"I figli sono figli e sono tutti uguali e... i genitori?"

di Cecilia Barilli

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L’accordo raggiunto all’esito di tale convenzione, poi, ai sensi del 3° co., del medesimo art. 6, “produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono … i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”. Nella versione originale del suddetto D.L., peraltro, al 2° co. dell’art. 6, si prevedeva che codeste previsioni non si applicassero “in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti”. Quest’ultima limitazione, tuttavia, è stata rimossa con la legge di conversione, 162/2014, sicché, all’art. 6, 2° co., D.L. 132/2014, oggi si prevede, tra l’altro, che “in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza. Quando ritiene che l’accordo non risponde all’interesse dei figli, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo”.


All’esito del menzionato iter normativo, insomma, pare che nell’ordinamento siano, sì, stati introdotti separazione e divorzio non più giurisdizionali, e puramente negoziali, ma che si sia comunque salvaguardato il controllo giudiziale sugli accordi tra coniugi, o ex coniugi, per quanto attenga alla prole minorenne (o disabile), ed al rispetto dell’interesse di questa. Tale controllo, tuttavia, non è demandato direttamente al tribunale, ma al procuratore della Repubblica, e solo ove questi non ritenga l’accordo corrispondente all’interesse della prole, in una seconda fase al presidente del tribunale.
Laddove tra i coniugi un accordo complessivo non si trovi, poi, resteranno da percorrere le strade della separazione o del divorzio giudiziali. E, in tal caso, per quanto riguarda la prole, continueranno ad avere piena applicazione gli artt. 337-ter ss. c.c. Anche all’art. 337-ter, peraltro, si considera la possibilità che i genitori trovino degli accordi (non generali, sull’intera crisi familiare, dato che, in tal caso, verrebbe seguito il nuovo percorso di cui al D.L. 132/2014, ma parziali, solo) per regolare i rapporti con la prole e per la prole, e se ne impone il controllo giudiziale, prevedendo che il giudice “prende atto… degli accordi intervenuti tra i genitori”, ma solo se “se non contrari all’interesse dei figli”.
Si noti, in sintesi, come, tanto in caso di accordo complessivo, quanto in caso di accordo solo sui figli, il legislatore, allorché si tratti di rapporti per la prole minorenne o con la prole minorenne (o gravemente disabile), non ritenga sufficienti i soli accordi tra i genitori, e imponga sempre una valutazione giudiziale della conformità di tali accordi all’interesse dei figli stessi. Si osservi, altresì, come, nel panorama normativo che scaturisce dal recente D.L. 132/2014 e dalla sua legge di conversione, a seconda che l’accordo sia totale, o che invece riguardi solo i figli, diversa sarà l’autorità giudiziaria chiamata a valutare il rispetto dell’interesse della prole (in un caso il tribunale, nell’altro il P.M., e solo successivamente ed eventualmente, il presidente del tribunale).


Quella appena evidenziata, peraltro, non è la sola differenza di disciplina per quanto attiene al controllo sulla conformità, degli accordi tra genitori, all’interesse dei figli minori (o gravemente disabili). Benché l’art. 337-ter c.c., e il controllo giudiziale in esso previsto sugli accordi raggiunti tra i genitori, infatti, sia applicabile, ex art. 337-bis c.c., anche “nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio”, in quest’ultimo caso che il procedimento avanti al giudice, e dunque il controllo giudiziale, vi sia, è una possibilità, ma non una necessità. Ecco, allora, che per gli accordi, sui figli minori (o gravemente disabili) nati nel matrimonio, conseguenti alla crisi tra i genitori, la valutazione giudiziale di conformità all’interesse del minore sarà sempre necessaria, mentre per gli analoghi accordi concernenti figli nati fuori dal matrimonio, secondo un’interpretazione strettamente testuale della legge, una tale valutazione potrebbe mancare del tutto. Resta da domandarsi, tuttavia e per concludere, se una siffatta differenza di trattamento tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio, non sia discriminatoria, e se possa considerarsi legittima.

Avv. Cecilia Barilli - Delegata di Cassa Forense

 

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