Magistratura e politica

di Antonio Mazzone

Stampa la pagina

Precisando che “il punto maggiormente critico è costituito dal ritorno nella giurisdizione del magistrato che sia stato candidato, abbia svolto un mandato in funzioni pubbliche elettive o abbia ricoperto incarichi di governo nazionale o locale, cosa che potrebbe compromettere la imparzialità e terzietà quantomeno sotto il profilo dell’immagine”. Il dibattito serrato che in questi giorni si è sviluppato su questa materia conferma che è da tutti avvertita la necessità di una sua precisa regolamentazione. Non può non concordarsi sul fatto che la rilevanza e la delicatezza del tema impongono un rapido intervento legislativo che disciplini puntualmente il fenomeno della “circolarità delle carriere” (e garantisca così, anche in concreto, la separazione dei poteri), non lasciando alcunché di indefinito , tipicizzandolo e sottoponendolo, pertanto, a precisi vincoli. Tutti d’accordo sulla necessità di prevedere l'incandidabilità nel territorio dove si sono svolte le funzioni giudiziarie e l'impossibilità di esercitare, successivamente all'elezione o all'assunzione di incarichi di governo, funzioni giudiziarie (prevedendo, eventualmente, l'assegnazione ad altri settori pubblici). Una regolamentazione di tale tipo potrebbe, però, non esaurire l'esigenza di prevenire e risolvere, mediante un intervento legislativo, ogni possibilità di conflitto di interessi o di doveri. La specificità della funzione giudiziaria rispetto ad altre funzioni pubbliche richiede, infatti, di valutare anche aspetti ulteriori rispetto a quelli presi in considerazione dal succitato ddl, ma meritevoli di considerazione, in base ai principi cui l’attività giudiziaria deve ispirarsi secondo la Costituzione.


L’impegno del legislatore deve essere quello di elaborare una nuova normativa, che bilanci il diritto del magistrato, come cittadino, di aspirare e di accedere a cariche istituzionali e/o politiche, con l’esigenza di tutelare non soltanto il bene dell’imparzialità e della terzietà della funzione giudiziaria, comprensivo della proiezione che tale bene comporta in termini di salvaguardia del prestigio di tale funzione, ma anche quello della trasparenza. Nuova normativa che garantisca, altresì, in una prospettiva di avanzamento della soglia di tutela, che non vi possa essere alcuna incidenza del piano funzionale, correlato all’esercizio di poteri o alla disponibilità di informazioni riconducibili alla sfera dell’ ufficio giudiziario di appartenenza, per instaurare contatti diretti ad ottenere candidature o a ricoprire incarichi di governo (o, comunque, incarichi in organismi politici). La prospettiva di candidature o di incarichi di governo (o, comunque, di incarichi politici) implica contatti preliminari. Occorre porsi il problema del se e come regolamentare tali contatti tra chi svolge funzioni giudiziarie e ambienti portatori di interessi politici, sia pure legittimi. Contatti che, già di per sé, possono incidere sull'imparzialità nell'esercizio di tali funzioni o, comunque, sull'immagine di (necessaria) imparzialità. Occorre chiedersi se una soluzione adeguata a contemperare tutti i beni in gioco possa essere trovata mediante il riferimento all’ulteriore bene della trasparenza: si potrebbe prevedere un obbligo di (mera) comunicazione (cui non deve corrispondere alcuna autorizzazione) al C.S.M. da parte di chi esercita funzioni giudiziarie di contatti significativi con organismi politici, in prospettiva di candidature o di assunzione di incarichi di governo. Ciò potrebbe salvaguardare sia la libertà della persona umana, qualunque funzione pubblica svolga, di rapportarsi agli altri come meglio creda, laddove non vi siano problemi attinenti all'illegittimità degli interessi perseguiti o delle modalità di perseguimento, sia la sua libertà di aspirare a candidature e a incarichi politici, sia la libertà di manifestazione del pensiero da parte di chi svolga funzioni giudiziarie: consentirebbe, però, al C.S.M. di avere una visione chiara della situazione, anche con riferimento alla valutazione relativa all'attribuzione di una funzione giudiziaria piuttosto che di un'altra. Soluzioni, queste, strutturate su un mero dovere di comunicazione, che non inciderebbero sulla capacità di esercizio di alcuna funzione, ma che garantirebbero il bene della trasparenza. Si potrebbe, poi, individuare una disciplina che, nell’ottica sopra richiamata di un avanzamento della soglia di tutela, prevenga già la semplice possibilità di una utilizzazione del quadro informativo derivante dallo svolgimento di una funzione giudiziaria (anche a prescindere dall’integrazione di un reato) per il perseguimento di aspirazioni politiche; sanzionando l’ abuso del ruolo per gestire le informazioni di cui si è in possesso a causa del ruolo stesso. Le soluzioni, comunque, possono essere tante: l’importante è affrontare (tutti) i problemi.

Avv. Antonio Mazzone - Foro di Locri


Altri in PREVIDENZA