Un sistema previdenziale virtuoso per una professione autonoma ed indipendente

di Alberto Bagnoli

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L’accento si è spostato quindi in una maggiore attenzione al tema della adeguatezza, soprattutto prospettica, delle prestazioni, ed a quello della ricerca di un disegno ottimale del sistema previdenziale nel lungo periodo.
Dovendosi convenire che non è immaginabile un modello ideale di sistema che garantisca oggi ed in futuro a tutti i lavoratori un reddito di pensione adeguato e sostenibile, nell’ottica predetta sono generalmente condivise alcune tendenze riformatrici, come doverose per il raggiungimento degli obiettivi prefissati, pur nel rispetto della specificità delle singole categorie.
Tali sono essenzialmente aumento della età pensionabile, disincentivo al pensionamento anticipato, rapporto del trattamento pensionistico alla media delle retribuzioni percepite durante l’intera vita lavorativa, limiti al pensionamento precoce, flessibilità della contribuzione, parificazione dei trattamenti per uomini e donne.
Orbene, senza voler peccare di presunzione, l’Avvocatura – alla quale è stato riservato dal legislatore un sistema previdenziale privato, fondato sul principio solidaristico, dotato di autonomia finanziaria e gestionale, sotto vigilanza governativa – ha già ispirato la sua azione riformatrice tramite la sua Cassa di previdenza alle linee di tendenza su richiamate, anticipando molte altre istituzioni, anche pubbliche.
La recente riforma strutturale (secondo la definizione ministeriale), entrata in vigore nel 2010, infatti, si caratterizza principalmente per l’aumento a 70 anni dell’età pensionabile (a partire dal 2021), la riduzione percentuale del trattamento in caso di anticipazione fino a 65 anni, l’estensione del periodo di riferimento ad almeno 30 per il calcolo pensionistico, l’inasprimento dei requisiti per la pensione di anzianità (ferma rimanendo la cancellazione dall’albo), l’introduzione della quota modulare di pensione (con contribuzione volontaria aggiuntiva fino al massimo del 9% del reddito pensionabile).



Questi interventi – accompagnati da un incremento contenuto della contribuzione soggettiva (fino al 14%) ed integrativa (fino al 4%) – hanno consentito il raggiungimento dell’obiettivo della sostenibilità finanziaria quarantennale (come da bilancio attuariale al 31.12.2009), oltre a quello della sufficiente solidità del sistema a garanzia dell’erogazione delle prestazioni dovute, corroborato da una corretta gestione patrimoniale e da un sensibile contenimento dei costi.
Tali basi inducono quindi a programmare per la nostra categoria professionale un’ulteriore fase di interventi, vieppiù necessaria, per fronteggiare le emergenze reddituali ed il fabbisogno di perequazione intergenerazionale, nella prospettiva della maggiore adeguatezza delle prestazioni. Va affrontato in primis lo sviluppo degli istituti di c.d. welfare, ponendo mano ad un nuovo regolamento dell’assistenza, con possibilità di sostegno alle componenti più deboli, ed a forme più complete di tutela sanitaria; va riconsiderato in termini sistematici il trattamento delle donne avvocato, che sono ancora fortemente penalizzate in termini reddituali e di conseguenza lo saranno all’atto del pensionamento.
In sostanza occorre rimodulare gli istituti caratteristici della solidarietà endocategoriale, che qualifica il nostro sistema di sicurezza sociale, fermo rimanendo il costante monitoraggio della spesa al fine di garantire il rispetto del principio dell’equilibrio di bilancio nel lungo termine.
Sullo sfondo si impone poi una riflessione definitiva sulla questione della unicità della posizione previdenziale dell’avvocato (escludendo altre gestioni) e, quindi, della obbligatorietà dell’iscrizione alla nostra Cassa per tutti gli iscritti all’albo.
Ma se per ben gestire l’ente previdenziale bisogna costantemente preoccuparsi di due variabili tipiche del sistema, che sono quella demografica e quella economica, oggi al nostro interno c’è più che da essere allarmati da una terza variabile, quella normativa, che ha improvvisamente intrapreso una direzione che rischia di scardinare anche i capisaldi della previdenza professionale privata.



Trattasi della oggi ventilata liberalizzazione delle professioni, che – ispirandosi impropriamente al principio di libertà d’impresa – in realtà attenta all’autonomia ed indipendenza proprie delle libere professioni, pur regolamentate nella prospettiva della tutela degli interessi collettivi.
Anche la nostra categoria è direttamente coinvolta, ingiustamente accusata di essere tra i responsabili maggiori della drammatica crisi del sistema giustizia, laddove costituisce uno dei soggetti più colpiti nella qualità e redditività del lavoro quotidianamente svolto da una disciplina disorganica del processo e da una disorganizzazione delle strutture, addebitabili unicamente ai titolari della funzione pubblica.
Gravissime sarebbero le ricadute negative che potrebbero derivare sul sistema previdenziale da una deregulation che lasci l’Avvocatura abbandonata al potere delle forze economiche e politiche, che da tempo poco hanno operato per la crescita dello sviluppo nel nostro Paese.
Ed allora l’impegno unitario di tutti i soggetti istituzionali ed associativi della nostra categoria dev’essere quello della difesa ad oltranza dell’autonomia ed indipendenza della professione e del suo sistema previdenziale, affinché si possa portare a conclusione quel processo di modernizzazione e di responsabilizzazione già avviato all’interno del proprio ordinamento, ispirato principalmente al miglioramento della qualità del servizio agli utenti nella difesa dei diritti, costituzionalmente garantita.
Tradizione e modernità restano i pilastri della professione forense che concorre a mantenere saldo il grado di democrazia nel nostro Paese.


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