La “non” restituzione dei contributi integrativi

di Leonardo Carbone

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Nel caso di avvocato iscritto alla Cassa Forense che non perfeziona i requisiti per il diritto a pensione (né retributiva né contributiva), nonché di avvocato che viene cancellato dalla Cassa con effetto retroattivo  per accertato esercizio della professione in regime di incompatibilità, si è posto il problema della rimborsabilità o meno anche del contributo integrativo.

Al problema, per entrambe le fattispecie, è stata data  “risposta” negativa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione

Infatti, con riferimento a fattispecie di restituzione dei contributi per il caso di mancata maturazione del diritto a pensione (in base all'abrogato art.21 della l.n576/80), si è affermato (Cass.21.10.1998 n. 10458) che l’obbligo di rimborso concerne soltanto i contributi soggettivi, non anche i contributi integrativi.    

Anche per la fattispecie in cui venga accertato l’esercizio della professione in regime di incompatibilità, con conseguente cancellazione retroattiva dalla Cassa Forense, si è affermato (Cass. 22.1.2019 n.30571) che non è dovuta la restituzione all'avvocato dei contributi integrativi versati ai sensi dell’art.11 della l.n.576/1980 alla Cassa Forense.La motivazione della Suprema Corte si basa sulla struttura e funzione del contributo integrativo come disciplinato dall’art.11 della l. 20.9.1980 n.576.

 Infatti, l’obbligo del versamento del contributo integrativo  (una maggiorazione percentuale del 4% su tutti i corrispettivi  rientranti nel volume annuale d’affari ai fini dell’IVA) è strettamente inerente alla prestazione professionale resa in virtù dell’iscrizione all'albo professionale, tanto che il professionista può ripeterlo nei confronti del cliente, ed  è dovuto da tutti gli iscritti all'albo professionale anche se non sono iscritti alla Cassa Forense.

Dalla riportata  “struttura” ne consegue che il contributo integrativo ex art.11 l.n.576/80 viene indebitamente percepito dalla Cassa nel periodo di iscrizione, ma viene da questa legittimamente riscosso, “in forza delle disposizioni di legge vigenti e in relazione all'esercizio dell’attività professionale consentito dall'iscrizione all'albo, sicché non trova applicazione l’art.2033 cc che regola in via generale la ripetizione dell’indebito” (Cass. n.30571/2019).

La non rimborsabilità dei contributi integrativi deriva oltre che dalla riportata struttura, anche dalla finalità della contribuzione in parola, atteso che la finalità specifica dei contributi integrativi è esclusivamente  diretta al finanziamento della previdenza categoriale ed è espressione di un dovere di solidarietà nell'ambito della categoria professionale.

Peraltro, come evidenziato nella motivazione della citata sentenza della Cassazione n.30571/2019

La restituzione di un contributo pagato al solo fine di solidarietà ne snaturerebbe  il contenuto e, impedendo l’attuazione del principio solidaristico costituzionalmente garantito (art.2 della Costituzione), sarebbe pure contrario ai principi costituzionali, poiché il fine solidaristico che caratterizza la previdenza forense non viene meno per effetto della cancellazione dell’iscritto”.

La cessazione del rapporto assicurativo non fa venire meno retroattivamente il vincolo di solidarietà.

 

Avv. Leonardo Carbone - Direttore Responsabile della Rivista 

 


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