Cristóbal Colón ovvero Cristoforo Colombo

di Giovanni Cerri

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Si deve dare preliminarmente atto del sistema di cooperazione tra autorità degli stati membri dell’Unione europea denominato IMI (Internal Market Infomation System), divenuto obbligatorio ai sensi dell’art. 3 del regolamento UE n. 1021/2012 del 25 ottobre 2012. Il Consiglio Nazionale ha per l’effetto invitato ciascun Ordine territoriale a svolgere -in autonomia- le valutazioni di competenza in ottemperanza ai doveri di tenuta dell’albo, degli elenchi e dei registri come previsto dall’art. 15 comma 1 della legge professionale “Presso ciascun consiglio dell’ordine sono istituiti e tenuti aggiornati ….”, nonché i compiti di revisione previsti dall’art. 29 comma 1 lett. a) “provvede alla tenuta degli albi, degli elenchi e dei registri …

La vicenda parte da lontano e merita una navigazione orientata. È noto che l’ordinamento italiano, rispettoso dei principi comunitari e particolarmente di quello della libera circolazione dei lavoratori e del diritto di stabilimento, consenta che i cittadini dell’Unione Europea che abbiano conseguito il titolo professionale nel proprio paese europeo d'origine e che decidano di svolgere la professione in Italia abbiano la possibilità di iscriversi in un'apposita sezione speciale dell'Albo, degli avvocati "stabiliti", in altre parole è consentito l'esercizio in Italia della professione forense da parte di cittadini degli stati membri dell'Unione Europea che abbiano conseguito nel paese d'origine l'abilitazione alla professione.Tralascio per ragioni di spazio il percorso che consente a richiesta, decorso un triennio, il passaggio dalla sezione degli avvocati stabiliti (che possono esercitare la professione esclusivamente con il titolo di provenienza e d’intesa con un avvocato italiano) a quello degli avvocati integrati . Basterà solo dar conto della sentenza 15 marzo 2016 n. 5073 della Corte di Cassazione a sezioni unite che ha chiarito quali debbano essere i requisiti in presenza dei quali l’avvocato stabilito può ottenere la dispensa dalla prova attitudinale e l’iscrizione all’albo. Per chi volesse approfondire il dettaglio si rinvia alla circolare n. 70 del 28 settembre 2015 del COA di Bologna che ha diffusamente trattato l’argomento e che ha avuto vasta eco nella stampa di settore . Nel tempo si è registrata un'applicazione distorta del principio poiché si è potuto acclarare che molti laureati in giurisprudenza italiani, mercé percorsi integrativi agevolati, abbiano ottenuto in Spagna e in Romania l'omologazione della propria laurea italiana al corrispondente titolo spagnolo o rumeno, per poi fare ritorno in Italia chiedendo l'iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti. Lungi da me giudizi morali certo che i numeri rendono la radiografia del fenomeno tale da poterlo ascrivere, se non ad un vero e proprio abuso del diritto, quantomeno ad una deviazione del principio comunitario della libera circolazione.


E valga il vero: il 92% degli iscritti nella sezione speciale degli avvocati stabiliti degli albi forensi è di nazionalità italiana e tra questi l'83% ha conseguito il titolo in Spagna, il 4% in Romania (cfr. Rassegna Forense, n. 3-4/2014, p. 793). Non si può però trascurare la sentenza depositata il 17 luglio 2015 della Corte di Giustizia Europea che nel decidere le cause C58/13 e C-59/13 ha sostanzialmente dato il via libera agli abogados sancendo che non si trattava di una pratica abusiva.È di questi giorni la notizia rimbalzata dalla stampa specializzata che ha evidenziato il rischio concreto di essere cancellati dall’albo degli avvocati stabiliti per gli abogados privi dei requisiti prescritti dalla normativa spagnola. Dal 31 ottobre 2011 in Spagna sono cambiate le regole per diventare abogado; alla laurea infatti è stata aggiunta la frequentazione di un master e di un tirocinio e il superamento dell’esame di Stato. Ma non tutti gli avvocati italiani abilitati in Spagna, a quanto pare, si sarebbero uniformati alle nuove regole presentando una documentazione solo apparentemente regolare. Vediamo nel concreto l’essenza del cambiamento e le ricadute siccome evidenziate dal Ministero di Giustizia. Fino all’entrata in vigore del Real Decreto 967 del 21 novembre 2014, per ottenere l’abilitazione forense in Spagna era necessaria l’omologazione del titolo. La sola Licenciatura en derecho dava diritto alla iscrizione all’Albo forense spagnolo, dappoi con la riforma per l’iscrizione all’albo detto procedimento è stato sostituito dalla convalida. Nel dettaglio queste le tappe per potersi iscrivere ad un colegio de Abogados: 1) Convalida per studi parziali a grado en derecho, 2) Master en Abogacía y Practica Juridica, 3) Esame di Stato con test a risposte multiple. Verrebbe da chiedersi in cosa consista il problema evidenziato dal Ministero di Giustizia se non fosse per una questione intertemporale e forse anche per una applicazione della nuova legge spagnola a macchia di leopardo da parte di singoli collegi iberici che, verosimilmente, hanno proseguito a concedere le licenze per l’esercizio della professione anche senza che il laureato avesse frequentato il master e sostenuto l’esame.In buona sostanza ci si deve interrogare quale fosse in concreto il termine ultimo per potersi iscrivere ad un collegio degli abogados senza frequentare il master e sostenere l’esame.La questione merita una disamina che, almeno, ci consente di acclarare che i cugini spagnoli quanto a confusione normativa, proroghe ed entrata in vigore differita di norme e problemi con il drafting delle leggi non sono poi così dissimili da noi. Vediamo di orientarci se non con il sestante almeno con le stelle per quella che appare davvero una navigazione a vista. Nella primavera del 2012 i Licenciados en Derecho, dopo manifestazioni e proteste, hanno ottenuto l’esenzione dalla ley 34/2006 (disposicion adicional octava, normativa d’impianto che ha affermato il principio che ne postergava l’entrata in vigore) purché si iscrivessero al Colegio entro e non oltre due anni dal conseguimento del titolo. In poche parole potevano farlo coloro che al 31 ottobre 2011 erano già in possesso del titolo de licenciado en derecho ma non si erano ancora iscritti all'albo.


