CONTRIBUTO DI SOLIDARIETÀ SUI TRATTAMENTI PENSIONISTICI IN CORSO

di Leonardo Carbone

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L’autonomia normativa degli enti previdenziali categoriali privatizzati di cui al d.lgs. n.509/94 incontra i limiti imposti, oltre che dalla disposizione di cui all’art., comma 1, d.lgs. n.509/94, anche dalla previgente specifica (art.3, comma 12, l.n.335/95) della tipologia dei provvedimenti che gli enti possono adottare per assicurare equilibri di bilanci e stabilità delle rispettive gestioni.

Si tratta dei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, nel rispetto del principio del pro rata.

In linea con la citata normativa, la Suprema Corte di Cassazione con una recente decisione (ordinanza 24.8.2021 n. 23363), ha confermato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale gli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n.509/1994 (nella specie Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza dei ragionieri e Periti commerciali) non possono adottare, sia pure in funzione dell’obbiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità della gestione, atti o provvedimenti che, lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano un contributo di solidarietà su un trattamento che sia già determinato in base ai criteri ad esso applicabili, dovendosi ritenere che tali atti siano incompatibili con il rispetto del principio del pro rata e diano luogo a un prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali ex art.23 Cost, la cui imposizione è riservata al legislatore.

Infatti, in ordine agli interventi degli enti previdenziali categoriali sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, occorre evidenziare che gli enti previdenziali privatizzati non possono adottare, in funzione dell'obiettivo di assicurare equilibri di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni, provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano ad esempio, un massimale (tetto) allo stesso trattamento e come tali, risultino incompatibili con il rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto all’introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti. E ciò in quanto è escluso qualsiasi provvedimento che, non incide sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico ma solo sullo stesso trattamento già determinato.

La possibilità per gli enti previdenziali categoriali di introdurre un contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici in corso (sempre per esigenze di bilancio) è stata negata (Cass. 14.1.2019 n. 603) anche sul presupposto che i provvedimenti legittimamente adottabili dalle casse private in materia previdenziale rappresentano una sorta di numerus clausus; è stata infatti dichiarata illegittima (e lo conferma la riferita decisione 24.8.2021 n. 23363) l'introduzione di un contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici già determinati (e già oggetto di un provvedimento di liquidazione), perché non riconducibile ad uno dei provvedimenti previsti dall'art. 3, 12° comma, l. n. 335 del 1995, non potendo lo stesso essere ricondotto né tra i provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, né tra i provvedimenti di riparametrazione dei coefficienti di rendimento, né fatto rientrare tra i provvedimenti compatibili con il principio del pro rata.

Ulteriori limiti all’esercizio dell’autonomia normativa consegue alla impossibilità per gli enti previdenziali categoriali privatizzati di modificare in peius il trattamento pensionistico in atto. Infatti, una volta maturato il diritto alla pensione, l’ente previdenziale debitore non può, con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurre l’importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l’affidamento del pensionato, tutelato dall’art.3, comma 2, Cost., nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo.


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