La costituzione del rapporto previdenziale forense
26/03/2013
Stampa la paginaEssa stabilisce che l’iscrizione agli albi comporta la contestuale iscrizione alla Cassa, e non è ammessa l’iscrizione ad altra forma previdenziale obbligatoria ed alternativa.
Viene fissata quindi l’uguaglianza numerica tra iscritti albo ed iscritti Cassa realizzandosi la massima estensione del principio di solidarietà intracategoriale, che caratterizza il nostro sistema previdenziale.
La tutela previdenziale di categoria coincide ora con lo status professionale di avvocato, e non è più condizionata dalla titolarità di un determinato reddito professionale.
Rimane indirettamente agganciata al carattere continuativo dell’esercizio professionale, in quanto il nuovo ordinamento (stesso art. 21 comma 1) ha trasferito questo requisito dal sistema previdenziale a quello professionale, dato che a questo requisito è subordinata la permanenza dell’iscrizione, e quindi la “contestuale” conservazione dei benefici della previdenza forense.
Ciò consentirà anche un notevole alleggerimento delle sanzioni pecuniarie oggi previste per le inadempienze contributive ed informative.
L’innovazione, certamente, avrà riflessi significativi in tema di contrasto all’evasione fiscale e contributiva, evolvendo ulteriormente in senso virtuoso i comportamenti degli iscritti.
La norma comporta che gli avvocati non potranno essere più iscritti alla gestione separata INPS, come era obbligatorio per coloro che avessero dichiarato un reddito IRPEF inferiore a 10.000 euro annui.
Chi chiederà di essere iscritto all’albo degli avvocati sarà iscritto anche alla Cassa Forense a prescindere dal reddito.
Dunque, esercizio della professione forense e tutela previdenziale di categoria sono ormai definitivamente un tutt’uno (come già accade in altre professioni), e nessuna interpretazione creativa potrà incidere sulla portata ed efficacia della nuova disciplina, creando solo incertezze e confusione.
Certamente l’impatto della nuova disciplina sarebbe stato del tutto diverso se l’entrata in vigore non fosse avvenuta nel pieno di una grave crisi economica ed occupazionale che travolge anche l’avvocatura e se il numero degli avvocati iscritti agli albi ma non iscritti alla Cassa non fosse stato così elevato (circa 60.000), nella maggior parte giovani con redditi bassi o nulli.
L’innovazione è stata quindi percepita malamente soltanto come un’ulteriore aggravio di costi, se non addirittura di aumento delle tasse.
Tanto da mettere da parte anche il solo approfondimento della portata dell’iscrizione alla Cassa in termini di costruzione della pensione e di benefici assistenziali, e del vantaggio rispetto a quella pure obbligatoria alla gestione separata INPS. Principalmente dell’importanza di appartenere ad un regime a ripartizione che sia caratterizzato dal calcolo c.d. retributivo misto sostenibile della pensione e non dal calcolo c.d. contributivo della legge n. 335/95, oggi applicato a tutte le pensioni erogate dall’INPS.
Spetta quindi a noi amministratori della Cassa, ma anche a tutti gli altri soggetti istituzionali ed associativi della categoria, spiegare agli iscritti il significato e gli effetti positivi dell’innovazione, senza fuorvianti letture o demagogiche resistenze.
In previdenza più che mai il risparmio non va allontanato nel tempo, ed i rinvii causeranno irreparabili disagi futuri.
L’art. 21 della legge 247 ha quindi una duplice portata: sostanziale sul regime previdenziale obbligatorio, e procedurale sul presupposto e la modalità di costituzione del rapporto (iscrizione contestuale albo/Cassa).
Esso non contiene disposizioni transitorie sull’obbligo di iscrizione alla previdenza forense, e quindi pone fine immediatamente al regime che finora aveva estromesso dalla previdenza forense gli avvocati che esercitano la professione in modo sporadico e saltuario, ovvero che si trovino o che venissero a trovarsi in critiche condizioni reddituali, non raggiungendo neppure livelli minimi di sopravvivenza.
Quindi non può ritenersi che l’applicazione dei comma 8, 9, 10 dell’art. 21 sia subordinata al regolamento che la Cassa deve emanare entro un anno in tema di contributi minimi dovuti da iscritti in particolari condizioni.
Né può ragionevolmente sostenersi che possa esservi un doppio regime, iscrizione immediata alla Cassa per le iscrizioni all’albo successive alla legge ed iscrizione differita per quanti siano già iscritti all’albo.
Tesi che non sarebbe supportata né dalla lettera né dalla ratio della nuova disciplina, che non fa differenze e vuole introdurre una decisa soluzione di continuità con il regime precedente.
Il fatto che sinora gli iscritti solo albo facessero “affidamento” sulla non appartenenza alla Cassa è poi irrilevante se si considera che costoro comunque erano obbligati a versare contributi alla gestione separata INPS e spesso senza molta cognizione di causa facevano “affidamento” su un sistema che non garantiva loro il trattamento pensionistico auspicato, rischiando anche di perdere la contribuzione versata.
Né ha senso parlare di inammissibile retroattività della legge, perché la posizione previdenziale rivestita ante lege non viene intaccata e gli effetti dell’iscrizione alla Cassa varranno soltanto per il futuro.
