L'unione civile tra persone dello stesso sesso è un "matrimonio"?

di Cecilia Barilli

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Mi pare possibile notare come, alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, andranno direttamente o sovente applicate, le regole matrimoniali, o regole specificamente previste, così da risultare pressoché identiche a quelle matrimoniali.
Tutto ciò ben si rileva, ad esempio, in tema di: impedimenti alla costituzione dell’unione (art. 1, comma 4); invalidità dell’unione e unione "putativa" (art. 1, commi 5, 6, 7 e 8); effetti personali dell’unione (con la sola esclusione del reciproco obbligo di fedeltà, non previsto per le persone dello stesso sesso civilmente unite. Art. 1, commi 11 e 12); regimi patrimoniali dell’unione (art. 1, comma 13); indisponibilità degli effetti dell’unione art. 1, comma 13); successione legittima e necessaria tra persone civilmente unite (art. 1, comma 21); scioglimento dell’unione (art. 1, commi 22, 23, 24, 25).
Anche tra persone dello stesso sesso, saranno possibili gli ordini di protezione, di cui agli art. 342 – bis ss. c.c.; la parte dell’unione civile sarà legittimata a promuovere istanza di interdizione e di inabilitazione dell’altra parte e di revoca di esse (art. 1, comma 14). Con stupore si rileva che non è stato novellato l’art. 417 c.c., ed essendo individuati, dall’art. 406 c.c., i legittimati a chiedere l’amministrazione di sostegno per mezzo di un rinvio all’art. 417 c.c., testualmente parrebbe che la parte dell’unione civile non possa chiedere anche la nomina dell’amministratore di sostegno in favore dell’altra); anche se, si afferma che la parte dell’unione civile sarà, ove possibile, preferita dal giudice tutelare come amministratore di sostegno dell’altra (art. 1, comma 14. Allora, a maggior ragione stride la mancata previsione della legittimazione della parte dell’unione civile a chiedere il provvedimento); in caso di morte del lavoratore, anche alla parte dell’unione civile dovranno essere corrisposte le indennità ex artt. 2118 e 2120 c.c. (art. 1, comma 17); pure tra le parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso resterà sospesa la prescrizione (art. 1, comma 18); anche tra le parti dell’unione civile sorgerà l’obbligo alimentare (art. 1, comma 19).


Al cospetto di questa, assai estesa, equiparazione con la disciplina del matrimonio, risulta davvero difficoltoso capire in cosa, a parte che nella capacità di adottare, differisca l’unione civile tra persone dello stesso sesso, dal matrimonio in senso proprio; e sicuramente, a segnare questa differenza non basterà la differenza di vocaboli. Certo, il moderno legislatore è stato ben attento a non usare mai le parole "coniuge" o "famiglia", riferendosi alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, anche al prezzo di incappare in frequenti goffaggini lessicali: i soggetti di tale unione, poi, sono, per lo più, nella legge definite "parti", o, per esteso, "parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso", e, in un caso – comma 4 –, addirittura contraenti; la stessa definizione "unione civile tra persone dello stesso sesso", poi, appare tanto lunga, quanto priva di eleganza. Di certo, non è sulla mera differenza lessicale, a fronte di una così ampia equiparazione di disciplina, che si potrà fondare una reale differenza tra unioni civili e matrimonio.
Pure da questa prospettiva, meramente lessicale, del resto, il legislatore del 2016 finisce per sancire un’estesissima assimilazione, poiché si prevede, al comma 20 dell’articolo unico della legge in parola, che "le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole <>, <> o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso".
Prendendo spunto da questa, mi pare indiscutibile, equiparazione, penso che si possano immaginare due possibili scenari futuri, opposti tra loro. Così, forse, saranno buoni profeti coloro che si aspettano, in breve tempo, superato dalla giurisprudenza anche il solo rilevante profilo di differenza esistente, nella legge, tra unione civile e matrimonio, vale a dire, l’incapacità delle parti dell’unione civile di ricorrere all’adozione legittimante. Oppure, verrà rilevato il conflitto, che testualmente a me pare marcato, fra la nuova legge sulle unioni civili, e il ruolo che nell’art. 29 Cost. è riservato unicamente al matrimonio, come fondamento della famiglia.


Non penso di sbagliare, poi, prevedendo che verranno elaborate interpretazioni tali da superare il testo della legge, sia ordinaria sia costituzionale, sicché il primo dei due scenari appena evocati mi sembra assai più probabile del secondo.


Avv. Cecilia Barilli - Delegata di Cassa Forense

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