La legge aveva previsto che da detta agevolazione restassero esclusi i cittadini stranieri.Tutto bene, se non fosse che, attesa la parità di trattamento tra cittadini comunitari e, ovviamente, tenendo conto del principio di non discriminazione tra essi sulla base della nazionalità, per straniero non potesse che intendersi il solo cittadino "extra-comunitario" e non già quello appartenente ad uno stato membro dell’Unione Europea. Sulla scorta di tale interpretazione ne è disceso che se un cittadino spagnolo aveva diritto di iscriversi all'ordine forense con la sola Licencia en Derecho, il medesimo diritto spettava anche ad un cittadino italiano, anche se questi avesse presentato domanda di omologazione della propria laurea italiana dopo il 31 ottobre 2011. In forza di ciò numerosi collegi spagnoli hanno accolto le richieste di iscrizione con la sola Licencia en Derecho da parte di cittadini italiani. La questione è spinosa e davvero rischia di impantanarsi nel mar dei Sargassi considerato, secondo alcuni, che sul fronte interno l’iscrizione alla sezione speciale resterebbe attività vincolata da parte dei consigli dell’Ordine e che, sul versante iberico, viene richiamata la sentenza del Tribunal Contencioso-Administrativo di Madrid Amministrativo n. 361 del 26 giugno 2014 che ha riconosciuto anche ai titoli di studio stranieri omologati l’applicazione della Disposizione Transitoria Unica della legge 34/2006, comma terzo . Conclusivamente se potrebbe essere vero che solo l’ordine straniero di appartenenza possa sindacare sulla idoneità o meno della documentazione utile ad iscrivere (conseguendone l’attività vincolata del COA) parrebbe difficile contestare il potere di revisione dell’albo dei COA sulla scorta della comunicazione del ministero di Giustizia che riprende la nota del ministero spagnolo con l’indicazione nominativa di coloro che non avrebbero richiesto l’omologazione nel termine perentorio, prorogato, del 31.10.2013 .Approdo non semplice dunque con la quasi certezza di ulteriore contenzioso (tanto lavoro da fare per avvocati ed abogados). Per concludere davvero, dobbiamo evidenziare che sul fronte rumeno le cose non cambiano di molto e giova richiamare l’ordinanza della Cassazione a sezioni unite 22 marzo 2016 n. 6463 che ha rigettato la richiesta di sospensiva di un avokat dalla sezione speciale degli avvocati stabiliti avverso la sentenza n. 201/2015 del CNF che confermava un provvedimento adottato da un COA con l’apertura del procedimento di cancellazione ai sensi dell’art. 17 della legge n. 247/2012.

Avv. Giovanni Cerri - Delegato cassa Forense


1 L’art 4, 2° del D. Lgs. 96/2001 prevede che “L’avvocato integrato ha diritto di esercitare la professione di avvocato alle stesse condizioni e secondo le stesse modalità̀ previste per il professionista che esercita la professione in Italia con il titolo di avvocato”, così Consiglio nazionale forense (rel. Secchieri), 19 ottobre 2016, n. 103. 2

2 www.ordineavvocatibologna.net/circolari1/-/asset_publisher/a7R7rmmuyY87/content/circ-70-del-28-settembre-2015-i-limiti-dell-esercizio-professionale-da-parte-degli-avvocati-stabiliti.

3 Cfr. Giro di vite per gli avvocati stabiliti: l’Ordine di Bologna puntualizza i limiti, in Diritto & Giustizia 1°.10.2015.

4 Giova riportare alcuni passaggi della citata decisione dove la Corte ha sancito che: “ai singoli non deve essere consentito di avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme dell’Unione e che uno Stato membro ha il diritto di adottare ogni misura necessaria per impedire un’elusione abusiva della normativa nazionale da parte dei suoi cittadini. Tuttavia, la pronuncia sottolinea che, in un mercato unico, la possibilità, per i cittadini dell’Unione, di scegliere lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo e quello in cui hanno intenzione di esercitare la loro professione è collegata con l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dai Trattati. Ancora: Il fatto che il cittadino di uno Stato membro, in possesso di una laurea conseguita nel proprio Paese, si rechi in un altro Stato membro al fine di acquisirvi il titolo di avvocato e faccia in seguito ritorno nel proprio paese per esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale ottenuto nell’altro Stato membro è la realizzazione di uno degli obiettivi della direttiva e non costituisce abuso del diritto di stabilimento anche se l’intenzione è quella di godere di regole più favorevoli.”

5 Si veda la sentenza n. 28340/11 depositata il 22 dicembre 2011 della Cassazione a sezioni unite che ha enunciato il seguente principio: “ … la direttiva 98/5/Ce e la normativa nazionale di relativa attuazione sanciscono che l'iscrizione alla Sezione speciale dell'Albo degli Avvocati comunitari stabiliti è un provvedimento vincolato e non discrezionale, qualora sussista iscrizione presso la corrispondente organizzazione professionale di altro Stato membro …”. 6 La sentenza in questione ha sancito che, nelle professioni liberali, il titolo è un atto amministrativo che abilita per esercitare non ha solo valore accademico ma più ampio ed è presupposto per iscriversi ad un ordine professionale.

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