla produzione di opere dell'ingegno realizzate con gli strumenti più avanzati.