LA PREVIDENZA DELL’AVVOCATO NELL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE IN FORMA SOCIETARIA

di Guido Canavesi

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Conclusosi con l’approvazione Ministeriale (G.U. Serie Generale n. 278 del 22/11/2021) l’iter di autorizzazione, dal 1° gennaio 2022 sarà operativo il regolamento adottato da Cassa Forense che disciplina gli aspetti previdenziali dell’esercizio della professione in forma societaria.

Attualmente, una tale modalità di esercizio è consentita unicamente ai sensi dell’art. 4 bis,legge n. 247 del 2012, perché la specialità della disciplina da questo dettata prevale sia sull’art. 10, legge n. 183 del 2011 sia sull’art. 16, d.lgs. n. 96 del 2001(Cass. S.U. 19 luglio 2018, n. 19282).

Secondo quella disposizione tratti caratteristici della StA sono:

a) la presenza necessaria, ma non esclusiva, di avvocati iscritti all’albo nella compagine sociale, potendovi partecipare anche iscritti in altri albi professionali e/o altri soggetti anche collettivi, in tal caso come soci di capitale (comma 2, lett. a);

b) il controllo societario (almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto) detenuto dai soci professionisti, avvocati e non, e la presenza maggioritaria degli avvocati nell’organo di gestione, comunque composto solo da soci (comma 2, lett. b e c);

c) la personalità della prestazione professionale, anche se diversa dall’attività forense, nonostante l’incarico attribuito alla società (comma 3);

d) l’iscrizione della StA in apposita sezione speciale dell’albo della circoscrizione in cui ha sede (commi 1 e 6).

Sul piano previdenziale, il medesimo art. 4 bis (commi 6 bis e 6 ter) prevede l’obbligo per la StA di applicare il contributo integrativo di cui all’art. 11 della legge n. 576 del 1980 a tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari ai fini dell’IVA e di riversarlo annualmente alla Cassa Forense, secondo i termini e le modalità ora definiti con il regolamento di cui s’è detto sopra.

Quest’ultimo, all’art. 8, dispone, in realtà, anche in merito al contributo soggettivo di cui agli artt. 17 e 20 del Regolamento Unico.

La norma sancisce, a fini previdenziali, l’equiparazione al reddito professionale:

a) del reddito prodotto dalla StA attribuibile al socio iscritto alla Cassa;

b) di ogni altro provento percepito dal socio, compresi il compenso e le indennità per la partecipazione agli organi di gestione della StA e gli utili maturati, anche se non distribuiti ai soci (art. 8, comma 2). Quest’ultima formula va letta alla luce dell’art. 4, comma 2, lett. f), fugando così qualsiasi possibile incertezza sulla sua esclusiva riferibilità agli utili.

Quanto al contributo integrativo, ai sensi dell’art. 1 del Regolamento, le StA devono applicarlo “su tutti i corrispettivi rientranti nel volume di affari IVA” prodotto nell’anno di esercizio.

Anche se iscritte nella speciale sezione dell’Albo solo per una frazione d’anno, per adempiere all’obbligo in questione le StA sono anzitutto tenute - entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di competenza - ad inviare alla Cassa una comunicazione in via telematica (modello 5 ter); la comunicazione è dovuta anche quando le “dichiarazioni fiscali non sono state presentate o sono negative o se il volume di affari IVA è inesistente”.

L’art. 4, comma 2, lett. g), richiede l’ “indicazione dei compensi versati a ciascun socio iscritto a Cassa Forense, nonché le percentuali di partecipazione agli utili di ogni socio, anche non iscritto a Cassa Forense”; è da ritenersi  che debba essere indicato sia  l’ammontare complessivo degli utili riferibili ai soci non iscritti alla Cassa  che  “il volume di affari IVA e dei compensi versati a ciascun socio iscritto”.

Da ultimo, resta aperta la domanda sulla contribuzione integrativa dovuta per gli anni precedenti il 2021, ovvero se questa possa essere recuperata e, nel caso, come (ad esempio, con il primo modello 5 ter, da presentare entro il 30 settembre 2022?).

Al riguardo, mentre il regolamento è del tutto silente i termini del problema possono essere raccolti intorno a due poli: da un lato, va tenuto presente che il contributo integrativo è previsto per legge quale modalità di finanziamento della previdenza professionale obbligatoria, dunque non può essere distratto ad altro fine; dall’altro, il problema investe la natura stessa del potere che il d.lgs. n. 509 del 1994 ha attribuito alle Casse privatizzate, se cioè esso possa disporre un effetto retroattivo alla stessa stregua della legge, oppure sia necessaria un’espressa previsione di fonte primaria.


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