Dunque nessuna forzatura è consentita al chiaro tenore della legge, e di conseguenza la Cassa Forense non potrà fare altro che deliberare di prendere atto dell’iscrizione di tutti gli avvocati e procedere tempestivamente all’adeguamento della sua regolamentazione interna al nuovo regime, al fine di non pregiudicare i diritti che derivano dalla posizione previdenziale di tutti gli iscritti agli albi, liberati con effetto immediato dalla gestione pensionistica pubblica.
Pretendere di rinviare nel tempo l’attuazione della legge con interpretazioni forzate, o addirittura di non darvi applicazione in attesa di migliori condizioni economiche, significherebbe certamente danneggiare i diretti interessati, di fatto privandoli di ogni tutela previdenziale ed assistenziale (né Cassa, né INPS) e, soprattutto i giovani avvocati che si avviano alla professione.
Peraltro l’art. 21 impone alla Cassa Forense di disciplinare con regolamento i contributi previdenziali minimi dovuti dagli iscritti (e cioè dagli avvocati iscritti per effetto della legge stessa) che siano titolari di redditi bassi, prevedendo anche eventuali e temporanee esenzioni o riduzioni, differenziandoli rispetto ai contributi oggi richiesti ai titolari di redditi superiori a 10.000 euro annui.
La norma non condiziona l’iscrizione all’emanazione di detto regolamento, per l’evidente ragione che anche per l’avvocato il diritto alla pensione comporta l’obbligo della contribuzione, ma richiede la tempestiva rideterminazione dei contributi minimi, che dovranno essere corrisposti in misura parametrata alle particolari condizioni reddituali.
In attesa della emanazione di detto regolamento la Cassa ha stabilito di non richiedere alcun contributo minimo ai nuovi iscritti.
La determinazione di tali importi dovrà essere studiata in maniera tale da contemperare l’esigenza di non gravare eccessivamente i titolari di redditi bassi (finora tenuti comunque a pagare il contributo all’INPS pari al 27% del reddito) con quella di assicurare la copertura del trattamento pensionistico finale, oggi calcolato con il sistema c.d. retributivo sostenibile in caso di raggiungimento dei prescritti requisiti di anzianità anagrafica e contributiva (rispettivamente 70 e 35 anni), ovvero con il sistema c.d. contributivo in difetto dell’anzianità contributiva, nell’ottica dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità di lungo periodo.
L’applicazione della legge sull’obbligo di iscrizione alla previdenza forense va certamente affrontato anche in considerazione del fatto che circa 60.000 avvocati iscritti all’albo (circa un quarto della intera categoria) non erano iscritti alla Cassa Forense, e quindi sono titolari di redditi inferiori a 10.000 euro annui.
Non essendo ammissibile creare regimi differenziati tra nuovi e vecchi iscritti all’albo, anche per questi ultimi dovrà applicarsi il nuovo regolamento sui contributi minimi e sulle modalità di versamento, con tutte le relative condizioni agevolatrici, fermo rimanendo che la permanenza della loro iscrizione all’albo non sarà condizionata al pagamento di questi contributi (così come non lo sarà al reddito).
Già in passato, verificate le condizioni previste dalla legge e l’insussistenza di cause di esclusione, il rapporto previdenziale sorgeva automaticamente: l’assicurazione sociale si instaurava ope legis senza bisogno di una specifica manifestazione di volontà da parte dei soggetti interessati.
Oggi, per gli avvocati è mutato soltanto il presupposto per la costituzione automatica del rapporto, che è rappresentato dall’iscrizione all’albo degli avvocati (mentre prima era necessario anche il requisito dello svolgimento di un’attività professionale con carattere di continuità, fondato sul reddito).
In tale contesto, così come per il passato, eventuali adempimenti richiesti ai soggetti per la formalizzazione del rapporto rientrano nella sfera di manifestazione di conoscenza o di ricognizione o di conferma senza avere valore costitutivo, con la conseguenza che la domanda di iscrizione alla Cassa (così come le comunicazioni obbligatorie reddituali o il pagamento dei contributi) è irrilevante ai fini della insorgenza del rapporto giuridico previdenziale.
Ciò consente di ritenere secondaria, ovvero a rilevanza interna, la questione della iscrizione a domanda o d’ufficio (peraltro variamente disciplinata nel tempo), dato che la presentazione della domanda di iscrizione alla Cassa, ininfluente rispetto alla insorgenza del rapporto giuridico previdenziale, oggi può non costituire più un obbligo per il professionista, che all’atto dell’iscrizione all’albo sarà contestualmente iscritto alla Cassa.
E ciò comporterà semmai l’eliminazione di tutte le gravose sanzioni finora connesse all’inadempimento di tale obbligo.
Il quadro delineato dalla novella legislativa in tema di accesso alla previdenza forense consente dunque di affermare che, a partire dal febbraio 2013, la costituzione del rapporto previdenziale per gli avvocati avviene ope legis per tutti gli iscritti agli albi, attuali e futuri, i quali sono anche iscritti alla Cassa Forense.
Avv. Alberto Bagnoli – Presidente di Cassa Forense