L'insostenibile leggerezza dell'essere

di Paola Ilarioni

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Non vi è dubbio che la riforma della previdenza forense, quasi a prevedere il futuro - per essere entrata in vigore solo dal 1° gennaio 2010 - elevando l’età anagrafica da 65 a 70 anni e l’anzianità contributiva da 30 a 35 anni, unitamente all’aumento percentuale della contribuzione – costituisce un esempio di particolare attenzione e sensibilità alle problematiche previdenziali che fanno di Cassa Forense una delle gestioni tra le più solide nel panorama degli Enti Previdenziali Privatizzati.
Mi piace richiamare la lettera agli iscritti, a firma del Presidente della Cassa, Avvocato Alberto Bagnoli, pubblicata nella rivista La Previdenza Forense n. 3/2011 e 1/2012 che ricorda come, con i 4 miliardi e mezzo di patrimonio netto, risultanti da consuntivo 2010, la Cassa si pone fra gli enti previdenziali di maggior rilievo.
Certo è che lo spostamento della sostenibilità degli equilibri finanziari - che nel 1994 era prevista in 15 anni, poi elevati a 30 dal 2007 e, ora - portata a 50 anni, qualche perplessità suscita nella mente di chi scrive se si considera, soprattutto, l’ingiustificata esclusione, sempre a parere di chi scrive, del patrimonio accumulato e della redditività dello stesso che, per Cassa Forense, è piuttosto ingente.
Come detto la riforma previdenziale è del 2010, e si tratta di una riforma anticipata già nel 2006 che perfezionata nel 2009, è stata approvata dai Ministeri vigilanti! E’, quindi, ragionevole dubitare e pensare che alcuni provvedimenti governativi, come per l’appunto l’aumento del periodo di sostenibilità possano essere frutto di teorie astratte che perfette nell’enunciazione calate nella realtà sociale diventano, mi venga perdonato il gioco di parole, “insostenibili”.


Difatti previsioni su periodi così lunghi rendono i bilanci tecnici discutibili sotto il profilo dell’attendibilità in quanto forieri di preoccupazioni che potrebbero indurre anche a scelte che osservate a posteriori potrebbero risultare, addirittura, errate se non dannose. Forse la vera garanzia della sostenibilità di un sistema è data dal costante e attento monitoraggio operato vuoi annualmente con il bilancio di esercizio vuoi con il bilancio tecnico che si propone come il più efficiente strumento di analisi capace fattivamente di offrire lo spunto per le migliori soluzioni dettate dal momento.
La previsione di bilanci tecnici da redigere ogni tre anni rappresenta lo strumento capace di offrire nel medio e lungo periodo quella sostenibilità che oggi si vuole, a tutti i costi, cercare in un equilibrio fra contributi e prestazioni per un numero di anni più elevato. L’esclusione, poi, del patrimonio accumulato, che nel caso di Cassa Forense è elevato, si sostanzia in un rigore eccessivo che invece di tranquillizzare insospettisce e stimola preoccupazioni non solo sulla opportunità ma anche sulla utilità di tali rimedi.
Si ricorda che Cassa Forense, già nel 2006, aveva sottoposto una proposta di riforma che fu, quasi totalmente cassata dai Ministeri vigilanti, riforma riproposta e approvata nel 2009.
Tutto questo è stato possibile realizzare perché in Cassa Forense questo attento controllo che si esercita in concreto annualmente in sede di consuntivo, viene poi esercitato, ogni tre anni, con i bilanci tecnici.
Infatti se dall’esame di questi ultimi dovessero emergere squilibri significativi, ipoteticamente idonei a minare la stabilità sotto i 30 anni, la Cassa stessa, tenuta a provvedere, si attiverebbe, come realmente è accaduto con la riforma del 2010, per ricercare i correttivi da introdurre nel proprio sistema. Correttivi, fra l’altro, realizzabili in tempi brevi per la autonomia che gli riconosce lo stesso legislatore.


La Cassa Forense eroga, come regola generale, pensioni di vecchiaia, anzianità, invalidità, inabilità e indiretta con metodo di calcolo retributivo. Tale modalità risulta consapevolmente voluta e confermata in quanto, già in occasione della citata riforma previdenziale, la Cassa ha valutato negativamente la possibilità di ricorrere al metodo contributivo in quanto tale scelta costringerebbe ad una rivisitazione dell’intera struttura anche sotto il profilo assistenziale con un apprezzabile e prevedibile sacrificio della solidarietà che l’attuale metodo retributivo riesce, pur con qualche correttivo, a garantire.
Cassa Forense è cosciente della propria realtà e del momento storico che vive. La prova di questa consapevolezza è data da una riforma la cui esigenza, già sentita nel 2006 risulta realizzata nel 2009 con i Regolamenti dei Contributi e delle Prestazioni Previdenziali.
Quanto mai è attuale il richiamo all’“insostenibile leggerezza dell’essere” !!!


Paola Ilarioni - Dirigente del Servizio

Normativa previdenziale e Ricorsi amministrativi

di Cassa Forense

 


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