Cambiare tutto per ... non cambiare niente
25/10/2011
Stampa la paginaSi conclude, così, con un leggero ritardo l'iter governativo di attuazione della legge delega di cui all’art. 54 della legge n. 69/2009, che appunto prevedeva che il Governo fosse delegato ad adottare, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (cioè entro il 4 luglio 2011), uno o più decreti legislativi per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili.
La prima domanda che viene in mente è perciò la seguente: ma veramente ci troviamo di fronte ad una riduzione dei riti da adottare nel processo civile?
Ad un interrogativo di tal fatta la risposta non può essere che negativa.
L'enfatizzazione con cui la stampa ha dato la notizia è certamente esagerata e non rispecchia la realtà.
Dal nostro punto di vista, però, diciamo subito che si tratta di un intervento degno di plauso perché, pur se lascia insoluti parecchi dubbi, sicuramente permette al processualista di orientarsi molto meglio in quel groviglio di norme processuali che rischiavano ogni volta di farlo cadere nella trappola dell'inammissibilità dell'azione proposta. In buona sostanza, più che di fronte ad una vera e propria semplificazione e riduzione dei riti, si sarebbe forse fatto meglio a parlare di una sorta di "testo unico dei riti speciali", che si pone in rapporto di complementarità rispetto al codice di procedura civile.
Ma andiamo per gradi.
Il legislatore riconduce le normative processuali che regolano i vari riti speciali a tre modelli processuali, che nelle sue intenzioni dovrebbero rimanere gli unici riti del processo civile di cognizione: 1) il rito del lavoro; 2) il processo sommario di cognizione; 3) il processo ordinario di cognizione.
Il risultato di questa impostazione è che nel decreto legislativo vengono integralmente trascritte le norme che regolano i vari riti speciali, semplicemente con qualche aggiustamento e, soprattutto, con il loro adeguamento ai principi introdotti dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità susseguitasi negli anni sulle singole fattispecie.
Pertanto ci troviamo di fronte a ben 28 riti più o meno differenziati tra di loro, racchiusi in un unico testo legislativo e raccordati fra loro da alcune norme generali.
Avremo quindi 7 procedimenti improntati sul rito del lavoro, che rivestono prevalenti caratteri di concentrazione processuale ovvero di officiosità dell’istruzione:
- i procedimenti di opposizione ad ordinanza ingiunzione (art. 5);
- i procedimenti di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada (art. 6);
- i procedimenti di opposizione a sanzione amministrativa in materia di stupefacenti (art. 7);
- i procedimenti in materia di opposizione ai provvedimenti di recupero di aiuti di Stato (art. 8);
- i procedimenti in materia di applicazione delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali (art. 9);
- le controversie agrarie (art. 10);
- i procedimenti di impugnazione dei provvedimenti in materia di registro dei protesti (art. 11).
16 procedimenti vengono trattati con il rito del processo sommario di cognizione, in cui sono prevalenti i caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa:
- i procedimenti in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato (art. 12);
- le opposizioni ai decreti di pagamento delle spese di giustizia (art. 13);
- n. 4 procedimenti in materia di immigrazione, ivi compresi quelli in materia di diritto di soggiorno e di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari, di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell’Unione europea e di riconoscimento della protezione internazionale (artt. 14-17);
- le opposizioni alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio (art. 18);
- n. 3 procedimenti in materia di azioni popolari e le controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali, regionali e per il Parlamento europeo, nonché di impugnazioni delle decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo (artt. 19-21);
- i procedimenti in materia di riparazione a seguito di illecita diffusione del contenuto di intercettazioni telefoniche (art. 22);
- le impugnazioni dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai (art. 23);
- le impugnazione delle deliberazioni del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (art. 24);
- i procedimenti in materia di discriminazione (art. 25);
- le opposizioni ai provvedimenti in materia di riabilitazione del debitore protestato (art. 26);
- le opposizioni al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari (art. 27).
Infine 5 procedimenti sono da inquadrarsi nel processo ordinario di cognizione, che ha comunque anche carattere residuale:
- controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso (art. 28);
- procedimento in materia di opposizione a procedura coattiva per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici (art. 29).
- controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità (art. 30);
- controversie in materia di attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento (art. 31);
- controversie in materia di liquidazione degli usi civici (art. 32).
A causa delle delimitazioni della legge delega rimangono, invece, al di fuori della "semplificazione" tutte le disposizioni processuali in materia di procedure concorsuali, di famiglia e minori, nonché quelle contenute nei regi decreti sulla cambiale e sull’assegno (R.D. 1669/1933 e R.D. 1736/1933), nello statuto dei diritti dei lavoratori (L. 300/1970), nel codice della proprietà industriale (D.Lgs. 30 del 2005) e nel codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005).
Come dicevamo sopra, se l'intenzione del legislatore era quella di fornire un testo complementare rispetto al codice di procedura civile, lo scopo è stato raggiunto.
Si possono anche dire risolti alcuni dubbi interpretativi conseguenti all’adattamento dei modelli processuali.
In particolare, l'art. 4 del decreto legislativo prevede espressamente che quando una controversia è stata introdotta in forme diverse da quelle stabilite il giudice dispone, anche d'ufficio, il mutamento del rito con ordinanza pronunciata non oltre la prima udienza di comparizione.
In questo modo, vengono superate quelle consolidate resistenze di alcuni giudici di merito (in particolare giudici di pace) che, nonostante la contraria giurisprudenza di legittimità, ritengono tutt'ora di non dover mutare il rito e preferiscono dichiarare l'inammissibilità della domanda, dando luogo ad una serie continua di appelli (poi accolti) che non hanno altra funzione che quella di aggravare il carico già insostenibile dei processi pendenti.
A parte questi aspetti sicuramente positivi dell'intervento, è facile prevedere la scarsa incidenza pratica che deriverà da un testo normativo come quello in esame, tenuto conto della permanenza al suo interno della molteplicità e frammentazione dei riti speciali.
Anzi, paradossalmente questa frammentazione è destinata ad aumentare proprio per effetto del nuovo intervento normativo, se si considera che la nuova disciplina interesserà solo i processi di nuova instaurazione e non anche quelli già pendenti. Infatti, la norma transitoria dettata dall'art. 35 prevede espressamente che le nuove (si fa per dire) norme si applicano solo ai procedimenti instaurati successivamente alla loro entrata in vigore.
Evidentemente noi poveri operatori del diritto processuale ci troveremo per i prossimi anni nella difficoltà di distinguere e non confondere tra loro i termini e le forme processuali dettati dal decreto, applicabili ai nuovi giudizi, dalle preesistenti disposizioni da utilizzare nei vecchi procedimenti. Insomma, nel tentativo di semplificarci la vita, il legislatore ci ha regalato un’ulteriore duplicazione di riti applicabili a seconda che la controversia sia già pendente o meno nel momento in cui entreranno in vigore i decreti delegati.
Mauro Vaglio