Per un dollaro all’anno…..”addio ” alla pensione di riversibilità

di Leonardo Carbone

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In base all’art. 9 l. n. 898/1970, così come novellato dall’art. 13 l. n. 74/1987, il coniuge divorziato ha diritto alla pensione di reversibilità, o ad una quota di essa, se titolare, al momento del decesso del coniuge assicurato, di un assegno di divorzio. 

E’ ostativa  al riconoscimento di una quota della pensione di reversibilità  dell’ex coniuge  la circostanza dell’avvenuto percepimento in unica soluzione dell’assegno divorzile.

La corresponsione dell’assegno in unica soluzione preclude la proponibilità di qualsiasi successiva azione a contenuto economico da parte del coniuge beneficiario dell’assegno una tantum. 

In ordine al quantum dell’assegno divorzile, si è affermato che l’attribuzione di un assegno divorzile di  importo simbolico non dà diritto al riconoscimento di una quota della pensione di riversibilità della pensione dell’ex coniuge.

Infatti la Corte di Cassazione, con sentenza 28.9.2020 n.20477,  “rimeditando” il proprio precedente orientamento (che, per il diritto alla pensione di riversibilità, prescindeva dalla quantificazione dell’assegno divorzile, riconoscendo la pensione di riversibilità anche se l’importo era minimo o simbolico, stante la natura autonoma e previdenziale della prestazione), ha escluso il diritto alla pensione di riversibilità a favore di una vedova alla quale una sentenza del Tribunale Superiore della California aveva riconosciuto come assegno divorzile un dollaro all’anno: per la Suprema Corte un assegno in misura minima o meramente simbolica (com’è per la fattispecie in questione) non dà diritto alla pensione di riversibilità.

E ciò in quanto, il presupposto per l’attribuzione del trattamento di riversibilità a favore del coniuge divorziato è nel venir  meno del sostegno economico apportato in vita dall’ex coniuge scomparso e la sua finalità nel sopperire a tale perdita economica. 

Per la Suprema Corte, è evidente che, se la ratio dell’attribuzione del trattamento di reversibilità al coniuge divorziato è da rinvenirsi nella continuazione del sostegno economico prestato in vita dall’ex coniuge, non può considerarsi all’uopo decisivo  un trattamento determinato in misura minima o anche meramente simbolica.

E’ necessario, quindi, che il trattamento attribuito al coniuge divorziato possieda i requisiti tipici previsti dall’art.5, l.n.898/1970, ovvero, e più precisamente, che esso sia idoneo ad assolvere alle finalità di tipo assistenziale e perequativo –compensativo che gli sono proprie”: la pensione di reversibilità viene riconosciuta al coniuge superstite a causa del venir meno del sostegno economico rappresentato dall’assegno, assegno che non può essere “simbolico”.

Una diversa soluzione, per la citata sentenza  n.20477/2020,

“porterebbe all’esito irragionevole di assicurare al coniuge divorziato una condizione, migliore rispetto a quella di cui godeva quando l’ex coniuge era in vita, il che non può dirsi conforme né alla lettera né alla ratio  dell’istituto”.

     Avv. Leonardo Carbone - Direttore Responsabile della Rivista


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