No di Cassa Forense all'art. 24, comma 24, del D.L. 201/2011

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esprime netta contrarietà alle misure imposte dal Governo in materia di Enti Previdenziali dei liberi professionisti perché tecnicamente errate e tendenti a scardinare un impianto che, attraverso recenti riforme adottate, assicura, costantemente e con monitoraggio garantito da bilanci tecnici triennali, la sostenibilità a lungo termine. Non è ammissibile, infatti, in un quadro di sostanziale stabilità del sistema, pretendere di innalzare da 30 a 50 anni l’orizzonte temporale dei bilanci tecnici, per di più senza tener conto delle entrate patrimoniali dell’Ente.

Cassa Forense non elargisce privilegi, eroga pensioni comprese tra un minimo di € 9.000 ed un massimo di € 45.000 annui, fonda il suo impianto sulla solidarietà, ha portato l’età pensionabile a 70 anni, ha un patrimonio solido ed in grado di assicurare i diritti di tutti gli iscritti a fruire delle prestazioni previdenziali e assistenziali, senza ricevere o aver mai ricevuto alcuna contribuzione da parte dello Stato.

Invece di favorire la tutela delle fasce più giovani e più deboli, come si vorrebbe far credere, l’imposizione di tali vincoli comporterà, per esse, un inevitabile aggravio contributivo cui non corrisponderà l’adeguatezza dei trattamenti.

Quello contestato è l’ultimo di una serie di interventi penalizzanti per le professioni e, segnatamente, per la professione forense, che mortificano una funzione garantita dalla Costituzione e gravano su una categoria già fortemente penalizzata dall’elevatissimo numero dei nuovi ingressi e dalle conseguenze della pesante crisi economica in corso.
 
Il Comitato dei Delegati si oppone al disegno di privare la Cassa Forense della propria autonomia e metterà in campo tutte le iniziative idonee a contrastare ogni forma di attacco all’indipendenza dell’Avvocatura.

Roma 16 dicembre 2011

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