Firma digitale e Telematica nel processo

di Avv. Roberto Di Francesco

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A parte gli scherzi (l’episodio però è accaduto veramente), apporre una firma digitale su un qualsivoglia documento non è certo difficile.
Cominciamo col dire (o meglio ribadire) che la firma digitale, che ha pieno valore legale della provenienza dell’atto da chi l’ha apposta, è un sistema composto da due serie di dati crittografati che dal loro “incontro” certificano la provenienza e l’ascrivibilità dell’atto al “firmatario”.
Sul punto, il 2° comma dell’art. 21 del C.A.D (Codice dell’Amministrazione Digitale) dispone che il documento sottoscritto con la firma digitale, ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del codice civile e, dunque, fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta, affermando, pertanto, presunzione juris tantum della riconducibilità dell’utilizzo del dispositivo di firma alla figura del titolare, che sarà l’unico ad avere eventualmente la possibilità di fornire la prova contraria.
Come abbiamo già avuto modo di argomentare, la firma digitale è un particolare tipo di firma elettronica con valore legale basata su un sistema di due chiavi crittografiche definite asimmetriche: una privata, che viene utilizzata per firmare il documento destinato a essere spedito per via telematica, e una pubblica, che serve al destinatario della comunicazione per decifrare la firma apposta al documento informatico.


Tale firma digitale è l'equivalente informatico di una tradizionale firma vergata su carta e viene rilasciata da Certificatori autorizzati, i cui certificati elettronici devono necessariamente avere, per ragioni di sicurezza, una validità limitata nel tempo.
Ma come si appone la firma digitale?
Materialmente il soggetto che deve apporre la firma digitale, dovrà anzitutto dotarsi di uno strumento all’uopo necessario (oggi peraltro già usato per accedere a Polisweb per controllare lo stato delle proprie cause): una smart card con relativo lettore ovvero una Key all-in-one(una penna USB) al cui interno all’interno è presente il software che consente di procedere alla firma.
Nel caso degli apparati InfoCert s.p.a., tale software si chiama Dike ma qualsiasi sia l’apparato utilizzato, tutti funzionano pressappoco allo stesso modo.
Aprendo tale software, apparirà una schermata all’interno della quale si troveranno più opzioni e funzioni.
Tra queste, quelle che qui interessano, sono le funzioni “seleziona file” e “firma” (ci sono poi anche “visualizza”, “firma e marca”, “controfirma”, marca, ecc.).
Occorrerà, quindi, prima scegliere e selezionare il file documento che si vuole firmare digitalmente e subito dopo cliccare sull’icona “firma”.
A tale richiesta il programma aprirà sullo schermo un tastierino numerico nel quale andrà digitato il proprio PIN (numero personale segreto).
Dopo qualche secondo il documento sarà stato firmato digitalmente e, a conferma dell’avvenuta sottocrizione digitale, apparirà un’apposita schermata del tipo “firma eseguita correttamente. File salvato sulla directory: C:\... ”.


Il software, attraverso il procedimento di cifratura che appone al documento una ‘impronta’, avrà creato un nuovo documento dando origine ad un nuovo tipo di file diverso e non modificabile, che al termine del procedimento di firma avrà estensione “p7m”.
Tale nuovo file firmato digitalmente (p7m) non potrà essere aperto se non attraverso un dispositivo di firma digitale che ne riconoscerà il formato e occorrerà dunque, allo stesso modo che per apporre la firma digitale, utilizzare il programma Dike (nell’esempio) o altro reperibile anche su http://www.digitpa.gov.it/firme-elettroniche/software-di-verifica-della-firma-digitale, che sarà in grado di aprire il documento per poterlo leggere. E quel nuovo file sarà l’atto firmato digitalmente. Tutto qui!
Tali passaggi sono più semplici di quanto non lo sia la loro descrizione.
Lo spazio per l’utilizzo della forma digitale è già ampio ed è destinato a implementarsi con il progressivo maggiore utilizzo della telematica nel processo.
Già oggi non possiamo non ricordare come per la notificazione di atti giudiziari, occorra apporre la propria firma digitale sull’atto non essendo sufficiente allegare alla PEC di trasmissione, la semplice scansione dell’atto. Ma sul punto abbiamo già detto (v. CF NEWS n. 9 ottobre 2013).
Va aggiunto che, con l’avvento dell’obbligatorietà della trasmissione telematica degli atti nel PCT prevista per il prossimo 30.06.2014, i software già oggi in circolazione, consentono di apporre la firma in modo ancora più semplice all’interno della procedura.
Sulla firma digitale (da non confondere con la firma elettronica pura e semplice, la firma elettronica avanzata e/o la firma elettronica qualificata), si è detto e scritto tanto ma, come sempre, molti si ridurranno all’ultimo momento per utilizzarla appieno.
Forse sarebbe meglio cominciare da subito.

Avv. Roberto Di Francesco - Delegato di Cassa Forense


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